’Ndrangheta

«Siamo una carovana per fare la guerra»: così la cosca Alvaro aveva colonizzato anche Roma

Al vertice della struttura criminale ci sarebbero stati Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, entrambi appartenenti a storiche famiglie di ‘ndrangheta del Reggino. Complessivamente 43 gli arresti nell'ambito dell'operazione Propaggine. Coinvolto anche il sindaco di Cosoleto (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Redazione
10 maggio 2022
12:18

«Siamo una carovana per fare la guerra». Lo afferma Vincenzo Alvaro, presunto capo della ‘ndrina di Roma insieme con Antonio Carzo, in una frase intercettata nell’ambito dell’inchiesta che, su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Roma e della Dia, ha portato a 43 arresti tra Roma, Lazio e Calabria, nei confronti di quella che è considerata la prima locale ufficiale di ‘ndrangheta nella Capitale. Tra gli arrestati anche il sindaco di Cosoleto, Antonino Gioffrè. Oltre agli arresti, i procuratori aggiunti Michele Prestipino, Ilaria Calò e il pm Giovanni Musarò hanno disposto il sequestro di 24 società e attività tra cui bar, ristoranti e pescherie nell’area nord della Capitale, in particolare nel quartiere Primavalle.

Un locale di 'ndrangheta a Roma

La cosca Alvaro di Sinopoli, quindi, avrebbe dato vita a Roma a un vero e proprio locale di 'ndrangheta, una vera e propria articolazione del clan, che rappresenta un distaccamento autonomo, del sodalizio radicato a Sinopoli e Cosoleto. Secondo quanto emerso dall'inchiesta, la costola romana della cosca Alvaro avrebbe goduto di un'ampia autonomia nella gestione delle attività illecite, pur nella permanenza di uno stretto legame con la casa madre sinopolese, interpellata per la soluzione di situazioni di frizione tra i sodali romani o per l’adozione di decisioni concernenti l’assetto della gerarchia criminosa della capitale. La stessa costituzione del distaccamento romano sarebbe stata autorizzata dai massimi vertici della ‘ndrangheta, operanti in Calabria. Il legame tra la casa madre’ sinopolese - sottolineano gli inquirenti - e la propaggine romana è stato sempre attivo e gestito con estrema cautela: le indagini hanno svelato che, secondo una strategia ben specifica, i due capi del locale di ‘ndrangheta romani limitavano al minimo gli incontri di persona con i vertici calabresi, facendoli coincidere con eventi particolari, quali matrimoni o funerali, in occasione dei quali si sarebbero svolti incontri fugaci ma risolutivi; nei casi di estrema urgenza, poi, gli incontri sono stati concordati mediante l’intermediazione di messaggeri.


Il romana, secondo quanto emerge dalle indagini, sarebbe stata guidata da una diarchia. A capo della struttura criminale ci sarebbero stati Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, entrambi appartenenti a storiche famiglie di ‘ndrangheta originarie di Cosoleto, centro in provincia di Reggio Calabria.

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