«Non è una moschea. Sapevamo che le targhe sarebbero state rimosse, è stato fatto di comune accordo con il rettore e ben prima dell’interrogazione parlamentare, perché oltre all’impropria denominazione anche la scritta in arabo era errata. La Lega ha raccontato una bugia ai suoi seguaci politici dicendo che la moschea è stata smantellata ma non è assolutamente vero». A dirlo è Antonio Carioti, presidente dell’associazione “Dar Assalam”, promotrice della nascita dell’area di culto musulmana all’interno dell’università di Catanzaro, da giorni finita nel mirino della Lega.

Le prime prese di posizione sono arrivate nel giorno dell’inaugurazione del luogo di culto. Il deputato leghista Rossano Sasso l’aveva definita «un pericoloso passo verso l’islamizzazione della nostra società». Seguite poi da una interrogazione parlamentare alla ministra dell’Università Anna Maria Bernini e, infine, dal post social in cui si annunciava lo “smantellamento” della moschea.

Nato e cresciuto a Catanzaro, Antonio Carioti dodici anni fa si è convertito all’Islam e oggi presiede l’associazione “Dar Assalam”, «già presente sul territorio – spiega – e che collabora con la Chiesa, con la Digos, sezione antiterrorismo, e con il terzo settore. L’area di preghiera nasce come servizio alla comunità e chiaramente non può essere definita moschea».

Da giorni assiste in silenzio («non siamo intervenuti, abbiamo lasciato correre» spiega) al polverone mediatico sollevato dalla Lega, dopo l’inaugurazione degli spazi di culto nel campus universitario. Contattato da LaC News24 prova a fare chiarezza: «Si fa confusione, a volte si parla della laicità dei luoghi pubblici dimenticando che lì già esiste una cappella. Secondo la Lega, quindi, anche quella non avrebbe dovuto esserci perché luogo laico» evidenzia.

E rincara: «In realtà sarebbe stato giusto istituire una struttura con la presenza di un Imam, com’è presente don Roberto nella cappella universitaria, direttamente seguita dall’Arcidiocesi. A noi non è permesso. Invece, rappresenterebbe una garanzia di etica religiosa proprio per evitare il rischio di islamizzazione, al contrario di quanto pensa la politica – ignorante in questa materia – che la vede come un pericolo. Non consentiamo che ci sia un Imam e quindi lasciamo a chiunque di poter fare quello che vuole».

Antonio Carioti le polemiche all’indomani del taglio del nastro se le aspettava, dice. «Sì, ci aspettavamo che qualcuno avrebbe alimentato la polemica. Chiaramente è arrivata dalla Lega che una volta se la prendeva con i meridionali, adesso va contro i musulmani. Ma lo fanno per ottenere consensi e puntano sull’ignoranza delle persone».

Ma è una polemica che non lo preoccupa: «Anzi, può essere una opportunità – dice -. Possiamo dimostrare che la politica sbaglia nel definire questa religione. L’Islam è una religione di pace, praticata da due miliardi di persone che chiaramente non credono in una fede volta al male. La fede in Dio ci ispira e ci sostiene, la politica è lontana da questa visione. Sapevamo benissimo che le targhe sarebbero state rimosse e nonostante tutto hanno continuano a dire che l’area di culto fosse stata smantellata. Quindi sono bugiardi nei confronti di chi li vota e li sostiene».

«L’islam è una religione di pace. Poi è vero ci sono frange estremiste che uccidono in nome di Dio ma sono associazioni criminali pari alla ‘ndrangheta che sfruttano il nome di Dio. L’islam non è un pericolo, rispetta le altre religioni. Non abbiamo chiesto di togliere qualcosa, la cappella, ma abbiamo aggiunto, aggiungere significa arricchire non togliere a qualcuno».