Rinascita Scott 3

Gli affari della ’ndrangheta tra il Vibonese e l’Ungheria: chieste tre condanne in abbreviato

L'indagine denominata "Assocompari" avrebbe documentato attività di riciclaggio e truffa da parte di persone considerate appartenenti al clan Bonavota di Sant'Onofrio 

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di G. B.
29 febbraio 2024
22:21

Requisitoria per cinque imputati che avevano chiesto ed ottenuto il rito abbreviato nell’operazione antimafia denominata “Rinascita Scott 3-Assocompari” contro il clan Bonavota di Sant’Onofrio. Queste le richieste da parte del pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo (scontate di un terzo per via del rito alternativo): prescrizione (previa esclusione delle aggravanti mafiose) per Vincenzo Barba, 72 anni, di Filogaso (difeso dall’avvocato Giuseppe Di Renzo); 2 anni per Giuseppina De Luca, 55 anni, di Vibo Valentia (avvocato Giosuè Monardo); 5 anni per Giuseppe Fortuna, 46 anni, di Filogaso; 4 anni Giuseppe Fortuna, 60 anni, detto Pino, di Vibo Valentia (avvocati Sergio Rotundo e Tiziana Barillaro); assoluzione per Erika Ventrice, 35 anni, di Vibo Valentia. L’operazione scattata nel gennaio dello scorso anno costituisce la prosecuzione dell’indagine Rinascita Scott eseguita il 19 dicembre 2019 dai carabinieri. Giuseppe Fortuna (cl ’77) è stato invece condannato in Rinascita Scott a 17 anni di reclusione, mentre per Giuseppe Fortuna (cl ’63) la condanna – sempre in Rinascita Scott – è stata di 4 anni e 6 mesi.

L’indagine – corroborata da intercettazioni e da diversi collaboratori di giustizia – avrebbe documentato l’appartenenza al clan di Sant’Onofrio di quattro soggetti uno dei quali, per agevolare le attività di riciclaggio in favore della cosca, avrebbe costituito una serie di società di diritto italiano, ungherese e cipriota, fittiziamente intestate a terzi soggetti. Sono state anche ricostruite le dinamiche sottese ad una truffa, consumata nel 2017, ai danni di investitori omaniti che avevano versato la somma di un milione di euro dietro la promessa di ottenere il 30% delle quote di una società cui era riconducibile un compendio immobiliare a Budapest; è stato poi eseguito un sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni e società per un valore di circa 3 milioni di euro.


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