«Mio padre aveva la quinta elementare, mia madre la terza elementare. Mio padre faceva il camionista, aveva un piccolo camion. Quando ero ragazzo andavamo a scuola a Locri con l’autostop e anche davanti a scuola ho visto i figli degli ‘ndranghetisti comportarsi da piccoli ‘ndranghtetisti. Si comportavano come quelli che oggi chiameremmo “bulli”. Io non condividevo questa violenza, mi dicevo: “devo fare qualcosa”».

Ritratto inedito

In oltre un’ora e mezza di chiacchierata il procuratore di Napoli, già procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri ha raccontato un po’ anche sé stesso. Un ritratto in parte inedito è quello che viene fuori dall’intervista nel podcast Basement di Gianluca Gazzoli. Il lato intimo, che uno dei magistrati più noti d’Italia tende a nascondere, ha fatto breccia e ci restituisce l’uomo appassionato di musica e testi, lo studente che faceva radio e comprava un lp ogni volta che superava un esame, il padre assente che ha sacrificato anche gli affetti familiari per il lavoro (ma li ha recuperati in seguito), il marito fortunato di una donna forte e tenace che non si è fatta intimorire dalle minacce e non si è piegata nemmeno davanti alle privazioni di un marito sotto scorta. Perché, dice, «le calabresi sono toste».

La famiglia «il modello più grande»

«Io sono un uomo molto fortunato – racconta Nicola Gratteri –perché sono nato in un famiglia di persone molto educate che mi hanno insegnato educazione, rispetto per gli altri e generosità: dare agli altri quel che hai, condividerlo con gli altri. Questi sono i due grandi valori che mi seguono ancora oggi, i veri insegnamenti che mi porto sempre, qualsiasi cosa faccia, in qualsiasi contesto». La sua famiglia resta, ancora oggi, il suo modello più grande.

Gli inizi e l’intimidazione alla fidanzata

Nell’84 Gratteri supera il concorso in magistratura. Per prendere posto, però, passa un po’ di tempo perché, spiega, «il primo in graduatoria si era suicidato e siamo rimasti bloccati 11 mesi. Io ho iniziato a lavorare nel 1986». Dopo appena tre anni, nel 1989, finisce sotto scorta. «Appena ho iniziato ho fatto il giudice. Sono stato giudice civile, giudice del lavoro, giudice sezione specializzata agraria… perché era un tribunale piccolo quello di Locri. Ho fatto anche il pretore perché ho iniziato col vecchio codice. Nell’89 sono passato a fare il giudice istruttore penale e lì mi sono capitate subito indagini importanti sul traffico internazionale di cocaina, indagini che riguardavano la pubblica amministrazione e la ‘ndrangheta. Poco dopo hanno sparato a casa della mia fidanzata, le hanno sparato alla porta e, poi, verso le due di notte hanno telefonato a casa e hanno detto “stai sposando un uomo morto”». Già all’epoca il magistrato stava in guardia: di notte, quando faceva tardi, dormiva in ufficio, sul divano «per non tornare a casa, perché non avevo la scorta e quindi era anche un po’ difficile trovarmi».

Il killer col bazooka

All’epoca c’era il killer di una famiglia di ‘ndrangheta che «girava col bazooka per cercarmi», racconta.
Quando hanno sparato a casa della fidanzata l’intento era quello di isolarlo, fare in modo che non reggesse alla tensione. Gratteri la notte dell’intimidazione si trovava a Roma, era in albergo ma aveva comunicato la sua posizione alle forze dell’ordine. «Per sicurezza – spiega –, visto che c’era già tensione, io comunicavo dove mi spostavo». Aveva 31 anni. La sua fidanzata, che oggi è sua moglie, «ha resistito, non ha mollato – dice il magistrato –. Le calabresi sono toste».

«La paura va addomesticata»

«Io da allora – racconta Gratteri – sono allenato allo stress, alla tensione, a non fare falli di reazione. È dall’89 che mi alleno a questa vita. Figurati se mi preoccupo degli attacchi strumentali che possono, per esempio, fare le camere penali, le mafie, la massoneria deviata o le interrogazioni parlamentari».

Nicola Gratteri non si nasconde. Non dice di non aver mai paura. Quando una situazione si fa strana, quando capisce che ci sono movimenti insoliti, o si avvertono luci lungo la strada dove non dovrebbero esserci, allora la paura si affaccia e «la lingua diventa amara». Ma «la paura bisogna addomesticarla». Infondo, «la paura ti aiuta a capire e a vivere».

Sacrifici

Dopo l’uomo col bazooka, nel corso degli anni si sono manifestati altri segnali allarmanti: intercettazioni ambientali carpite dalle forze dell’ordine «che hanno riguardato anche i miei figli, che per un periodo sono stati sotto scorta». Certo, anche la vita in famiglia non è stata facile. I ragazzi da piccoli si chiedevano perché «non andassi al mare con loro, perché non facessi una passeggiata con loro, perché tutti uscivano coi figli sul lungomare e io non ci andavo, non facevo una vacanza con loro, non andavo a prendere un gelato». Da bambini piccoli, i figli del procuratore a volte non lo vedevano per lungo tempo e capitava che lo sentissero estraneo e piangessero quando tornava in casa alle dieci di sera. «Da un po’ di anni – dice Gratteri – ho recuperato il rapporto. Dal liceo in poi hanno capito cosa facevo e cosa sto facendo. Per fortuna c’è stata mia moglie che si è sostituita a me e ha fatto da padre e da madre».

Le passioni

La spinta che ha portato Nicola Gratteri a resistere nel corso degli anni è stata la convinzione «che quello che stai facendo serve, che quello che stai facendo è giusto». E nel suo caso significa «rendere più libero un territorio, rendere più democratico un territorio, dare speranza, far tornare il sorriso alla gente, dare serenità a un commerciante sotto usura o sotto estorsione».

Ancora oggi non esistono possibilità che il magistrato vada in un posto da solo. Il suo desiderio?, gli chiede Gianluca Gazzoli.
«Mi piacerebbe uscire da qui e fare un giro in motocicletta o in bicicletta. Ero un appassionato di moto. Quando ero ragazzino ero molto bravo con le moto e quando ero al liceo a casa mia ho avuto la prima radio privata, era 98 e 500 mhz. Poi all’università ho continuato, facevo radio. Ogni volta che superavo un esame mi compravo un lp doppio di Mina. Infatti a casa ho almeno 100 lp e 400 cd».

Il concerto di Avitabile

Al procuratore si illuminano gli occhi quando ricorda quella «mezz’oretta» dietro le quinte di un concerto a Napoli, a Piazza Mercato, per i settant’anni di Enzo Avitabile. «Quella sera ho conosciuto Vecchioni e Jovanotti. È stato un bell’incontro. Mi ha fatto piacere perché io mettevo i dischi di Vecchioni alla radio, le sue poesie musicate».