Previsti “sconti” del 70 percento rispetto al danno erariale accertato. Il procuratore di Napoli: «Gli amministratori avevano più paura dei giudici contabili che non della Procura». Il tetto ai risarcimenti fa discutere
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Fa discutere forse più dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio. Si tratta della riforma sulla Corte dei Conti, la magistratura contabile, spauracchio dei corrotti e dei pubblici amministratori negligenti. È la magistratura, per farla breve, che presenta il conto a chi causa, per esempio, un danno erariale.
Oggi chi sottrae dalle pubbliche casse un milione di euro deve risarcire lo Stato con la stessa cifra. Ma con la riforma in atto si parla addirittura di uno “sconto” del 70% rispetto al danno erariale accertato dalla Corte dei Conti. In sostanza si prevede un tetto al risarcimento del danno erariale per colpa grave fissato fino a un massimo del 30% di quello cagionato o al massimo due annualità di stipendio. Inoltre il diritto al risarcimento del danno si prescrive – dice la riforma – in cinque anni, indipendentemente dal momento in cui l’amministrazione o la Corte dei Conti ne sono venuti a conoscenza. Solo in caso di occultamento doloso del danno, «realizzato con una condotta attiva» la prescrizione di cinque anni si considera dalla data della sua scoperta.
«Aumenta il rischio di corruzione»
Una riforma complessa che pone anche delle distinzioni tra comportamenti dolosi o meno. Nella puntata di domenica scorsa la trasmissione Report ha chiesto un parere agli esperti in materia, i cui commenti sono stato tranchant e preoccupanti.
«Aumenterà tantissimo il rischio corruzione – afferma il viceprocuratore generale della Corte dei Conti Puglia Fernando Gallone – perché un funzionario disonesto potrebbe benissimo essere indotto a dare appalti senza fare la gara sapendo che tanto quei 40mila euro massimo che andrebbe a pagare sarebbero ampiamente rimborsati…».
Gratteri: «La Corte dei conti ti mette le mani in tasca...»
«Gli amministratori avevano più paura della Corte dei Conti che non della Procura della Repubblica – dice il procuratore di Napoli Nicola Gratteri –, perché la Corte dei Conti ti mette le mani in tasca e proprio per questo si è entrati nella riforma della Corte dei Conti con la scimitarra e non col fioretto… È una riforma sbagliata che non serviva assolutamente. Fa il paio con l’abolizione dell’abuso d’ufficio. Tutela i centri di potere. Questo vuol dire incentivare allo sperpero e gestire la cosa pubblica come se fosse cosa propria». Secondo il magistrato una riforma del genere fa comodo a «chi gestisce il potere e gli apparati della pubblica amministrazione».
«Diamo un contributo per il bene comune»
La Corte dei Conti veglia sugli sperperi di denaro pubblico che non mancano in tutta Italia da Nord a Sud. Un esempio?
Il centro specializzato nella cura dei tumori a Trento, che nel 2014 era pronto ma inutilizzato e la Provincia di Trento pagava un canone di 650mila euro al mese. A intervenire fu Paolo Evangelista, procuratore regionale della Corte dei Conti della Lombardia, il quale rappresentò che ogni ritardo ingiustificato avrebbe comportato un danno erariale. Nel 2015 sono cominciati i primi trattamenti terapeutici ai bambini. «Diamo un contributo per il bene comune – dice Evangelista – questa è la cosa che più ci gratifica».
Stesso discorso a in provincia di Bergamo: erano pronte ma non utilizzate tre stazioni ferroviarie a Stezzano, Levate e Arcene. Incombeva lo stato di abbandono. Evangelista si reca con la Guardia di finanza a Milano, nella sede di Ferrovie dello Stato a Milano e anche in quel caso accade il “miracolo”: le stazioni vengono attivate.
«La presenza del nostro ufficio sul territorio ha un effetto di deterrenza che è formidabile», è la considerazione di Antonio Giuseppone, procuratore regionale della Corte dei Conti della Campania. Un effetto che agisce già con una sola alzata di sopracciglio dei giudici contabili. Un effetto deterrente, e non solo quello, che rischia di venire meno con la riforma.