’Ndrangheta

Omicidio Bruzzese, l’inchiesta svela il piano dell’agguato del 2018 a Pesaro: pedinato per giorni

Una vendetta consumata dopo 18 anni e studiata nei minimi particolari con i tre presunti killer del clan Crea impegnati in lunghi sopralluoghi. Ecco cosa accadde

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di Francesco Altomonte
12 ottobre 2021
13:26
La scena del delitto a Pesaro
La scena del delitto a Pesaro

Viaggi per studiare chi colpire, individuazione della vittima, perlustrazioni continue per capire come agire. Sono tanti i particolari emersi dalle carte di inchiesta che riguardano l’omicidio di Marcello Bruzzese, fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Biagio, ucciso a Pesaro la sera di Natale del 2018.

Dopo tre anni, il 4 ottobre scorso, sono finiti in carcere per quell’omicidio Rocco Versace, Michelangelo Tripodi e Francesco Candiloro, alla fine di una complicata indagine eseguita dai carabinieri e coordinata dalle procure di Reggio Calabria e Ancona.


Gli inquirenti, grazie a un lavoro certosino, sono riusciti a ricostruire i movimenti dei tre presunti assassini, individuare le armi che avrebbero usato per uccidere Bruzzese, (due pistole semiautomatiche) le schede telefoniche (olandesi) utilizzate per comunicare tra di loro; e ancora: le automobili con targhe clonate impiegate per muoversi fino a Pesaro e, infine, i documenti falsi utilizzati per passare inosservati.

Omididio Bruzzese: il ruolo degli indagati

Per gli inquirenti, e per il gip che ha convalidato il fermo emesso dalla procura di Reggio, sono chiari i ruoli che i tre indagati hanno avuto nell’omicidio: Rocco Versace avrebbe partecipato alla pianificazione del delitto agendo, inoltre, con funzioni di raccordo dei presunti esecutori materiali, Francesco Candiloro e Michelangelo Tripodi.

Per i magistrati e gli investigatori i tre sono affiliati alla cosca Crea di Rizziconi e dal piccolo centro della Piana di Gioia Tauro sarebbe partito l’ordine di ammazzare Marcello Bruzzese.

Omididio Bruzzese, l'individuazione dell'obiettivo

La pianificazione dell’omicidio sarebbe partita 8 mesi prima. Seguendo le tracce lasciate da fine marzo 2018 dai tre indagati, la prima parte del piano sarebbe stata dedicata all’individuazione del bersaglio da colpire. Marcello Bruzzese, infatti, non sarebbe stato il primo obiettivo individuato.

Secondo quanto emerge dalle carte, tra il 22 e il 26 marzo 2018 Rocco Versace e Michelangelo Tripodi, avrebbero utilizzato un documento intestato a un uomo, G. G. P., per registrarsi in una struttura alberghiera a Ivrea, in provincia di Torino. Nel centro piemontese risiedeva il nucleo familiare di Francesco Bruzzese, uno dei fratelli di Marcello e Girolamo.

Prima della partenza da Ivrea, Michelangelo Tripodi, il 18 e il 19 marzo 2018, avrebbe tentato di contattare telefonicamente l’utenza intestata a Francesco Bruzzese inviando numerosi sms.

Terminati i sopralluoghi nell’area di Ivrea, Rocco Versace e Michelangelo Tripodi, nella mattinata del 28 marzo 2018, si sarebbero diretti verso Campobasso e poi a Termoli dove risiedeva il nucleo familiare di Liliana Bruzzese (sorella della vittima) dove si trattenevano fino al giorno seguente.

Omididio Bruzzese, i primi sopralluoghi

I due avrebbero effettuato dei sopralluoghi preliminari a novembre 2018 dell’abitazione di Marcello Bruzzese e Pesaro; Tripodi e Versace, partendo dalla Calabria e sostando tra le province di Roma, Viterbo Terni e Rieti, giungevano nella notte tra il 19 e il 20 novembre 2018 a Cesena, dove si registravano in una struttura alberghiera utilizzando i documenti falsi di cui erano in possesso.

Nella mattinata del 20 avrebbero effettuato i primi sopralluoghi a Pesaro per poi spostarsi a Pelago, in provincia di Firenze. Il giorno dopo, i due rizziconesi si sarebbero separati: Versace sarebbe tornato in Calabria, mentre Tripodi continuava a studiare la situazione a Pesaro, pernottando i diversi hotel, forse per dissimulare la sua presenza in città.

L’obiettivo, si deduce dai movimenti dei tre indagati, era stato scelto e le successive mosse compiute nei mesi successi avrebbero confermato che la scelta era ricaduta su Marcello Bruzzese. La pianificazione dell’omicidio, a quel punto, subiva un’accelerata.

