'Ndrangheta e inchieste della Dda, tremano i politici nel Vibonese

I mesi a venire potrebbero essere decisivi per assestare duri colpi alla criminalità organizzata in una delle province più calde della Calabria. A finire sotto la scure di Nicola Gratteri potrebbero esserci nomi di spicco del panorama pubblico

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di G. B.
15 settembre 2019
09:43
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Un "mangiatore" di soldi

Si prospetta un autunno decisamente “caldo” sul fronte delle inchieste antimafia in provincia di Vibo Valentia e in particolar modo per quanto riguarda la repressione dei rapporti fra mafia e politica. Diversi i “segnali” che lo lasciano intuire, oltre all’analisi attenta di alcuni dati di fatto già parzialmente emersi nelle ultime operazioni antimafia, alcune ancora non del tutto concluse ma che aspettano o la chiusura delle indagini preliminari a seguito della già avvenuta emissione di ordinanze di custodia cautelare, oppure la prosecuzione con una seconda fase.

Mafia e politica a Vibo e nel Vibonese

Impegnati a ricostruire anni di rapporti, collusioni, favori e scambio di voti fra ‘ndrangheta e politici sono investigatori che da tempo si sono calati nello studio della realtà criminale vibonese, con il coordinamento della Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri. Un lavoro impegnativo e non facile, che necessita della rilettura di atti di indagine anche datati per meglio capire e comprendere come si sia mossa la ‘ndrangheta negli anni e quali rapporti abbia stabilito con la politica nel Vibonese, anche a riscontro delle ultime dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Del resto, come riportato negli atti dell’inchiesta “Black money”, l’interesse “della cosca Mancuso ad infiltrarsi nel mondo politico risale addietro nel tempo”. Significative al riguardo sono le intercettazioni nel casolare di Limbadi in uso al defunto boss Pantaleone Mancuso, alias “Vetrinetta”, dove il boss – dialogando con una sua amica con ruoli di primo piano nel mondo dell’associazionismo vibonese – spiegava “i rapporti esistenti – scrissero i magistrati – fra la sua famiglia e diversi esponenti politici”, sottolineando che fra le amicizie coltivate da suo fratello Ciccio, ovvero Francesco Mancuso (cl. ’29) fondatore dell’omonimo clan e deceduto nel 1997, vi erano anche quelle con politici di spicco degli anni ottanta come Giacomo Mancini e Antonino Murmura. “Perché la ‘ndrangheta è politica ed i politici ci hanno usato e poi scaricato dopo aver fatto la fila con mio fratello” – spiegava Pantaleone Mancuso nelle intercettazioni.


Ingerenze sulla costa e nell’interno

Negli atti di indagine delle operazioni “Nuova Alba” contro il clan Lo Bianco di Vibo Valentia e “Rima” contro il clan Fiarè di San Gregorio d’Ippona, quanto a rapporti fra ‘ndrangheta e politica si trova poi di tutto: consiglieri comunali (anche attuali) in rapporti con il clan Lo Bianco e presenti a feste e compleanni dei figli dei mafiosi, ex consiglieri regionali e provinciali in rapporti con i Fiarè-Razionale, politici fermati in auto dalle forze dell’ordine con pluripregiudicati e intercettazioni telefoniche a dir poco imbarazzanti. Altre operazioni come “Miletos” e “Stammer” delineano anche i rapporti fra politici e mafiosi o narcotrafficanti in quel di Mileto, mentre rapporti mafia-politica in una vasta zona delle Preserre vibonesi (da Gerocarne e Sorianello, passando per Soriano, Dasà, Acquaro) sono emersi grazie all’operazione “Luce nei boschi”. Infine, le operazioni “Peter Pan” contro il clan La Rosa di Tropea e soprattutto “Costa pulita” hanno delineato strettissimi rapporti fra mafiosi e politici in diversi centri della costa vibonese, da Nicotera a Pizzo, passando per Joppolo, Ricadi, Tropea, Parghelia, Spilinga, Zambrone e Briatico.

