Operazione Eureka

La finta lettera di pentimento e i 100 kg di coca per i clan durante il Covid: la vita pericolosa del broker Pasquino

Il trafficante torinese legato alla 'ndrangheta fu arrestato nel 2021 in Brasile insieme al "collega" Rocco Morabito Tamunga. Nei mesi della pandemia però riuscì a fare arrivare a Gioia Tauro un grosso carico di cocaina destinato alle cosche di San Luca

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di Vincenzo Imperitura
3 maggio 2023
21:15
Da sinistra Pasquino e Morabito
Da sinistra Pasquino e Morabito

San Paolo, in Brasile e San Luca, nella Locride; e in mezzo la Germania, l’Uruguay, l’Australia e i porti di mezzo pianeta: nella quotidianità globalizzata del narcotraffico internazionale, non ci sono confini. E a niente valgono le disposizioni e i blocchi legati alla pandemia Covid. Il mercato della cocaina sull’asse Sud America-Europa non si ferma mai, nemmeno davanti a catastrofi planetarie, arresti, sequestri e finti pentimenti in favore di telecamera. Sono i particolari che emergono dalla maxi operazione Eureka portata a termine questa mattina dai carabinieri con il coordinamento della procura antimafia di Reggio Calabria.

Un copione che si ripropone ogni volta uguale a sé stesso e che, anche nell’operazione Eureka della distrettuale antimafia di Reggio Calabria, vede il porto di Gioia Tauro come terminal privilegiato delle cosche reggine. Un copione che vede tra i suoi interpreti alcune tra le famiglie più influenti del mandamento jonico – i Nirta “versu”, i Mammoliti “Fischiante”, gli Strangio “Fracascia” – capaci di tessere rapporti continui con i fornitori in sud America grazie ad una serie di veri e propri broker internazionali della cocaina che alle stesse famiglie fanno capo.


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Tra loro, anche quel Vincenzo Pasquino che, fino al momento del suo arresto nel maggio del 2021 in Brasile, condivideva la latitanza con una delle primule rosse del narcotraffico internazionale, l’africese Rocco Morabito. Ed è proprio Pasquino, ipotizzano gli inquirenti, uno degli intermediari che da San Paolo curano la logistica per le famiglie calabresi finite nella rete tesa dagli inquirenti. In ballo c’è un carico che verrà nascosto dall’organizzazione del broker in un container in partenza dal Brasile e recuperato a Gioia Tauro grazie alla fitta rete di collaboratori infedeli che prestano il fianco alle richieste del crimine organizzato.

Un affare che si sarebbe reso necessario anche come “riparazione” per un carico precedente andato perduto e che rischia di incrinare i rapporti tra le parti: «Compà devo morire io e la famiglia mia – scrive sulla chat criptata Pasquino al suo acquirente in Calabria –  i miei nipoti che sono appena nati, che se non l’ho mandata io sono un infame». Sono 100 i chili da contrabbandare in Italia: una parte ancora da definire per le cosche di San Luca, e una parte da piazzare in Europa in conto vendita per “Cetto”, il narcos «che assomiglia a Cetto più pilu pe tutti» italiano ancora non identificato che vive e opera in Sud America. «Io ciò Equador e Brasile compà – scrive Pasquino ad Antonio Giampaolo, referente del gruppo di San Luca incaricato di curare l’acquisto della partita – qui mi sono sistemato, ho trovato persone serie che mi hanno preso a cuore. Trovami uno forte che ha un impresa di zucchero, se hai l’impresa la facciamo, che è uguale alla bianca compà, la mando tutta in polvere».

La lettera di pentimento

Durante la preparazione dell’affare però, una lettera inviata al difensore di Pasquino e pubblicata sui giornali aveva rischiato di mandare tutto all’aria e di provocare conseguenze gravi per il latitante. Nella lettera, Pasquino – latitante in seguito all’indagine “Cerbero” sugli interessi della ‘ndrangheta nel Torinese e già scampato nel 2019 ad un blitz delle forze dell’ordine brasiliane – si limitava a piccole ammissioni sui traffici di cui era accusato: ammissioni che per la controparte calabrese potevano nascondere un proposito di pentimento. «Ma hai visto che articolo gira – si legge nelle chat in Calabria dove rimbalza l’articolo del Corriere della Sera – se lo prendono ho paura che vomita tutto, però deve responsabilizzare i parenti di questo che se canta sono responsabili anche loro e se è per questo, parliamo chiaro se lo vede qualcuno lo stira la sotto perché farmi 20 anni per un cretino del genere è stricante». Passerà un mese prima che Pasquino possa chiarire la situazione bollandola come un’iniziativa dei suoi parenti che lui non aveva condiviso.

Il viaggio in pandemia

Rientrati i timori di un pentimento del broker, le famiglie di San Luca sono pronte per mandare un loro inviato direttamente in Brasile e rifinire i dettagli dell’affare. È Sebastiano Giampaolo l’incaricato del viaggio ma, siamo nel febbraio del 2021, i blocchi dettati dalla pandemia impediscono il viaggio intercontinentale, che viene rimandato di poche settimane. Giampaolo riuscirà a partire solo il 19 maggio, due giorni prima del blitz con cui la polizia federale brasiliana porrà fine alla latitanza di Pasquino, arrestato nella cittadina di Joao Pessoa mentre divideva la latitanza con Rocco “u Tumunga” Morabito, da sempre considerato come uno dei broker più influenti del narco traffico mondiale. 

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