L’operazione

’Ndrangheta a Roma, gestione illecita di attività economiche: 43 misure cautelari tra il Lazio e Reggio Calabria - NOMI

L'operazione coordinata dalla Dia ha consentito di sgominare una cellula della criminalità calabrese radicata nella Capitale. Per quanto riguarda il versante calabrese le indagini sono focalizzate sulla cosca Alvaro Penna

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di Redazione
10 maggio 2022
07:35

Una "cellula" della 'ndrangheta radicata a Roma. È quella su cui ha indagato la Dia capitolina su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, che a nella Capitale e in provincia, nella regione Lazio, a Reggio Calabria e in Calabria, sta eseguendo una ordinanza, emessa dal gip di Roma, nei confronti di 43 persone, alcune delle quali devono rispondere di associazione per delinquere di stampo mafioso.

Gli Alvaro e le infiltrazioni nell'economia romana

La ‘ndrangheta della capitale acquisiva la gestione o il controllo di attività economiche nei più svariati settori (da quello ittico, alla panificazione, della pasticceria, al ritiro delle pelli e degli olii esausti), facendo poi sistematicamente ricorso a intestazioni fittizie al fine di schermare la reale titolarità delle attività. Sono tuttora in corso perquisizioni e sequestri nonché l’esecuzione di misure cautelari disposte dal gip di Reggio Calabria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, in coordinamentocon la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.


Per quanto riguarda il versante calabrese dell'indagine, su disposizione del gip di Reggio Calabria, la Dia sta eseguendo misure cautelari che riguardano 34 indagati (29 in carcere e 5 ai domiciliari) che devono rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso, favoreggiamento commesso al fine di agevolare l’attività del sodalizio mafioso e detenzione e vendita di armi comuni da sparo e armi da guerra aggravate. Le indagini sono focalizzate sulla cosca Alvaro Penna, che ha un radicato controllo del territorio e delle attività economiche e si è infiltrata nella gestione di alcune amministrazioni locali. Tra gli arrestati figura il sindaco di Cosoleto Antnino Gioffrè.

Cosca Alvaro, gli indagati finiti in carcere

  1. Alvaro Carmelo detto “Bin Laden”, nato a Sinopoli (RC) il 02.01.1960
  2. Alvaro Carmine detto “U Cuvertuni”, nato a Sinopoli (RC) il 16.06.1953
  3. Alvaro Domenico detto “Micu u Merru”, nato a Sinopoli (RC) il 27.05.1976
  4. Alvaro Domenico, nato a Cinquefrondi (RC) il 14.09.1988
  5. Alvaro Francesco detto “Ciccio Testazza”, nato a Taurianova (RC) 03.06.1957
  6. Alvaro Giuseppe detto “Stelio”, nato a Sinopoli (RC) il 08.09.1969
  7. Ascrizzi Alfredo, nato a Polistena (RC) 17.01.1998
  8. Ascrizzi Ferdinando detto “Nando”, nato a Catanzaro 10.12.1972
  9. Carmelitano Francesco, nato a Taurianova (RC) 10.11.1966
  10. Carzo Antonio detto “Ntoni Scarpacotta”, nato a Sinopoli (RC) il 20.03.1960
  11. Carzo Domenico detto “Scarpacotta”, nato a Scido (RC) il 13.02.1941
  12. Casella Vincenzo, nato a Cinquefrondi (RC) 01.04.1988
  13. Durante Palermino Giuseppe detto “Peppe u Palerminu”, nato a Cinquefrondi (RC) 20.05.1984
  14. Licastro Angelo detto “Micu u Biondo”, nato a Taurianova (RC) il 03.04.1973
  15. LUPPINO Francesco detto “Ciccio Mazza”, nato a Cosoleto (RC) 10.08.1948
  16. Modafferi Giuseppe, nato a Taurianova (RC) 26.09.1986
  17. Modafferi Raffaele, nato a Cosoleto (RC) il 16.01.1964
  18. Penna Antonino, nato a Sinopoli (RC) il 21.05.1985
  19. Penna Carmela, nata a Palmi (RC) il 06.10.1983
  20. Penna Carmine detto “Zanchi”, nato a Sinopoli il 22.11.1979
  21. Penna Giovanni, nato a Reggio Calabria il 23.08.1997
  22. Rechichi Angelo, nato a Gioia Tauro (RC) 05.02.1978
  23. Rechichi Antonino, nato a Cosoleto (RC) 19.11.1961
  24. Rechichi Giovanni, nato a Polistena (RC) 06.08.1997
  25. Surace Domenico inteso “Pulentuni”, nato a Cosoleto (RC) 14.11.1950
  26. Versace Antonio detto “Ntoni u Brizzi”, nato a Cosoleto (RC) 29.10.1968
  27. Versace Carmelo detto “Melo u Jack”, nato a San Procopio (RC) 03.10.1960
  28. Versace Francesco detto “Ciccio Jack”, nato a Cinquefrondi (RC) 14.04.1984
  29. VersaceE Giuseppe detto “Peppe Jack”, nato a Cinquefrondi (RC) 10.06.1989

