Accusati di andare al bar o occuparsi di faccende private nell’orario di lavoro, gli imputati sono stati scagionati «perché il fatto non sussiste»: la difesa ha dimostrato che non avevano l’obbligo di rispettare orari ben definiti
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Tutti assolti perché il fatto non sussiste. Termina con un nulla di fatto l'inchiesta della Procura di Cosenza su una presunta truffa del cartellino per la quale era finito a processo un gruppo di lavoratori socialmente utili del Comune di San Giovanni in Fiore. Secondo l'accusa gli imputati anziché svolgere le mansioni loro assegnate, dopo aver registrato la loro presenza mediante biomarcatore, si sarebbero allontanati dal luogo di lavoro per svolgere commissioni di carattere privato, rientrare a casa, andare al bar e in alcuni casi svolgere privatamente altre attività lavorative.
Con tali condotte gli imputati, sempre secondo gli inquirenti, avrebbero indotto in errore i funzionari del Comune e della Regione circa l'effettivo svolgimento delle mansioni lavorative loro assegnate andando a percepire indennità in realtà non dovute. Il Tribunale di Cosenza, dopo un lungo dibattimento durato circa cinque anni, ha accolto le tesi difensive scagionando i dieci imputati.
La difesa è riuscita a dimostrare che i lavoratori non avevano un rapporto contrattuale di dipendenza col Comune e pertanto non avevano l'obbligo di svolgere specifiche prestazioni in orari ben definiti. Nonostante la richiesta di condanna a un anno di reclusione avanzata dal pubblico ministero, il giudice del tribunale di Cosenza ha assolto tutti gli imputati accusati di truffa ai danni dello Stato accogliendo, così, le argomentazioni difensive degli avvocati Vincenzo Belvedere, Roberto Borrelli, Teresa Brunetti, Daniele Valentino Bozzo,Pasqualino Gallo, Emiliano Iaquinta, Salvatore Perri, Tommaso Tano, Emilio Vaccai.