Sembra essere direttamente proporzionale il successo della trasmissione Lezioni di mafie con la querelle tra il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il procuratore di Napoli Nicola Gratteri. Più sale l’apprezzamento per la trasmissione più si registrano provocazioni e punzecchiate da parte dell’ex Guardasigilli al magistrato di Gerace.
L’ultima in ordine di tempo arriva dal congresso dell’Unione delle camere penali che si è tenuto a Catania dove Nordio ha sostenuto che «il solo fatto che un pubblico ministero consideri un suo diritto entrare nel dibattito come parte dialogante o polemizzante dimostra che non c’è nessun testimonial più autorevole del dottor Gratteri per la separazione delle carriere».

Nicola Gratteri, è cosa nota, non è mai stato tenero con le riforme messe in campo dal ministro Nordio. Non solo la separazione delle carriere manche l’abolizione dell’abuso d’ufficio, la stretta sulle intercettazioni, l’adozione dell’applicazione App per il processo telematico (giudicata in realtà da tutti malfunzionante).
Ma quello che ha sobillato maggiormente gli animi è stata la sua partecipazione al format Lezioni di mafie. Lo scorso cinque agosto l’onorevole Pietro Pittalis (Forza Italia) ha posto un’interrogazione parlamentare al Guardasigilli chiedendo quali iniziative, anche di carattere ispettivo intenda adottare in relazione alla partecipazione (tra l’altro gratuita e registrata in giorni di ferie) di Gratteri al Format di La7.
Pittalis ha tirato in ballo una circolare del 2015 del Consiglio superiore della magistratura nella quale la partecipazione di magistrati a programmi televisivi programmati e continuativi nei quali vengano trattate vicende giudiziarie ancora non definite, deve essere soggetta ad autorizzazione anche avviene a titolo gratuito.

A stretto giro di boa, il 19 agosto – come scrive anche il Fatto Quotidiano –, è arrivata la risposta del procuratore Gratteri. In una lettera di tre pagine inviata al ministero della Giustizia, il magistrato ha spiegato perché la sua partecipazione non è soggetta ad autorizzazione. Fondamentalmente, dice Gratteri, i temi trattati non toccano procedimenti in corso ma il tema delle mafie, come stiamo vedendo, è affrontato con un’analisi generale, vista da un punto di vista storico (quindi attraverso procedimenti ormai ben definiti). La partecipazione, poi, non è continuativa, perché le quattro puntate sono il frutto di un’unica registrazione poi tagliata in quattro parti.

Insomma, nonostante non sia nuova la partecipazione di Gratteri a programmi televisivi, questo format sulle Lezioni di mafie proprio non va giù. Prima ancora che il programma andasse in onda era diventato oggetto di interrogazioni parlamentari e di interventi critici. Come quello del viceministro Paolo Sisto che aveva giudicato «inopportuna» la partecipazione del procuratore al programma. L’excursus storico di Lezioni di mafie, però, sta raggiungendo una platea numerosa. Che piaccia o meno.