I tre, secondo quanto accertato dagli inquirenti, avrebbero effettuato nei mesi successivi ulteriori viaggi di raccordo con persone che allo stato rimangono senza nome, tra le province di Roma, Terni, Viterbo e Rieti.

Omididio Bruzzese, la fase operativa

Versace, Tripodi e Candiloro si ritrovavano nella medesima area del centro Italia il 2 dicembre 2018: i primi due provenivano dalla Calabria, mentre il terzo indagato da Brescia. Dopo alcune ore si separavano per tornare nelle rispettive località di provenienza.
A partire del 21 dicembre i tre passavano alla fase operativa dell’omicidio di Marcello Bruzzese, il quale il 22 dicembre partito dalla Corsica rientrava a Pesaro.

L’individuazione delle auto usate per arrivare a Pesaro, una Fiat 500 e una Fiat Panda, hanno permesso agli investigatori di seguire il percorso che avrebbe portato Tripodi e Candiloro fino alle Marche. Secondo quanto emerge dall’inchiesta, i due avrebbero usato come base operativa Rimini, da dove si spostavano tutti i giorni per raggiungere Pesaro ed effettuare gli ultimi sopralluoghi, compiuti il 22, 23 e 24 dicembre. Alcune telecamere installate nella zona avrebbero ripreso i due mentre giravano a piedi o in bicicletta per il centro cittadino.

Il giorno dell'omicidio di Marcello Bruzzese

Si arriva al 25 dicembre, il giorno scelto per l’omicidio. Sono le 18.35 quando i due sicari arrivati dalla Calabria agiscono a volto coperto. I killer attesero che la vittima entrasse nel garage sotto casa e lo freddarono usando le due pistole automatiche: la scientifica trovò a terra una trentina di bossoli calibro 9, la metà dei quali andarono a segno.

Bruzzese non ebbe tempo nemmeno di rendersi conto di quanto stava succedendo, evidentemente non si aspettava di essere nuovamente oggetto della vendetta della ‘ndrangheta, dopo che nel luglio del 1995, a Cittanova (Reggio Calabria), allora 28enne rimase gravemente ferito allo stomaco in un agguato che costò la vita al padre Domenico, braccio destro di Teodoro Crea, il potentissimo boss di Rizziconi, e al marito di una sorella, Antonio Madaferri.

Omicidio Bruzzese, la vendetta dopo 18 anni

Una vendetta, secondo gli inquirenti, portata a termine dopo 18 anni come ritorsione nei confronti di Girolamo Biagio Bruzzese, fratello di Marcello. L’ex ‘ndranghestista nel 2003 sparò un colpo in testa proprio a Teodoro Crea. Credendolo morto, si consegnò alla polizia, ma il boss riuscì a salvarsi e a Girolamo non restò altro che diventare collaboratore di giustizia per farsi proteggere.

Per gli inquirenti, dunque, l’omicidio di Pesaro fu una vendetta trasversale, nell’interesse della cosca Crea, della quale Girolamo Biagio Bruzzese svelò interessi e intrecci. In tre anni d'inchiesta, infatti, non sarebbero emerse relazioni tra i killer e Marcello Bruzzese, che nel 2008 già abitò per un breve periodo a Pesaro, per poi trasferirsi in Francia.

Nella cittadina marchigiana tornò nel 2015, insieme alla moglie e ai due figli. Non aveva cambiato nome, tanto da stamparlo anche sul citofono di casa e renderlo facilmente rintracciabile. e se questo non fosse stato già abbastanza, Marcello Bruzzese era anche un «abitudinario», come affermato dalla moglie dopo il delitto.

Omicidio Bruzzese, l'agguato

«È palese – si legge nella convalida del fermo – come i killer, oltre a avere studiato la logistica dei luoghi, mediante sopralluoghi, abbiano avuto contezza delle abitudini di Marcello Bruzzese che, come ha riferito la moglie, collocava sempre alla stessa ora l’autovettura nel garage, e abbiano individuato il momento in cui Bruzzese parcheggiava a marcia indietro l’auto nel ricovero, come quello più propizio per l’omicidio».

Il 25 dicembre, appena giunti a Pesaro, i killer attesero Marcello Bruzzese nei pressi della sua casa. «Intorno alle 18.30 – sostengono gli investigatori – Marcello Bruzzese esce dalla propria abitazione per spostare, come al solito, la sia autovettura da piazza Lugli al garage, ubicato a fianco della propria abitazione, e viene ripreso dalle locali telecamere di sorveglianza».

Tripodi e Candiloro, secondo la ricostruzione, «attendono che la vittima entri nel garage, prima di avvicinarsi ed esplodere contro Bruzzese 20 colpi di due pistole differenti». Una pioggia di piombo che non gli ha lasciato scampo.

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