Affari mafiosi

La guerra di ’ndrangheta sfiorata sul lago di Como per i contrasti sulla droga: «Spariamoli a vista, non si devono avvicinare»

Lo scontro nell'area di Erba tra “crotonesi” e reggini per la spartizione delle quote nel mercato della cocaina. La corsa alla ricerca di armi e munizioni per prepararsi alla faida prima dell’intervento del clan Varca e della pace in nome del business. Il racconto nell’inchiesta della Dda di Milano

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di Pablo Petrasso
30 maggio 2024
07:30
Nell’area intorno al lago di Como agiscono da decenni diversi locali di ’ndrangheta
Nell’area intorno al lago di Como agiscono da decenni diversi locali di ’ndrangheta

Su quel ramo del lago di Como si è sfiorata una guerra di ’ndrangheta. I clan non sparano più, soprattutto le loro propaggini settentrionali. Gli affari di droga, però, rischiano ancora di scatenare faide. Di fronte ci sono due locali: Erba e Canzo, divise dagli interessi sul business della droga.

L’inchiesta della Dda di Milano che ha portato nei giorni scorsi all’arresto di 30 persona illumina le tensioni tra i due gruppi: da un lato c’è Vincenzo Milazzo, definito dagli inquirenti «braccio operativo» di Luigi Vona, nato a Roccabernarda 71 anni fa e già capo del locale di Canzo (reduce da quasi 10 anni di carcere per l’operazione Infinito e nuovamente arrestato martedì scorso); dall’altro Michele “U pentitu” Oppedisano, 55 anni, e Pasquale Oppedisano, 25 anni, entrambi originari della Piana di Gioia Tauro. Milazzo vuole gestire l’affare per conto suo: spiega al capo che «la proposta degli “erbesi”, e di Pasquale Oppedisano in particolare, è irricevibile perché lui, dopo 7 anni di “duro lavoro”, non è disposto a cedere “quote di mercato”». La conversazione avviene dopo un summit (quello dell’8 marzo 2020): ce ne saranno diversi per appianare le divergenze.


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La proposta a cui si riferisce Milazzo arriva da Michele Oppedisano e punta a una divisione chiara del territorio: «Voi ve ne state da questa parte e noi ce ne stiamo di là… e voi ad Erba non date più niente… arrivate fino al Segrino perché a Erba ci siamo noi». Sono queste le frasi che rischiano di scatenare la guerra. Milazzo non è disposto a cedere nulla: «Se io devo dividere la mia pagnotta la divido con Leonardo (Potenza, altro collaboratore del capo, ndr) e Luigi (Vona, ndr) ma degli altri fuori gli ho detto non m’interessa». Potenza va oltre: definisce Oppedisano «“un nulla” rispetto a Vona e agli altri affiliati di rilievo di Erba» e ipotizza soluzioni radicali per i dissidi: «Ma spariamoli a vista, non li facciamo avvicinare al lago».

Non sono minacce vuote: i magistrati della Dda di Milano evidenziano «come l’accrescimento dei contrasti insorti tra i due gruppi criminali sulla spartizione territoriale delle aree di spaccio avesse comportato un’allarmante ricerca di armi e munizioni da parte del sodalizio criminale». Mentre Milazzo e Potenza hanno un atteggiamento «ostile e rigido», Vona da vecchio boss cerca di mediare e «stemperare i malumori dei propri sodali». Uno dei contrasti si snoda attorno alla fornitura di due chilogrammi di hashish chiesta da Oppedisano al gruppo di Vona: l’affare non va importo e Milazzo si preoccupa «per eventuali azioni ritorsive da parte del locale di Erba». A Vona chiede «ci dobbiamo aspettare qualche scherzetto?» e lui risponde «io non mi fido neanche di me stesso, però non credo». Il consiglio di Leonardo Potenza, invece, è eloquente: «Sì, tu porta la pistola… perché lui se lo aspetta».

Anche Vona a un certo punto si spazientisce «per i continui lamenti dei “calabresi” di Erba», tanto da esortare Milazzo a convocarli nuovamente: «Mi ha detto di fare un appuntamento che li deve vedere lui che si è rotto il c…o!». Altra preoccupazione di Milazzo è «che il gruppo degli Oppedisano potesse venderlo alle forze dell’ordine per toglierselo di mezzo». «L’unica cosa che mi può preoccupare che non so quanto possono essere pezzi di merda le persone, una chiamata ai carabinieri… qualcosa capito? Solo quello mi preoccupa… anche soltanto per dire va bene allora niente a noi, niente tutti».

A sistemare le cose prima che le tensioni esplodano è un intervento esterno. Un incontro a Valbrona, in provincia di Como, vede la partecipazione della famiglia Varca, che a Erba ha da sempre un ruolo di primo piano nelle questioni mafiose. Personaggi legati alle ’ndrine crotonesi si siedono al tavolo con gli Oppedisano, Milazzo e Potenza. Manca il solo Vona, sottoposto alla vigilanza speciale: la sua presenza potrebbe attirare le forze dell’ordine che, in realtà, monitorano tutto. L’escalation si ferma e lascia spazio a un accordo sulla spartizione del mercato. In nome del denaro, le due fazioni mettono da parte propositi bellicosi e sul lago torna la pace: la migliore condizione possibile per fare soldi.

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