Le nuove indagini

Ad alzare il livello di conoscenza dei rapporti fra ‘ndrangheta e politica nel Vibonese sono però tre collaboratori di giustizia di “peso”: Raffaele Moscato, Andrea Mantella e Emanuele Mancuso. Pagine e pagine di verbali sono già state riempite dai tre collaboratori con nomi e cognomi anche dei referenti politici dei rispettivi clan di appartenenza. Così Raffaele Moscato nell’inchiesta “Rimpiazzo” contro i Piscopisani – i cui verbali sono ancora in parte coperti da segreto investigativo – a cui si è aggiunto Andrea Mantella, il primo a fare il nome dell’ex consigliere regionale Pietro Giamborino e che già nell’inchiesta “Robin Hood” aveva fatto dichiarazioni non da poco pure sul consigliere regionale Nazzareno Salerno. I politici tirati in ballo dai due collaboratori di giustizia sarebbero però molti di più e già da tempo sono in tanti nel Vibonese a non dormire più sonni tranquilli. Rapporti che potrebbero compromettere diverse carriere politiche, specie se le dichiarazioni dei pentiti trovassero – come pare – riscontro in altre attività di indagine: intercettazioni ambientali e telefoniche in primis, ma non solo.

Il timore per le dichiarazioni di Emanuele Mancuso

Emanuele Mancuso è il primo componente diretto della famiglia Mancuso a collaborare con la giustizia e sul fronte dei rapporti mafia-politica: molte potrebbero essere le sue conoscenze sulle preferenze negli anni da parte del clan omonimo. Soprattutto nella zona di Nicotera e Joppolo, ma anche a Ricadi e Tropea, le dichiarazioni di Emanuele Mancuso potrebbero finire per mettere nei guai più di qualche politico. Non sono del resto neanche un mistero le pubbliche prese di posizione del “rampollo” di casa Mancuso sui social network a favore o contro determinati personaggi politici di Nicotera e Joppolo.

Studi legali presi d’assalto dai politici

Un timore crescente, quello dei politici del Vibonese per le inchieste antimafia in corso. Ecco quindi spiegato perché, da almeno un paio di mesi, diversi studi legali che si occupano di penale vengono presi letteralmente “d’assalto” da parte di esponenti politici impegnati a capire se negli atti discoverati (cioè non più coperti da segreto investigativo) delle ultime operazioni antimafia siano per caso emersi loro rapporti compromettenti e da tenere ben nascosti, telefonate imbarazzanti o magari sia stato trovato materiale elettorale in abitazioni di boss mafiosi in occasione delle diverse campagne elettorali. In altri casi le visite negli studi legali sono servite ai politici per “sondare” la possibilità di qualche querela temeraria per fermare giornalisti scomodi impegnati nel loro lavoro di inchiesta sulle collusioni mafia-politica. Tentativo anche questo (purtroppo per loro) caduto nel vuoto, specie alla luce di recenti sentenze assolutorie con formula ampia, sull’asse Vibo-Lamezia, incassate dai giornalisti ad opera di giudici terzi che hanno ribadito il più che legittimo esercizio del diritto di cronaca (con particolare riferimento al giornalismo investigativo) su fatti di indubbio interesse pubblico, specie quando riguardano esponenti della politica.

Nuovo coordinatore della Dda per l’area tirrenica

A coordinare le attività di indagine della Dda di Catanzaro per l’area tirrenica (e quindi anche per Vibo Valentia) è stato chiamato nei giorni scorsi il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla, originario di Monterosso Calabro, per anni giudice e presidente del Tribunale collegiale di Vibo Valentia e che quindi ben conosce la realtà vibonese. Il lavoro investigativo viene invece seguito sul campo dai carabinieri del Nucleo Investigativo e del Ros, dalla Squadra Mobile e dalla Guardia di Finanza, con ben tre Pm impegnati per la prima volta ad occuparsi esclusivamente del Vibonese: Antonio De Bernardo, Andrea Mancuso e Annamaria Frustaci. Dal mese di maggio, inoltre, la Prefettura di Vibo ha un nuovo prefetto nella persona del dott. Francesco Zito che ha preso il posto di Giuseppe Gualtieri. Anche l’Ufficio territoriale di Governo avrà nei prossimi mesi un compito delicato nel contrastare i rapporti fra mafia e politica, essendo ad esso demandato il controllo sulle infiltrazioni mafiose negli enti locali (Comuni, Provincia, Comunità montane e Azienda sanitaria provinciale). Una situazione complessa, dunque, per la quale si aspettano novità di rilievo capaci di assestare un duro colpo a “colletti bianchi”, mafia e politici sinora solo sfiorati dalla magistratura antimafia ma che potrebbero presto dover fornire più di qualche spiegazione agli inquirenti, a giudici terzi ed all’opinione pubblica.

Giornalista
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