Iniziata la demolizione delle ciminiere della centrale Enel di Rossano, ultimo simbolo dell’industrializzazione della Sibaritide mai realizzata
Da alcuni giorni l’area è stata cantierata, ma chi immaginava esplosioni controllate e spettacolarizzazione dell’evento rimarrà deluso. Deadline prevista da Enel: gennaio 2026
Le vedremo “consumarsi” come delle candele di cera, pian piano, nel giro di alcuni mesi.
Chi immaginava il tritolo con esplosioni controllate e la spettacolarizzazione dell’“evento” rimarrà deluso, perché quelle ciminiere spariranno dalla skyline di Corigliano Rossano entro il 2026, quindi molto lentamente nei prossimi due anni.
Saranno, infatti, necessari otto-nove mesi per ciascuno di quei due fumaioli – alti duecento metri e ben visibili da tutta la Sibaritide – perché spariscano per sempre.
Quel “sogno” chiamato industrializzazione
Le ciminiere di una ormai derelitta centrale Enel di Rossano, la cui fase di smantellamento è iniziata dieci anni fa, rappresentano quello che potrebbe considerarsi il “sogno” di industrializzare che si sarebbe potuto realizzare anche il nord-est calabrese dopo Crotone.
Il cosiddetto “pacchetto” Colombo – dal nome del presidente del Consiglio dei ministri di quegli anni – sembrava già aver segnato il destino della Sibaritide dopo i moti di Reggio che avevano innescato il programma di investimenti industriali da realizzare in Calabria e Sicilia per assicurare 40mila posti di lavoro. Quindi industrie, l’autostrada che sarebbe dovuta passare dalle pianure ioniche e non inerpicandosi sulla Sila tra gallerie e viadotti e l’università della Calabria, originariamente prevista nel cuore della piana, poi dirottata dalla politica a Rende.
Tutte condizioni che avrebbero cambiato radicalmente la storia della Sibaritide e della Calabria ma che – materialmente – non hanno mai trovato compimento.
E così, ciò che ne rimane di quel “pacchetto”, oggi, è solo la carcassa di una centrale termoelettrica in eterna fase dismissione, che comunque ha ridisegnato Rossano dal 1978 agli inizi del 2000, soprattutto sotto il profilo dello sviluppo, economico ed urbanistico. I primi 158 dipendenti, poi passati negli anni a oltre 300, hanno realmente fatto la fortuna della città ionica, che ha prosperato per decenni.
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Il supplizio di un simbolo
Enel – che in un ultimo spasmo di un paio d’anni fa aveva immaginato di produrre idrogeno in quel sito, ma prima ancora di convertire la centrale a carbone con una operazione bloccata dalla popolazione – in “appena” dieci anni di lavori ha smantellato i quattro gruppi a olio combustibile, i due dei quattro turbogas realizzati negli anni ’90 e programmato la demolizione delle ciminiere entro il 2026.
Proprio nei giorni scorsi il colosso energetico ha predisposto l’area di cantiere per la abbattimento dei due fumaioli, il supplizio di quel simbolo, ultimo residuato della appena fantasticata era industriale della piana di Sibari.
La tecnica di demolizione
A causa dell’imponente altezza dei due manufatti – circa 200m – la tecnica di demolizione non sarà come quella dei film, ma di tipo “top down way”.
Con l’ausilio di apposita gru esterna, sulla sommità di ciascuna ciminiera, verrà realizzata una piattaforma che permetterà la demolizione dell’opera dall’alto verso il basso, così da depositare i pezzi di calcestruzzo direttamente all’interno della canna del camino, discendendo via via.
La demolizione della prima ciminiera – iniziata in questi giorni – secondo il cronoprogramma di Enel, verrà completata a maggio 2025: serviranno, quindi, otto mesi, così come per la seconda ciminiera, il cui abbattimento inizierà ad aprile 2025 per concludersi a gennaio 2026.
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L’incognita parco eolico off shore
Al momento una delle incognite è rappresentata dal connettore alla rete Terna che, ancora in bella mostra, potrebbe servire per far confluire l’energia prodotta dal parco eolico off shore previsto a largo di Corigliano Rossano, a otto miglia nautiche dalla costa – a ottobre il progetto dovrebbe passare alla fase della valutazione di impatto ambientale – alla rete nazionale.
In tutto questo, smantellamenti e demolizioni a parte, però, il “sogno” – quello vero, di tutti – è la bonifica sostanziale dell’area degli oltre 70 ettari di terreno che solo così potrà tornare ad essere fruibile dalla comunità.