Lo scenario

Dal cimitero degli orrori all’inchiesta Olimpo: così i fari della Prefettura di Vibo si sono accesi su Tropea

La genesi dell’accesso agli atti: l’arrivo della Commissione d’accesso anticipato dalle indagini su vari aspetti della macchina comunale. Tra 20 giorni la pubblicazione della relazione di scioglimento

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di Giuseppe Baglivo
23 aprile 2024
21:02
La Prefettura di Vibo Valentia
La Prefettura di Vibo Valentia

Arriva al fotofinish della consiliatura la decisione sugli organi elettivi del Comune di Tropea. Sciolto il Consiglio comunale, i tropeani, dunque, non si recheranno alle urne nel prossimo turno elettorale di giugno, ma il Comune verrà retto da una terna commissariale di nomina prefettizia che avrà il compito di sostituirsi al Consiglio comunale ed alla giunta per reggere guidare politicamente il Municipio. Terna commissariale che – in caso di proroghe – potrà restare in carica sino a 24 mesi. La Commissione di accesso agli atti, nominata dal prefetto di Vibo, il 16 ottobre scorso era stata prorogata a gennaio ed era composta dal vice capo della Squadra Mobile di Vibo Ludovico Tuoni, il maggiore Carlo Alberto Zambito della Guardia di Finanza di Vibo e il viceprefetto Roberto Micucci.

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Genesi dell’accesso agli atti

Non è arrivato come un fulmine a ciel sereno l’accesso agli atti al Comune di Tropea per accertare la presenza di infiltrazioni mafiose che ora, evidentemente, Ministero dell’Interno, Consiglio dei ministri e Presidenza della Repubblica hanno ritenuto supportate dalla presenza di elementi «concreti, univoci e rilevanti» (così come vuole la legge) per arrivare al commissariamento per infiltrazioni mafiose. Anche i precedenti organi elettivi del Comune di Tropea sono stati infatti sciolti per ingerenze della criminalità organizzata nel 2016 (scioglimento confermato dal Consiglio di Stato).


Il Tar aveva poi dichiarato improcedibile anche un ricorso contro tale commissariamento presentato dall’attuale sindaco Giovanni Macrì (all’epoca nelle vesti di consigliere di minoranza). Proprio sul conto di Giovanni Macrì la precedente relazione dava conto che si trattava del «nipote diretto di Gerardo Macrì, quest’ultimo pluripregiudicato, già sorvegliato speciale, denunciato per favoreggiamento della latitanza del boss di Limbadi Giuseppe Mancuso, destinatario di una confisca da un milione di euro quale prestanome del Mancuso».

Il 27 novembre 2004, inoltre, era stato invece il collaboratore di giustizia, Domenico Cricelli, a dichiarare all’allora pm Marisa Manzini dichiarò che entrambi i Macrì (zio e nipote) fra il 1992 ed il 1994 erano soliti frequentare e pranzare con il boss Giuseppe Mancuso di Limbadi. Dichiarazioni, quelle di Cricelli, confluite poi nella discovery dell’operazione Black money ma che non avevano avuto un seguito sul piano giudiziario.

Nella stessa relazione venivano poi indicati anche stretti congiunti di consiglieri comunali e di altro assessore, segnalati (i congiunti) per gravi precedenti penali o di polizia. Oltre a ciò, la precedente relazione aveva posto l’accento pure su diverse figure dell’apparato burocratico-comunale, tutte segnalate per rapporti controindicati, alcune delle quali ancora in servizio e altre ancora stabilizzate nei mesi scorsi. L’invio della Commissione di accesso agli atti a Tropea era stato infine sollecitato pubblicamente, a più riprese, sin dal luglio 2020, dall’allora presidente della Commissione parlamentare antimafiaNicola Morra, con una serie di pubblici interventi.

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I rilievi su assessori e consiglieri 

L’assessore agli Affari Generali del Comune di Tropea è (era da oggi) Greta Trecate.  Del padre e di quattro zii paterni dell’assessore si è occupata la precedente relazione di scioglimento del Comune di Tropea del 2016 in quanto tutti soggetti noti alle forze dell’ordine, ex sorvegliati speciali e più volte arrestati per vari reati: ricettazione, armi, estorsione, violenza, oltraggio, droga, rissa, furto, lesioni, tentato omicidio; un cugino dell’assessore – Salvatore Trecate – è stato arrestato nel 2015 con una pistola clandestina e 100 munizioni dentro l’auto ed è stato condannato al termine di un processo celebrato con rito abbreviato.
Lo zio materno dell’assessore Greta Trecate è invece Ivano Pizzarelli, condannato in via definitiva a 7 anni per associazione mafiosa (clan Mancuso). 

