Nuovi percorsi

Immigrazione, a Crotone non c’è solo il Cara: anche arte e hotspot culturali per accogliere e integrare

A spiccare è l’attività dell’associazione Sabir che collabora con la Caritas. Numerosi i progetti innovativi, dal recupero di luoghi vandalizzati per la costruzione di abitazioni destinate ai migranti all’uso della musica per insegnare la lingua

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di Procolo Guida
17 novembre 2022
13:40

Non può e non deve sorprendere se la costa jonica della Calabria stia rivivendo mesi di affanno per l’arrivo costante di profughi dall’Asia e dall’Africa. Un flusso continuo che dall’inizio dell’anno ha portato sulle spiagge della Locride e del Crotonese oltre 20mila di disperati. E Crotone, non solo per la vicina dislocazione del Cara di Isola Capo Rizzuto, è tornato ad essere al centro dell’attenzione sin dallo scorso 27 ottobre.

Ora è sovraffollamento della struttura, con il direttore del Centro di accoglienza crotonese, Ignazio Mangione, che “ha dovuto” riallarmare con dati inoppugnabili che raccontano di oltre 1.100 ospiti (il doppio rispetto alla capienza massima di 640). E nessuno che può fare i calcoli di quanto e come le indispensabili azioni umanitarie nei confronti dei profughi di guerra ucraini abbia già sovraffollato il sistema di accoglienza della città pitagorica che, da anni, ha coinvolto progetti, associazioni e diramazioni territoriali che coinvolgono anche molti dei 27 comuni della provincia crotonese.


Anche perché “la curiosità” più che l’attenzione si è poi spostata sulla “musica che sarebbe dovuta cambiare” su di un nuovo spartito scritto o da scrivere dal nuovo governo Meloni piuttosto che sulla consueta carretta lasciata nelle possibilità di Croce Rossa piuttosto che di quella a disposizione della rete di associazioni e progetti, che faticano e basta come i comuni, sulle cui spalle ricadono costi e responsabilità circa il capitolo molto particolare e delicato dei minori non accompagnati.

Tornerebbe utilissimo ai tanti tavoli istituzionali, andare a calcolare e mettere davvero in rete le tantissime realtà specifiche che, molto diversamente tra loro, offrono servizi, tentando di inventarsi progetti ed “accoglienze” di diversa natura e proprio sotto questo aspetto, tornerebbe utile andare a guardare realtà come l’Associazione Sabir, in prima linea nei servizi di accoglienza e che, in collaborazione con la Caritas Diocesana di Crotone e S. Severina, da oltre 3 anni, ha declinato risposte concrete sia per le persone migranti in transito da Crotone, ma anche per quelli che ci vivono stabilmente.

Servizi che, accanto a quelli indispensabili di mediazione linguistica ed interculturale, ha creato hotspot culturali e produttivi. “Una struttura che anche rispetto alla situazione temporaneamente emergenziale – ha affermato nei giorni scorsi Ramzi Labidi responsabile Ufficio Migranti di Sabir – “ha rinnovato e rinnova la massima disponibilità e collaborazione alla Prefettura e alla città tutta mettendo a disposizione i propri servizi di accoglienza e di sbarco, e non solo”.

E quel non solo è stato riempito, ad esempio, dalla partecipazione alla Settimana Europea delle Regioni e delle Città #EURegionsWeek presso la sede del Parlamento Europeo di Bruxelles, dove sono stati presentati e caratterizzati esempi di Social Housing esistenti sul territorio crotonese per fronteggiare, contestualmente, i bisogni dei migranti e delle famiglie che vivono in condizioni di disagio socio economico, come quello di gennaio del 2022, con cui l’associazione Sabir, ha avviato il progetto C.A.R.E (Casa Accoglienza Resilienza Empowerment), che prevede il recupero di un terreno che era stato danneggiato da atti vandalici con la contestuale ristrutturazione di un’abitazione per una famiglia immigrata. Oppure come il progetto Ensemble Little Flutistis Initiative (ELFI), che è nato in seno all’Associazione Sabir in collaborazione con l’Accademia Musicale Suzuki-Talent Center di Cosenza e da un’iniziativa del M° Eugenio Termine, docente di metodo Suzuki.

Il metodo elaborato dal violinista e didatta Shinichi Suzuki intorno agli anni ’50 si basa sulla convinzione che la capacità dei bambini di apprendere una lingua, perfino con le più sottili influenze dialettali del proprio paese. Tanti tra mille modi possibili che possono serviti, così come è avvenuto in altre parti d’Europa, per attivare e promuovere meccanismi di impresa sociale che possono e devono dare una prospettiva che, ad esempio, “riavvicini” i popoli diversamente in difficoltà.

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