Genesi

Chiesti 7 anni per l’ex consigliere regionale Tursi Prato: per la Procura di Salerno avrebbe corrotto il giudice Petrini

Verso la conclusione il processo Genesi, dove sono imputati il politico cosentino, Vincenzo Arcuri e Luigi Falsetta (per i quali è stata invocata la stessa pena). Il caso del politico cosentino si intreccia con la vicenda di Bruno Contrada: ecco perché

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di Antonio Alizzi
24 aprile 2024
16:16

Si concluderà entro l'estate 2024 il processo Genesi, rito ordinario, contro gli imputati Pino Tursi Prato, ex consigliere regionale calabrese, Vincenzo Arcuri e Luigi Falsetta. Parliamo del capitolo processuale "secondario" rispetto al rito abbreviato in cui erano imputati l'ex giudice Marco Petrini e il medico in pensione dell'Asp di Cosenza Emilio Mario Santoro. La vicenda che riguarda Tursi Prato è nota.

Le accuse contro Pino Tursi Prato

Secondo la procura di Salerno, il politico cosentino avrebbe cercato di corrompere Petrini per ottenere una sentenza favorevole circa il reato di concorso esterno in associazione mafiosa che il precedente relativo a Bruno Contrada, ex agente dei servizi segreti italiani, aveva messo in discussione. Il compito di Petrini quindi sarebbe stato quello di "pilotare" l'orientamento giurisprudenziale della Corte d'Appello di Catanzaro.


In realtà, per come emerge dalle carte dell'inchiesta, Petrini avrebbe millantato che questo potesse dipendere da una sua decisione, visto che l'ordinanza interlocutoria sul caso di Tursi Prato era sulla scrivania della magistrata Gabriella Reillo, alla quale Petrini non disse nulla di penalmente rilevante se non quello di confrontarsi sul caso Contrada, in attesa che le Sezioni Unite della Cassazione si esprimessero sulla questione. Per l'accusa si è trattata comunque di una corruzione in atti giudiziari, tanto da chiedere la condanna di Tursi Prato a sette anni di reclusione.

Già esclusa l'aggravante dell'agevolazione mafiosa

Riguardo alla posizione dell'imputato Pino Tursi Prato va ricordato che in sede cautelare il Riesame di Salerno aveva escluso l'aggravante dell'agevolazione mafiosa «dal momento che detta aggravante - scrive il giudice Elisabetta Boccassini - come chiarito dalla Corte di Cassazione e qui condiviso, ha natura soggettiva e richiede la sussistenza del dolo specifico di agevolare l’organizzazione criminale di riferimento, finalità che non presuppone necessariamente l’intento del consolidamento o rafforzamento del sodalizio criminoso, essendo sufficiente l’agevolazione di qualsiasi attività esterna all’associazione, anche se non coinvolgente la conversazione ed il perseguimento delle finalità utile tipizzate dall’art. 416 bis c. p.».

Secondo il Riesame dell'epoca, dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Crotone «emerge chiaramente che ciascun protagonista della vicenda agiva per un fine personale, quale quello di ottenere provvedimenti a sé favorevoli, pur nella consapevolezza di partecipare ed avvantaggiare, nel contempo, anche gli interessi dei correi portatori a loro volta di interessi personali, caratteristiche queste, riscontrabili anche in capo a Francesco Saraco, il quale agiva nell’interesse personale del genitore, Antonio Saraco, o in capo ai Gallelli, che peroravano la causa del figlio».

Un passo indietro: la vicenda di Tursi Prato

Dicevamo del tema giurisprudenziale che stava a cuore a Pino Tursi Prato. L'ex consigliere regionale, qualora avessero annullato la condanna per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, condotta non presente all'epoca dei fatti contestati nel panorama giuridico italiano, avrebbe potuto richiedere il vitalizio. Ma per arrivare a ciò cos'è successo? Vediamo.

L'ordinanza interlocutoria

Mentre Petrini riceveva regali attraverso il mediatore Santoro, la Corte d’Appello di Catanzaro il 22 maggio del 2019 terminava di scrivere l’ordinanza interlocutoria rispetto all’istanza avanzata dall’avvocato Stefano Giordano del foro di Palermo, che riteneva estensibile la sentenza favorevole a Bruno Contrada anche ad altri casi.

Nel merito, la Corte d’Appello di Catanzaro evidenziava che la questione dibattuta era la configurabilità del concorso esterno in associazione mafiosa, ritenuta ammissibile solo a seguito della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 5 ottobre 1994, quando l’imputato era Giuseppe Demitry, ex segretario provinciale del Partito socialista italiano ed ex sottosegretario nei Governi De MitaGoria e Andreotti

Il caso Contrada

Il 14 aprile del 2015, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo aveva condannato l’Italia ad indennizzare Bruno Contrada, ex agente dei servizi segreti, a suo tempo condannato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa in relazione ai fatti commessi tra il 1979 e il 1988, ritenendo appunto che la norma, intesa come precetto penale in senso ampio, «potesse considerarsi esistente e operante, essendo imperniata su una base legale “sufficientemente chiara”, soltanto a seguito della sentenza Demitry delle Sezioni Unite, con la quale, per la prima volta, la Corte di Cassazione» riconosceva il reato di concorso esterno in associazione mafiosa all’interno dell’ordinamento giuridico nazionale, così istituendo che, al momento dei fatti contestati a Bruno Contrada, il reato «“non era sufficientemente chiaro e prevedibile per quest’ultimo”». 

Bruno Contrada qualche anno fa ha ottenuto un risarcimento per ingiusta detenzione, ma i giudici della Corte d'Appello di Palermo hanno chiarito che «i fatti contestati al Contrada non erano affatto “privi di rilevanza penale” dovendo soltanto essere diversamente qualificati (…) e tuttavia, come diversamente qualificati al momento della sentenza definitiva del 2007, erano estinti per intervenuta prescrizione».

Verso la sentenza

La procura di Salerno, nel corso della requisitoria, ha ritenuto di aver provato la responsabilità penale di Pino Tursi Prato rispetto al capo d'imputazione. Petrini avrebbe promesso di impegnarsi per condizionare l'esito e ciò avrebbe portato a commettere il reato addebitato sia al magistrato originario di Foligno che all'ex consigliere regionale cosentino. Il pm ha chiesto sette anni di carcere anche per Vincenzo Arcuri e Luigi Falsetta, accusati a vario titolo di corruzione in atti giudiziari. A maggio scenderanno in campo le difese. Sono attese le discussioni difensive degli avvocati Marco Vignolini, Fabio Pellegrino, Cataldo Intrieri, Franz Caruso e Michele Filippelli.

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