Cosca Alvaro, gli indagati finiti ai domiciliari

  1. Alessi Salvatore, nato a Polistena (RC) il 03.05.1995 –
  2. Alvaro Antonio detto “Massaru ‘Ntoni”, nato a Sinopoli (RC) il 01.01.1937
  3. Gioffrè Antonino, nato a Taurianova (RC) il 24.06.1975
  4. Panuccio Eugenio detto “Genio”, nato a Oppido Mamertina (RC) il 04.08.1973
  5. Rustico Maurizio, nato a Cinquefrondi (RC) il 22.11.1980

Gli Alvaro di Cosoleto

Dalle indagini è emerso, inoltre, come la cosca Alvaro, oltre ad essere operativa nel territorio di Sinopoli, domini anche il centro urbano di Cosoleto, paese aspromontano, dove insiste un locale di ‘ndrangheta autonomo nelle attività illecite ordinarie ma funzionalmente dipendente da quello di Sinopoli. Gravemente indiziati, nell’ambito della presente indagine, di ricoprire i ruoli verticistici delle organizzazioni calabresi sono Alvaro Carmine detto ‘u cuvertuni’, capo locale di Sinopoli, nonché, quali capi locale di Cosoleto, Alvaro Francesco detto ‘ciccio testazza’, Alvaro Antonio detto ‘u massaru’, Alvaro Nicola detto ‘u beccausu’, Carzo Domenico detto ‘scarpacotta’.

Cosca Alvaro, la locale di Roma

Le complesse indagini svolte hanno consentito di appurare, altresì, come i sodali della cosca Alvaro avrebbero dato vita, nel territorio della capitale, ad un’articolazione (denominata locale di Roma), che rappresenta un ‘distaccamento’ autonomo, del sodalizio radicato a Sinopoli e Cosoleto.

Sarebbe emersa, sempre allo stato degli atti e fatte salve le successive verifiche processuali, un’immagine nitida dell’esistenza di una propaggine romana, oggetto della corrispondente attività di indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma,  connotata da ampia autonomia nella gestione delle attività illecite, ed al contempo della permanenza dello stretto legame con la ‘casa madre sinopolese’, interpellata per la soluzione di situazioni di frizione tra i sodali romani o per l’adozione di decisioni concernenti l’assetto della gerarchia criminosa della capitale. La stessa costituzione del ‘distaccamento’ romano è stata in origine autorizzata dai massimi vertici della ‘ndrangheta, operanti in Calabria.

L’associazione sinopolese sarebbe risultata pienamente operativa nel controllo del territorio; le indagini hanno mostrato un forte attivismo degli indagati nella risoluzione immediata di situazioni di criticità e frizioni, quali ad esempio quelle connesse all’avvicendamento delle nuove leve nella gestione del locale di Cosoleto, affidato a capi ormai anziani, quelle relative alla cura dei rapporti con i vertici della propaggine romana (Alvaro Vincenzo, figlio di Alvaro Nicola detto u beccausu, e Antonio Carzo , figlio di Domenico Carzo detto scarpacotta), nonché quelle relative alle problematiche scaturenti dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e dal disaccordo tra i capi dei diversi ceppi della famiglia Alvaro.

L’operatività delle locali di Sinopoli e Cosoleto è risultata fortemente improntata al rispetto delle doti di ‘ndrangheta; l’osservanza dei riti e dei linguaggi tradizionali è stata esportata anche nella capitale, ove la ‘ndrangheta, ed in particolare la cosca Alvaro, si è trasferita con la propria capacità di intimidazione ed ha creato una stabile ed autonoma struttura criminale.

Gli interessi del sodalizio mafioso si sarebbero, peraltro, estesi all’amministrazione locale. Il compendio indiziario raccolto mediante l’attività investigativa avrebbe evidenziato un forte interesse dei sodali all’esito della competizione elettorale del Comune di Cosoleto del 2018: Antonio Carzo, capo locale romano, è stato ritenuto, infatti, gravemente indiziato del delitto di cui all’art. 416 ter c.p. in favore dell’attuale sindaco del Comune di Cosoleto. 

Anche prescindendo dalle singole vicende illecite, il legame tra la casa madre sinopolese e la propaggine romana è stato sempre attivo e gestito con estrema cautela: le indagini hanno disvelato che, secondo una strategia ben specifica, i due capi del locale di ‘ndrangheta romani limitavano al minimo gli incontri di persona con i vertici calabresi, facendoli coincidere con eventi particolari, quali matrimoni o funerali, in occasione dei quali si sono svolti incontri fugaci ma risolutivi; nei casi di estrema urgenza, poi, gli incontri sono stati concordati mediante l’intermediazione di ‘messaggeri’.

Alcuni dei destinatari della misura sono stati già condannati per l’appartenenza alla cosca Alvaro con sentenze passate in giudicato.

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