È morto il boss della camorra Raffaele Cutolo: tutti i legami e i tradimenti con la ‘ndrangheta

Il patto con i De Stefano che dissero di sì all'omicidio di suo figlio. E poi le rivelazioni sul rapimento di Aldo Moro eseguito con le armi delle 'ndrine

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di Consolato Minniti
17 febbraio 2021
21:52
Raffaele Cutolo
Raffaele Cutolo

È morto questa sera Raffaele Cutolo, capo di quella che fu la Nuova Camorra Organizzata. Cutolo, 79 anni, è deceduto nel carcere di Parma a causa di una lunga malattia che lo ha consumato pian piano.

Negli anni ’80, Cutolo era stato il fondatore della NCO, che portò ad una cruenta guerra di camorra contro gli altri clan egemoni nel territorio napoletano, con centinaia di morti ammazzati. Negli ultimi tempi le sue condizioni si erano decisamente aggravate, tanto da portare a diversi ricoveri.


Il nome di Raffaele Cutolo è legato anche a vicende che hanno interessato la ‘Ndrangheta.

L’omicidio di don Mico Tripodo

Era il 26 agosto del 1976, quando quello che era stato uno dei boss incontrastati di ‘Ndrangheta, don Mico Tripodo, compare d’anello di Totò Riina, fu ucciso nel carcere di Poggioreale, su richiesta della cosca De Stefano, per mano della Nuova Camorra Organizzata, guidata proprio da Cutolo. Fu un omicidio che suggellò un patto fra i calabresi ed i cosiddetti “cutoliani”.

L’uccisione del figlio di Cutolo

Ma quell’accordo criminale ebbe uno scricchiolio decisivo il 19 dicembre del 1990. Roberto Cutolo, figlio di “don Raffaé”, venne raggiunto da un commando mentre si trovava all’esterno di un bar ad Abbiate Guazzone, frazione di Tradate, nel Varesotto. Il 28enne viveva lì da qualche anno, dopo il provvedimento di soggiorno obbligato. Il mandante di quel delitto fu il boss Mario Fabbrocino (morto nel 2019), che venne anche condannato all’ergastolo per quel delitto.

Su quel fatto di sangue, in più occasioni, si è espresso il collaboratore di giustizia Nino Fiume, unico vero pentito interno alla cosca De Stefano: «Ricordo, riguardo a vicende legate alla camorra, che Mario Fabbrocino aveva chiesto al “consorzio” il favore di uccidere il figlio di Cutolo: ho saputo che il “consorzio” aveva autorizzato l’omicidio. L’autorizzazione fu agevolata dal fatto che in quel momento storico, vi era una frattura nel “consorzio” dovuta al fatto che alcuni napoletani, che davano conto a Franco Coco Trovato ed a Pepè Flachi, volevano uccidere Tonino Schettini: in realtà volevano eliminare Franco Coco Trovato e Giuseppe De Stefano». Da qui lo scambio di favori: «In cambio del favore che venne chiesto a Fabbrocino di uccidere a Napoli, i componenti del gruppo che aveva sparato contro Trovato e De Stefano, Fabbrocino chiese l’eliminazione di Roberto Cutolo». Favori reciproci, certo, ma forse anche uno di quei tradimenti di cui la storia della ‘Ndrangheta è piena. È sempre Fiume a raccontarlo: «Giuseppe De Stefano mi disse di non dire nulla a Reggio Calabria dell’uccisione del figlio di Cutolo autorizzata dal “consorzio”, visto che Giovanni Tegano non avrebbe gradito tale azione, per i nostri rapporti con Raffaele Cutolo, iniziati molti anni prima e rafforzati con l’omicidio di Mico Tripodo. Mi disse Giuseppe De Stefano anche che Giovanni Tegano gli aveva chiesto notizie specifiche sull’omicidio del figlio di Cutolo, e lui aveva negato ogni coinvolgimento».

Moro rapito con le armi della ‘Ndrangheta

Più di recente, nel 2015, Cutolo fece delle dichiarazioni molto pesanti. «Se parlo io, crolla lo Stato», si sfogava in cella. Poi mise a verbale alcune dichiarazioni riguardanti i rapporti fra ‘Ndrangheta e Brigate rosse, con sullo sfondo i servizi segreti. «Le armi usate dal commando terroristico per sequestrare e uccidere il presidente della Democrazia Cristiana e gli uomini della sua scorta provenivano dall’arsenale della ‘Ndrangheta in cambio di una contropartita coi terroristi. Uno scambio di cui erano al corrente anche pezzi deviati dei servizi segreti», riferì Cutolo. Ed ancora: «Quando ero nel carcere di Ascoli Piceno, seppi che, in epoca immediatamente antecedente al sequestro Moro, ci furono ripetuti contatti di membri delle Br con ambienti ndranghetisti – riferisce ancora – al fine di acquisire armi in favore dei terroristi, armi da utilizzare per l’assalto di via Fani», luogo nel quale venne rapito Moro. Parole che non hanno ancora avuto un seguito giudiziario. Ma di certo c’è che Raffaele Cutolo si porta nella tomba non pochi segreti, di Stato e non, di una larga fetta degli ultimi 30 anni del secolo scorso.

Giornalista
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