L’architettura milanese ha perso la facciata. E non è una metafora. L’indagine sull’urbanistica meneghina, iniziata quasi in sordina con l’arresto dell’architetto Giovanni Oggioni, si è trasformata in una valanga giudiziaria che ora minaccia di travolgere tutto. La procura di Milano parla apertamente di una “eversiva degenerazione del potere pubblico”, costruita con scientifico disprezzo delle regole e della trasparenza.

Gli indagati sono già 74, tra amministratori, dirigenti, progettisti e referenti di imprese private. Ma, avvertono gli inquirenti, il conto non è ancora finito. Nelle prossime settimane si attendono nuovi provvedimenti, che potrebbero allargare ancora di più il perimetro del presunto sistema illecito. E al centro di tutto, come un nodo che non si scioglie, il nome di Giuseppe Sala.

Il sindaco di Milano è ufficialmente iscritto nel registro degli indagati da circa un mese.

Le accuse a suo carico sono pesanti: false dichiarazioni e induzione indebita a promettere utilità. Due ipotesi che – secondo quanto emerge dai fascicoli – nascono dalla sua scelta di confermare Giuseppe Marinoni alla guida della Commissione per il paesaggio, nonostante un conflitto d’interessi mai dichiarato, e dal patrocinio concesso al progetto “Porte Metropolitane”, che per i pm sarebbe in realtà il paravento di una vasta operazione speculativa.

“Bisogna che Beppe convochi Marinoni (l’allora presidente della commissione Giuseppe Marinoni, ora indagato per corruzione, ndr) e ci parli, io ho sentito anche Beppe e gli ho inviato un messaggio dicendo: “A livello personale, da amico a amico, c’è una situazione che mi fa paura, non fa bene...”, riferiva Boeri al fondatore di Coima Manfredi Catella in un vocale inviato il 21 giugno 2023.

"Ci bocciate tutto, siete diventati di Potere al popolo”, scriveva l’archistar Stefano Boeri all’ex dirigente comunale Giovanni Oggioni (finito ai domiciliari nel marzo scorso) lamentandosi per le valutazioni della Commissione per il paesaggio sull’operazione Pirellino, portata avanti con Coima. Un pressing che, infine, sarebbe arrivato anche ai piani più alti, con un messaggio WhatsApp al sindaco, il giorno prima di una seduta della Commissione paesaggio che doveva dare un parere sul progetto di riqualificazione battezzato come Torre Botanica.

Insomma, nulla di episodico. Le carte parlano chiaro: dietro i progetti ci sarebbe un vero piano d’affari, costruito con l’appoggio attivo di pezzi dell’amministrazione, per pilotare interventi immobiliari in zone periferiche di enorme valore strategico. Un patto opaco tra pubblico e privato, oliato da pressioni politiche, scambi di favori e nomine funzionali. E se il sindaco, almeno per ora, non ha ricevuto avvisi di garanzia né è stato sottoposto a perquisizioni, è solo perché, scrivono i magistrati, «non si è resa necessaria alcuna discovery delle carte». Ma il suo nome ricorre più volte. È citato direttamente in alcuni dei messaggi chiave dell’inchiesta. Ed è presente come garante politico in più passaggi cruciali.

Un messaggio in particolare pesa come un macigno. È quello inviato da Stefano Boeri a Sala il 4 ottobre 2023, alla vigilia della terza bocciatura del restyling del “Pirellino”. L’architetto lo definisce “un fulgido esempio” di come la Commissione stia bloccando i progetti per ragioni pretestuose. E invita il sindaco a “prendere il messaggio come un warning”, sottolineando le pressioni fatte su Tancredi, Vanni e Malangone per forzare la mano a Marinoni, presidente della Commissione. Il giorno dopo, come per magia, il parere da negativo diventa favorevole. Le richieste di modifica scompaiono. Boeri stesso, intercettato, lo racconta con toni trionfali a Catella: «Tutto sparito. Le proporzioni, le facciate, il rispetto… sparito completamente».

È questo il cuore dell’indagine: una serie di scelte amministrative orientate non all’interesse pubblico, ma alla soddisfazione di interlocutori selezionati, amici degli amici, professionisti “di sistema” che sapevano come muoversi, come ottenere, a chi rivolgersi. Marinoni non è descritto come un abusivo: è, piuttosto, la cerniera tra politica e affari, l’uomo che sa interpretare i desiderata del potere e trasformarli in atti formali. Con lui, secondo i pm, si sarebbero costruite le premesse per aggirare il codice degli appalti, evitare i passaggi negli uffici tecnici e confezionare piani urbanistici “su misura”.

Uno di questi è appunto “Milano 2050 – Nodi e Porte Metropolitane”, una visione di sviluppo urbano che – almeno sulla carta – doveva risanare le periferie. Nei fatti, un’agenda parallela fatta di progetti con destinazioni d’uso modificate, palazzi più alti del previsto, vincoli ambientali ignorati. Il Comune ha patrocinato l’iniziativa, ha fornito appoggi, ha costruito le condizioni perché tutto filasse liscio. E per la procura questo basta per chiamare in causa direttamente i vertici dell’amministrazione.

Le parole usate dai pm nel decreto di perquisizione sono nette. Parlano di “strumentalizzazione politica della Commissione paesaggio”, “piena sintonia tra assessore Tancredi e sindaco Sala”, “funzione pubblica asservita a interessi privati”. Una narrazione da cui emerge un intero sistema di potere parallelo, dove la regia vera non è nei documenti ufficiali, ma nelle chat criptate, nei messaggi su WhatsApp, nelle relazioni informali.

E se la parte giudiziaria è ancora in pieno svolgimento – gli interrogatori sono previsti per il 23 luglio quella politica è già esplosa. I partiti di opposizione hanno chiesto pubblicamente le dimissioni del sindaco, accusandolo di “aver perso ogni credibilità”. Ma a sorprendere è la posizione del Movimento 5 Stelle, che ha preso le distanze in modo netto, parlando di “fatti gravissimi” e sottolineando come “la questione morale non può essere elusa”. Il centrosinistra, per ora, fa quadrato. Ma l’impressione è che qualcosa si stia incrinando anche nella narrazione che ha accompagnato gli anni del “modello Milano”.

A questo punto resta da capire quanto in alto si spingeranno le prossime mosse della procura. Gli inquirenti non si nascondono: ci sono altri nomi nel mirino, altre nomine da verificare, altri progetti sospetti. E se verranno confermati gli intrecci tra urbanistica e influenze esterne, sarà difficile per l’attuale giunta uscirne senza danni.

Nel frattempo, la città assiste con sgomento. Per anni Milano si è raccontata come capitale della modernità, dell’innovazione, del buon governo. Ora scopre che dietro il vetro dei grattacieli si agitavano dinamiche molto meno nobili. Il rischio, più che giudiziario, è morale: che l’idea stessa di città trasparente venga compromessa per sempre.