Nelle storie delle persone supportate dai volontari del Progetto Gedeone si sovrappongono disoccupazione e depressione: «Molti riescono solo a sopravvivere con lavori in nero o part-time. I corsi di formazione? Pochi offrono un vero impiego»
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Per una vita ha lavorato come operaio specializzato per una grossa azienda di Lamezia Terme. A 56 anni, però, da un giorno all’altro si è trovato senza un impiego, senza uno stipendio ma anche senza uno scopo da dare alle proprie giornate. Nonostante vivesse da solo, ad un certo punto non è più riuscito a mantenere neanche se stesso. Perché, per quanto specializzato, non c’è posto per un artigiano di più di 50 anni.
Le difficoltà economiche lo hanno costretto a chiedere aiuto ai servizi sociali. «Mi sono accorto che non aveva denaro nemmeno per un biglietto d’autobus. Si vergognava a chiede un passaggio», racconta Antonio Mangiafave, presidente della comunità di volontariato SS Pietro e Paolo – Progetto Gedeone.
Ma, soprattutto, Mangiafave si è accorto che l’uomo versava in uno stato di profonda depressione. «La mancanza di lavoro e di potersi autostenere come aveva fatto per una vita lo tormentava».
A risollevarlo, per un certo periodo di tempo, è stata l’attività di volontariato con il Progetto Gedeone. Oggi l’uomo lavora in nero, sbarca il lunario ma è tutt’altra cosa rispetto alla stabilità e serenità che aveva un tempo.
«Si sopravvive», spiega Antonio Mangiafave che di casi di depressione legata alla mancanza di uno scopo nella vita, di un lavoro che dia un senso alle giornate e porti la tranquillità di uno stipendio, ne ha incontrati diversi negli anni spesi nel Terzo settore.
La depressione si manifesta anche nei giovani laureati. Molti, dopo aver raggiunto il traguardo, si accorgono che la loro laurea non è spendibile nel mondo del lavoro. Sono spesso vittime di lauree senza sbocchi, corsi che nascono e muoiono alla fine del primo quinquennio.
Il caso incontrato da Mangiafave è quello di una giovane di 28 anni, in tasca un pezzo di carta che la rendeva esperta in restauri. All’orizzonte concorsi che dovevano partire e che non sono mai partiti.
Oggi anche lei, dopo aver affrontato una brutta depressione, «sopravvive» con lavori part time che non hanno alcun collegamento con i propri studi.
Sono l’esempio di due generazioni, vittime di un sistema economico fragile, in Calabria più che altrove, e di un disallineamento allarmante tra la formazione scolastica e quello che chiede il mondo del lavoro.
«Oggi – dice Mangiafave – c’è molta formazione e poco lavoro». L’operatore è scettico anche sui risultati del programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori), un’iniziativa finanziata con il Pnrr per rilanciare l'occupazione in Italia e combattere la disoccupazione.
«Dal nostro punto di vista Gol non funziona: ci sono troppi corsi di formazione che non terminano col lavoro».
Un esempio è quello sui servizi socio sanitari. «La richiesta nella formazione è 100, la domanda nel mondo del lavoro è 10», dice Mangiafave.
Cadere nella depressione o in altre forme di disagio psico-sociale è fenomeno ormai molto comune e diffuso a tutte le età. La cura tarda ad arrivare: «Il lavoro rappresenta un pezzo importante in qualsiasi terapia».