Inchiesta Chirone, Tansi: «Caso Coco mostra una sanità marcia e corrotta»

Nell'operazione coinvolto anche il noto ginecologo, candidato Lega alle ultime Regionali. L'ex numero uno della Prociv: «I tentacoli della 'ndrina sull'Azienda sanitaria grazie a funzionari e dirigenti medici compiacenti»

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25 marzo 2021
11:54
Carlo Tansi e il medico Antonino Coco
Carlo Tansi e il medico Antonino Coco

Carlo Tansi, candidato alla Regione Calabria a sostegno di Luigi De Magistris presidente, entra in merito al caso Coco, il ginecologo reggino considerato dagli inquirenti al «servizio dei clan». Il professionista con la passione per la politica è rimasto coinvolto al servizio dell’inchiesta Chirone: «La grave vicenda di Antonino Coco, ginecologo e candidato leghista alle  Regionali 2020, in realtà – spiega -  considerato come fosse attivamente impegnato ad appoggiare nella stessa tornata il meloniano Domenico Creazzo poi arrestato per il sostegno elettorale ricevuto dalla 'ndrangheta, non può che inquietarci una volta di più semmai ce ne fosse bisogno. Lo scenario in questo caso dipinto dalla Procura di Reggio sull'Asp del territorio in seguito all'inchiesta Chirone è infatti a tinte fosche. E sono i magistrati e gli organi inquirenti della città dello Stretto – aggiunge - a dirci il perché, portando alla luce un sistema reggino in cui una ramificatissima storica 'ndrina aveva allungato i tentacoli sull'azienda sanitaria anche e soprattutto grazie a funzionari e dirigenti-medici compiacenti quale appunto Coco».

 


Per Tansi emerge «un altro intero apparato fondamentale della nostra società marcio e corrotto fin nel midollo. Realtà – evidenzia - che ci deve per l'ennesima volta far saltare sulla sedia, poiché a essere infiltrata è la Sanità. Un settore di cui io mi occupo quasi ogni giorno, cercando per ora soltanto di monitorare e battermi per migliorare le tante pecche del medesimo cruciale comparto.

Un ambito che se, al di là dei problemi di vario genere da cui è interessato in particolare dalle nostre parti, viene pure infiltrato dalla mafia fa correre ai calabresi rischi di ogni genere. Perché – fa presente l’ex numero uno della Prociv - una rete sanitaria a maglie troppo larghe, o addirittura rotte, per consentire il passaggio di fiumi di denaro destinato alle cosche non può assicurare alcun livello accettabile di prestazioni in favore dell'utenza. Ma, al contrario, è sempre sinonimo di cure e assistenze scadenti con tutto ciò che ne consegue, anche in termini drammatici ossia di vite umane sacrificate sull'altare del profitto indebito da garantire alla criminalità organizzata e a quei pezzi di società civile complice per interessi particolari e personali da tutelare. Una condotta inqualificabile che – conclude - consente alla Cosa Nostra calabrese di crescere e diventare sempre più potente». 

 

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