Pino Munno, ex assessore del Comune di Rende, è rimasto tre anni in silenzio dopo il suo coinvolgimento nell'operazione Reset, culminata con una sentenza d’assoluzione piena per insussistenza del fatto. Una vicenda giudiziaria che lo ha segnato profondamente, non solo sul piano politico, ma soprattutto umano e familiare.

Arrestato il primo settembre 2022, Munno ha vissuto tre anni di processo con il rito ordinario. Era accusato in concorso di voto di scambio politico-mafioso ma al termine del dibattimento è emersa l’inconsistenza delle prove: testimonianze accusatorie fragili, intercettazioni interpretate in modo lecito e dichiarazioni smentite in aula. «Mai servito l’’ndrangheta, ho servito solo i cittadini di Rende», sottolinea Munno con fermezza.

Durante l'intervista, racconta con emozione la paura vissuta all'alba dell'arresto, il dolore dei suoi familiari e la difficoltà di condurre una vita normale nei mesi successivi. «Ho anche pensato al suicidio», confessa con onestà, «ma mia figlia è arrivata in tempo e ho capito che dovevo reagire».

Intervista all'ex assessore di Rende Pino Munno, assolto nel processo Reset: tre anni di silenzio, sofferenza familiare e la volontà di tornare alla normalità.

Munno esprime parole di gratitudine nei confronti del suo legale, Gianluca Garritano, che lo ha difeso con competenza e umanità. «Ha dimostrato la mia totale estraneità ai fatti», ribadisce.

Sul piano politico, l'ex assessore della Giunta Manna non nasconde l'amarezza per lo scioglimento del Comune di Rende per presunte infiltrazioni mafiose: «Una ferita che resterà nella storia della città».

Sul futuro di Rende, Munno auspica un ritorno alla concretezza amministrativa e lancia una stoccata all'attuale amministrazione, in particolare a uno degli assessori: «I selfie sulle buche non servono. La politica è servizio, non esibizionismo». Conclude con un appello: «Ho sempre agito con correttezza. Rende merita serietà, non propaganda».