’Ndrangheta

La prima volta della «massoneria segreta»: l’intercettazione inedita tra Paolo Romeo e l’ex sottosegretario Valentino nella sentenza Gotha

Gli inquirenti registrano nello studio dell’avvocato reggino la preoccupazione per il pentimento di Nino Fiume. Ma il legale si mostra tranquillo: per lui il collaboratore non sa nulla delle logge riservate. Nel nostro podcast le dichiarazioni di Pasquale Nucera sull’intervento di Licio Gelli: «Lui e i servizi deviati avevano un progetto che in parte è riuscito»

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di P. P. P.
18 gennaio 2024
06:15

C’è una prima volta per tutto: per la «massoneria segreta» quella prima volta porta la data del 17 maggio 2002. È il giorno in cui gli investigatori intercettano una conversazione destinata a segnare la storia delle inchieste giudiziarie sui rapporti tra ’ndrangheta e logge coperte. Quelle parole vengono proposte per la prima volta nel nostro podcast Gotha (la prima puntata è online dallo scorso 15 gennaio) perché trascritte solo in dibattimento grazie al lavoro del perito nominato dal Tribunale.

L’avvocato Paolo Romeo (condannato a 25 anni di reclusione in primo grado perché ritenuto al vertice della cupola massonico-mafiosa) si trova nel suo studio assieme all’allora sottosegretario alla Giustizia, Giuseppe Valentino. Valentino non risulta indagato in Gotha e, a più riprese, ha dichiarato di non essere un massone.


I due sono preoccupati per l’inizio della collaborazione con la giustizia di Nino Fiume, uno dei pochi fedelissimi dei De Stefano che ne conosce molti segreti. Romeo, però, prova a stemperare la tensione: «Non può aver detto nulla di nuovo di concreto, non… Nemmeno a farglielo dire loro». E Valentino riprende a voce bassissima: «Che non sa niente ha ridetto sulla massoneria segreta. Immagino che non sa niente». Per i giudici che hanno firmato la monumentale sentenza da oltre 7.600 pagine è una delle prove della consapevolezza dell’esistenza della massoneria segreta.

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Il pentito Pasquale Nucera: «Alcuni stavano sia nella cosca che nelle logge di Gelli»

Quella conversazione è un riscontro formidabile per le dichiarazioni dei (tanti) pentiti che hanno tratteggiato i legami oscuri tra clan e logge massoniche deviate nel corso degli anni e nelle udienze del procedimento. Un piano politico criminale nato nei primi anni Novanta. Ne parla anche il pentito Pasquale Nucera in un interrogatorio ricostruito nel nostro podcast.

«All’epoca – dice – c’era un cambiamento radicale. Oltre allo stare nella cosca alcuni componenti stavano nelle logge massoniche deviate di Gelli e di altri personaggi». Nucera si rivolge al procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo e racconta che «oltre a quelle di Gelli, dopo i moti di Reggio Calabria, dopo le riunioni di Montalto, erano state formate altre logge» tra le quali «una loggia che è ancora attiva: sono logge massoniche deviate che corrispondono a certi politici. Diciamo così: una parte del sistema Gelli prevedeva che il mafioso venisse inserito nella loggia massonica così si poteva avere il controllo dei voti, il controllo degli appalti, il controllo di tutto. Qualche traccia di queste logge c’è nel Nord Italia, forse anche all’estero».

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Uno schema che, secondo il collaboratore di giustizia, sarebbe «stato deciso a Polsi, nelle riunioni di Polsi. Ero presente e ricordo che un anno c’erano dei politici, c’era qualche grosso industriale, qualche armatore di Reggio Calabria. Era un periodo diverso dalle solite presentazioni delle cosche. Uno di quelli che parlava un po’ tanto, come se tenesse un discorso, mi sembra che era Matacena, se non sbaglio. Io ero presente e rappresentavo il locale». Nucera non ha dubbi quando il magistrato gli chiede della stratificazione della ’ndrangheta in livelli: «Il terzo livello e il quarto livello sono legati alla massoneria». Poi affronta, su richiesta di Lombardo, la questione dell’intervento di Gelli nel concepimento del sistema: «Intervenne Gelli perché aveva un progetto che in parte gli riuscì. Gelli e i servizi deviati avevano un progetto che in parte gli è riuscito». Quale progetto? Quello «di inserire un capo locale o uno o più componenti della ’ndrangheta nelle logge massoniche per gestire al meglio il potere: lavori, appalti pubblici, voti e tante altre cose, anche la finanza». Un quarto livello, capace di gestire il potere, che – ribadisce Nucera – era formato da uomini al vertice della ’ndrangheta.

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La «struttura collaterale» della ’ndrangheta e i rapporti con la destra eversiva

Le parole dei giudici su quel piano politico-criminale sono granitiche: «La ‘ndrangheta, oltre alla struttura organizzativa della provincia, si è articolata anche in una struttura collaterale, composta da pochissimi componenti, avente competenza quantomeno su tutta la Calabria, composta da soggetti aventi ruoli apicali delle organizzazioni criminali e soggetti di estrazione diversa da quella ‘ndranghetista e provenienti dall’ambito politico o massonico. Tale struttura segreta, nel corso del tempo aveva intessuto rapporti con le forze eversive della estrema destra e con la massoneria segreta di Licio Gelli, nel disegno comune prima di contrastare con i metodi violenti e stragisti le istituzioni dell’ordinamento democratico dello Stato, poi di assumerne il controllo mediante l’infiltrazione, negli apparati istituzionali, di uomini politici eletti con i voti della ‘ndrangheta». Descrizione puntuale degli scopi della «massoneria segreta». Sono parole messe nero su bianco nel 2023. Ma di «massoneria segreta» si parlava già ventuno anni prima, nello studio dell’avvocato Paolo Romeo.

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