‘Ndrangheta stragista, le mafie e il “peccato originale” della Lega Nord

Prosegue la requisitoria del pm Lombardo del processo che vede alla sbarra Graviano e Filippone. La nascita del partito e le dichiarazioni del pentito: «Era in realtà una costola della Dc dietro cui era celato Andreotti e forze imprenditoriali del Nord»

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di Alessia Candito
6 luglio 2020
18:09

C’è tanto di non raccontato nella nascita e nella natura della Lega Nord. «Leonardo Messina (pentito, ndr) parla il 4 febbraio 1993 e dice che Gianfranco Miccichè gli aveva spiegato “che la Lega Nord, non tanto grazie a Bossi che era un pupo, quanto per Miglio che era il vero ideologo, era in realtà una costola della Dc dietro cui era celato Andreotti e forze imprenditoriali del Nord che erano interessate alla divisione dell’Italia in più Stati».

 


A ricordarlo è stato il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, in questi giorni impegnato nella requisitoria del processo “’Ndrangheta stragista” che alla sbarra vede il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e il mammasantissima di Melicucco, Rocco Santo Filippone, considerati i mandanti degli attentati calabresi con cui la ‘Ndrangheta ha firmato la propria partecipazione alla stagione degli attentati continentali.


La parte militare di una più complessa strategia politica, portata avanti da un blocco di potere non solo mafioso e passata anche per il boom delle leghe meridionali. Una strategia poi abbandonata perché la quadra – è emerso nel corso dell’istruttoria – è stata trovata su Forza Italia e sul prodotto politico che dal ’94 ha in Silvio Berlusconi il proprio referente unico. Ma prima – sta ricostruendo il procuratore aggiunto Lombardo – sono state esplorate anche altre strade. E non solo dalle componenti mafiose che in quella stagione hanno rischiato di perdere il potere accumulato nei decenni precedenti, quando all’ombra della cortina di ferro insieme a pezzi di massoneria, di intelligence legata a Gladio, di eversione nera sono state reclutate per la guerra silenziosa all’influenza del blocco sovietico.

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Quando il muro di Berlino crolla e il vecchio sistema della democrazia bloccata viene giù, quei rapporti di forza – è emerso nel corso del dibattimento - entrano in crisi. «Ma Andreotti non si era arreso – spiega Lombardo - Aveva capito che il brand Dc era bruciato nonostante i sostegni che a quel movimento politico erano stati offerti dal Vaticano». Per questo si rende disponibile ad esplorare altre vie insieme a quel blocco di potere con cui nei decenni precedenti – e il dato emerge da innumerevoli pronunce giudiziarie – è stato in contatto. Vie che per una fase prendono la forma dei movimenti separatisti.

 

«L’ipotesi a Gelli piace, Miglio per Andreotti è un uomo con cui possiamo parlare, ci sediamo di fronte ad un camino spento per capire che ruolo potesse avere la lega Nord» ricorda il procuratore, citando anche dichiarazioni che i diretti protagonisti hanno rilasciato ai giornali dell’epoca.

 

Analoghe riunioni, ricorda, avvenivano esattamente nello stesso periodo fra le componenti mafiose. «Messina – sottolinea il procuratore -  dice che nell’agosto del 91 il Miccichè mi disse che nella provincia di Enna erano riuniti Riina, Madonia, Santapaola e Provenzano. Si trattennero nella zona di Enna non continuativamente fino al febbraio ’92, dopo l’esisto del maxiprocesso. Obiettivo: discutere di un progetto politico che puntava alla creazione in Sicilia di uno stato indipendente; il progetto era stato costituito dalla massoneria. Voglio specificare – dice Messina – che cosa nostra, ndrangheta e massoneria facevano parte di un sistema criminale integrato». Ed anche in Calabria ci si stava muovendo. Anzi, ci si stava muovendo anche prima della Sicilia. «Calabria libera nasce il 19 settembre del ’91».

 

E che le due cose fossero in parallelo lo ha confermato lo stesso Miglio in un’intervista dell’epoca. L’ideologo della Lega, riassume Lombardo, al Giornale nel 1999 «conferma di aver parlato di questi argomenti con Andreotti e di non aver avuto la nomina di senatore a vita per opposizione di Cossiga, che una parte per sé la voleva avere». In quella chiacchierata finita sulla stampa, Miglio affermava «“io sono per il mantenimento anche della mafia e della ‘ndrangheta”» spiega Lombardo che fa notare «O le elenchi tutte o dici genericamente mafie. Questo significa che i riferimenti erano specifici e non generici». E il prosieguo di quell’intervista non fa che confermarlo. «Cos’è la mafia? Potere personale – pontificava Miglio - spinto fino al delitto. Bisogna costituzionalizzare certe manifestazioni del potere al sud».  

 

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Giornalista
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