Processo Facciolla

Il giornalista Orofino al Csm: «Avevo rapporti professionali anche con altri magistrati»

Il cronista sentito davanti alla sezione disciplinare nel procedimento contro l’ex procuratore capo di Castrovillari. «Cicciobello? Non era assolutamente riferito a Gratteri, bensì a Ferdinando Aiello»

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di Antonio Alizzi
4 ottobre 2022
11:30
Il magistrato Eugenio Facciolla. Nel riquadro Paolo Orofino
Il magistrato Eugenio Facciolla. Nel riquadro Paolo Orofino

Il processo disciplinare contro il magistrato Eugenio Facciolla si avvia alla conclusione. Nella giornata del 3 ottobre 2022, il collegio giudicante del Consiglio Superiore della Magistratura, ha sentito il giornalista del “Quotidiano del Sud”, Paolo Orofino che, nel corso della sua testimonianza, rispondendo alle domande poste dall’avvocato Ivano Iai, ha chiarito alcuni aspetti rispetto al secondo capo d’incolpazione.

Tra le questioni più importanti, c’è sicuramente quella del nomignolo “Cicciobello”. Circostanza su cui era intervenuto già l’attuale procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, all’epoca procuratore aggiunto di Catanzaro, partecipando a una delle ultime sedute processuali prima della pausa estiva. Orofino ha ribadito che “Cicciobello” non era riferito al procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, bensì all’allora deputato del Partito democratico Ferdinando Aiello.


«Da questa cosa ho avuto un danno, figuriamoci se mi permettevo di chiamare così uno dei magistrati più conosciuti in Italia…». Orofino ha anche aggiunto di aver appreso del soprannome mentre si trovava nella redazione del “Quotidiano del Sud”, avendolo sentito pronunciare da un suo collega.

L’avvocato Ivano Iai, tuttavia, è andato a fondo nelle varie vicende che riguardano i rapporti tra Paolo Orofino ed Eugenio Facciolla. E il giornalista di giudiziaria ha evidenziato come la conoscenza risalga ai primi anni del 2000, quando Facciolla era un giovane magistrato che conduceva inchieste importanti contro la criminalità organizzata. Vedi Twister. «Ovviamente ero interessato alle sue indagini, perché erano rilevanti, così come lo erano anche gli altri miei colleghi». Insomma, la difesa di Facciolla ha voluto far emergere che il magistrato non aveva un canale preferenziale con il cronista cosentino, in un’epoca – come sottolineato da Orofino – in cui non era in vigore la norma Cartabia sulla presunzione d’innocenza, che oggi vieta le comunicazioni tra procuratori e pm con gli organi d’informazione.

L’altro aspetto evidenziato nell’esame di Orofino, è stato il passaggio di Facciolla dalla procura generale di Catanzaro alla procura di Castrovillari. «Prima ancora che il dottore Facciolla arrivasse all'ufficio inquirente di Castrovillari, io seguivo il filone d’inchiesta di Calabria Verde, che nasceva da due miei articoli, acquisiti antecedentemente dalla procura di Catanzaro, la quale era diretta in quella fase dal procuratore Vincenzo Lombardo e dal procuratore aggiunto Bombardieri».

Nell’inchiesta di Castrovillari, invece, il nome più importante era quello dell’ex capo di Gabinetto, l’avvocato Gaetano Pignanelli, braccio destro del presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio. Pignanelli, per la cronaca, è stato assolto di recente da quelle accuse insieme ad altri due imputati.

Poi l’avvocato Iai ha concentrato le sue domande su un’intercettazione intercorsa tra Orofino e Facciolla, laddove il magistrato avrebbe chiesto al giornalista di verificare come mai un suo collega del “Quotidiano del Sud”, Antonio Anastasi, giornalista di giudiziaria, non avesse riportato una frase nel processo a Crotone contro il maresciallo Carmine Greco. «Chiamai per capire cosa fosse successo e Anastasi mi disse che quella risposta fu data nel controesame, ma che lui per motivi redazionali, ovvero di tornare al giornale per la compilazione delle pagine, non aveva potuto seguire. Fu questo e nient’altro».

Tornando invece alla conoscenza tra Orofino e Facciolla, il giornalista ha aggiunto di avere avuto frequentazioni, dal punto di vista professionali, pure con altri magistrati, in quanto si occupa prevalentemente del Distretto giudiziario di Catanzaro. E in passato aveva avviato interlocuzioni con Giovanni Bombardieri, così come con Giuseppe Borrelli, oggi procuratore capo di Salerno, «che è come se fosse Calabria, vista la competenza sui magistrati del Distretto di Catanzaro», ha dichiarato Orofino.

Il giornalista ha rivelato anche la circostanza secondo la quale Facciolla, dopo aver appreso del trasferimento cautelare a Potenza, stabilito dal Csm, era molto arrabbiato, in quanto «riteneva quel politico», riferendosi ad Aiello, «e la famiglia imprenditoriale a lui vicina, che era stata “attenzionata” dalla procura di Castrovillari, come la causa dei suoi problemi giudiziari e disciplinari».

Infine, l’ultima domanda ad Orofino è stata incentrata sul fatto se «Facciolla, in una conversazione con lei, si sia doluto del fatto che le dichiarazioni del maresciallo Greco all'autorità giudiziaria di Salerno fossero state determinate da comportamenti scorretti dei colleghi del dottor Facciolla e, di conseguenza, il dottor Facciolla le ha mai detto o fatto pensare una cosa del genere?» ha chiesto l’avvocato Iai ed Orofino ha risposto «no». Chiusa la testimonianza di Orofino, le parti processuali disciplinari hanno ripreso l’annosa questione delle intercettazioni telefoniche e i relativi Rit.

In apertura d’udienza, infatti, l’avvocato Ivano Iai aveva esposto il fatto che la difesa di Facciolla non avesse ancora a disposizione tutti i file audio delle conversazioni intercettate, leggendo una nota della procura di Salerno, in cui si ribadiva come gli stessi non risultano inseriti nei registri. A quel punto il procuratore generale Giovanni Di Leo, che non ha posto alcun quesito ad Orofino, ha provato a far notare che evidentemente quei rit hanno «una numerazione errata o non sono a Salerno, e magari sono da un’altra parte, quindi è inutile stare a dire sempre le stesse cose, con il massimo rispetto per il diritto di difesa».

Un altro passaggio importante, è quello sottolineato dal procuratore Di Leo, in chiusura di udienza, quando il vicepresidente del Csm, David Ermini, a capo del collegio giudicante nel processo contro Facciolla, ha stilato una lista di rit e acquisizione di file audio, che dovranno essere inviati dalla procura di Catanzaro, dove risiedono alcune intercettazioni relative a provedimenti penali gia archiviati. Passaggio che riguarda l’acquisizione di tutte le conversazioni di Orofino: «La giurisprudenza non ce lo impedisce, viste le ultime direttive della Cassazione, ma la Cedu potrebbe avere a che dire se leggessimo cose che non sono di nostro interesse, come le fonti giornalistiche del cronista. Quindi sarebbe utile ottenere solo quelle inerenti ai capi d’incolpazione». 

Nella prossima udienza si deciderà sulla posizione di Nicola Inforzato, che non si è presentato per testimoniare, e infine ci saranno le due discussioni.

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