Diversi i segnali che, secondo Massimo Clerici, indicherebbero la presenza di una patologia: «La donna ha messo in atto una sorta di ritualizzazione dell'omicidio avvolgendo i bimbi in una coperta e chiudendoli nell'armadio»
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di Manuela Correra (Ansa)
Una fragilità insita, genetica, che eventi stressanti possono riaccendere portando all'esordio di patologie vere e proprie come la depressione post partum oppure la psicosi post partum che si manifesta anche con allucinazioni o voci che il soggetto sente e che danno “l'ordine” di uccidere. In termini medici questa condizione si definisce "vulnerabilità bio-psicosociale”, perché la miccia che può riaccenderla può essere appunto di natura biologica, psicologica ma anche legata a fattori sociali. Potrebbe essere questa, spiega all'Ansa il vicepresidente della Società italiana di psichiatria Massimo Clerici, la spiegazione del gesto della donna di 25 anni che a Reggio Calabria ha ucciso i due figli appena partoriti nascondendoli poi in un armadio avvolti in una coperta.
«Si tratta di un gesto estremo, e sulla base dei pochi elementi noti - afferma Clerici, anche ordinario di Psichiatria all'Università Bicocca di Milano - si potrebbe ipotizzare che la donna soffrisse di depressione post partum. In vari casi, donne che non hanno mai avuto problemi di natura psichiatrica manifestano una depressione o una psicosi legate al parto, nei giorni di questo evento e con sintomi che possono anche perdurare nel periodo successivo. Nel caso della depressione ravvicinata all'evento parto, non sempre è facile cogliere dei segnali premonitori, in quanto in vari casi la donna non dà segnali comportamentali particolari».
Nel caso della psicosi invece, rileva lo psichiatra, «il soggetto ha vere e proprie allucinazioni e può sentire delle voci: ci sono stati casi di donne che affermavano di sentire la voce del bambino in grembo che diceva loro di ucciderlo».
L'ipotesi che la donna soffrisse di depressione o psicosi post partum sembrerebbe avvalorata anche da un altro elemento: «La donna ha infatti messo in atto una sorta di ritualizzazione dell'omicidio avvolgendo i neonati in una coperta e chiudendoli nell'armadio, come a volerli eliminare per una qualche ragione ma tenendoli al contempo vicini».
Considerando inoltre il probabile precedente di un terzo infanticidio alla nascita negli anni precedenti, questo evento rafforzerebbe, secondo Clerici, l'ipotesi di una depressione o di una psicosi post partum: «Se il primo infanticidio è stato determinato da una depressione o psicosi, è dimostrato che in una certa percentuale di casi tali condizioni patologiche possono ripresentarsi e ci possono essere delle ricadute. Dunque, la donna potrebbe essere ricaduta in questa condizione anche per la seconda gravidanza». Il problema, aggiunge, «è che non è stata riconosciuta la sua sofferenza, ma spesso queste donne non danno sintomi evidenti ed è difficile individuare che stiano male».
Vari elementi, rileva l'esperto, farebbero quindi ipotizzare una condizione di patologia psichiatrica, piuttosto che di lucidità e semplice atto criminale: «Una donna che decide lucidamente di sbarazzarsi di un figlio appena nato, è più probabile che lo faccia allontanando il neonato da sé. Questo parrebbe essere un caso diverso, ma è fondamentale - conclude Clerici - effettuare una perizia psichiatrica sulla venticinquenne per poter avere un quadro più preciso».