Il 9 aprile 2021 il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, deponendo nel maxiprocesso Rinascita Scott, ha dichiarato che alla sua famiglia Mancuso, nella zona di Tropea, erano collegate le «famiglie La Rosa e Trecate, detti Patati.  Io frequentavo il lido dei Patati, cioè dei Trecate ed una di queste, la figlia del gestore del lido, fa l’assessore a Tropea e me la ricordo».  A questa affermazione il pm della Dda De Bernardo ha chiesto: «Il padre della Trecate che ricopre l’incarico pubblico che ruolo aveva rispetto ai La Rosa?».  Questa la risposta di Emanuele Mancuso: «Non era subordinato.  Noi arrivavamo lì al lido e ci trattavano come se noi fossimo i padroni, ci facevano mangiare, ci ospitavano.  Un altro soggetto di peso, ma proprio di peso a Tropea, è Gerardo Macrì che mi faceva entrare gratis alle feste e mi diceva che era intimo con la mia famiglia ed in ottimi rapporti con mio zio Diego Mancuso». Gerardo Macrì è zio paterno dell’attuale sindaco Giovanni Macrì.

L’assessore Graziano

Nel febbraio 2021 la Guardia di finanza ha scoperto il cimitero degli orrori a Tropea con il custode Francesco Trecate (impiegato del Comune e zio dell’assessore Greta Trecate) insieme al figlio Salvatore (primo cugino dell’assessore) ed altra persona (Roberto Contartese) impegnati in disseppellimenti totalmente illeciti, con cadaveri distrutti, incendiati e vilipesi. Roberto Contartese è già stato condannato in primo grado in abbreviato, Franco Trecate e il figlio Salvatore si trovano invece sotto processo. Il Comune di Tropea dopo lo scandalo ha deciso di costituirsi parte civile, ma la relativa delibera della Giunta non è stata votata dall’assessore ai Servizi Cimiteriali Erminia Graziano, assente al momento del voto. Il figlio dell’assessore Graziano è Francesco Muscia che nelle vesti di avvocato ha assunto la difesa di Roberto Contartese, una delle tre persone arrestate per lo scandalo del cimitero. Il marito dell’assessore Erminia Graziano è invece Gaetano Muscia – noto da anni alle cronache giudiziarie – e di entrambi si occupa la relazione di scioglimento del 2016. Gaetano Muscia è, infatti, un pluripregiudicato, ritenuto contiguo ai clan Mancuso e La Rosa, condannato in via definitiva a 7 anni per usura ed estorsione ed a 5 per narcotraffico internazionale. Muscia è coinvolto anche nell’operazione antimafia Olimpo, scattata nel gennaio dello scorso anno. Il sindaco Giovanni Macrì dopo l’operazione Olimpo ha tenuto a precisare che il suo assessore Erminia Graziano è separata legalmente da un paio di anni da Gaetano Muscia.

Franco Trecate premiato dal sindaco

Qualche mese prima dello scandalo del cimitero, a settembre 2020, il sindaco Giovanni Macrì ha invece pubblicamente premiato il custode del cimitero Franco Trecate per «abnegazione al lavoro». Stando inoltre alla denuncia dell’avvocato Giuseppe Bordino – che non ha trovato più i resti del nonno –, il sindaco Giovanni Macrì sarebbe stato informato per ben due volte dallo stesso legale di quanto accadeva al cimitero.  Anche il testimone di giustizia, Pietro Di Costa, ha denunciato di aver avvertito per tempo il sindaco dello scandalo del cimitero, con tanto di messaggi audio sul telefonino.

Gli altri amministratori

Del vicesindaco di Tropea Roberto Scalfari, la precedente relazione della Commissione di accesso agli atti si è occupata evidenziando che è il compagno – almeno all’epoca – «della nipote di Gaetano Muscia, pluripregiudicato» e più volte (Muscia) detenutoIl consigliere comunale di maggioranza Francesco Addolorato, a cui il sindaco Giovanni Macrì ha affidato la delega allo Sport, è invece primo cugino dei boss Antonio, Pasquale e Francesco La Rosa di Tropea, fondatori dell’omonimo clan sempre di Tropea e condannati in via definitiva per associazione mafiosa, attualmente tutti detenuti. I tre fratelli La Rosa (unitamente a Domenico ed Alessandro La Rosa) figurano tra i principali imputati dell’operazione Olimpo. Antonio (Tonino) e Francesco La Rosa (alias “U Bimbu”) si trovano attualmente ristretti in regime di carcere duro (41 bis dell’ordinamento penitenziario).

Sotto i “riflettori” della Commissione di accesso agli atti potrebbero essere finite però anche altre specifiche vicende (ed anche di queste ci siamo occupati): dalla stabilizzazione degli Lsu ai lavori al Porto, dagli affidamenti diretti agli appalti, dai lavori pubblici a quelli di somma urgenza. 

Tra 20 giorni la relazione di scioglimento verrà pubblicata sulla Gazzetta ufficiale e da lì meglio si potranno comprendere i rilievi mossi da Prefettura di Vibo e Ministero dell’Interno (passati al positivo vaglio del Consiglio dei ministri) all’amministrazione Macrì.

 

 

Giornalista
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