Sette anni fa un’onda anomala di tre metri ha invaso le gole e trascinato nell’angoscia un’intera comunità. Da allora il paese è un gioiello ferito con un turismo da ricostruire. Ma prova a resistere e a imparare da quella catastrofe
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È il 19 agosto 2018, una domenica d’estate nel cuore del Pollino. A Civita, piccolo paese arbëresh con meno di 900 abitanti, l’aria vibra di vita. Le Gole del Raganello, spettacolare canyon scavato dal torrente omonimo, attirano migliaia di turisti ogni anno. Escursionisti, appassionati di canyoning e curiosi si avventurano tra le sue pareti rocciose, sotto il sole che scalda il Ponte del Diavolo, antico arco che sovrasta il torrente. Ma un’allerta meteo gialla per possibili piogge intense aleggia nell’aria. Nessuno, però, sembra darle peso.
A Civita, famiglie e ragazzi affollano il paese. Le gole sono un richiamo irresistibile. Le guide minimizzano: “Solo qualche pioggia estiva”. I sindaci di Civita, San Lorenzo Bellizzi e Cerchiara di Calabria non impongono restrizioni, nonostante il regolamento “Gole Sicure” preveda controlli e guide obbligatorie, mai applicati. Intanto, a monte, sulle cime del Pollino, il cielo si prepara a cambiare.
La tragedia del 20 agosto
All’alba del 20 agosto, il cielo sopra Civita è ancora sereno, ma sulle montagne la pioggia cade violenta. Una diga naturale di tronchi, massi e detriti si forma a monte del Raganello, una bomba a orologeria pronta a esplodere. Poco dopo mezzogiorno, cede. Un’onda anomala alta tre metri si abbatte sulle gole, travolgendo ogni cosa.
Un soccorritore del Soccorso Alpino ricorda: “L’acqua era marrone, alta due metri, urlava più forte delle persone”. Tra le vittime, Antonio Santapaola e Carmen Tammaro, genitori della piccola Chiara, 9 anni, sopravvissuta per miracolo. Myriam Mezzolla e Claudia Giampietro, amiche inseparabili. Paola Romagnoli, immunologa bergamasca. Gianfranco Fumarola, agente di polizia penitenziaria. Carlo Maurici e Valentina Venditti, giovani innamorati. Imma Marrazzo, avvocatessa. E Antonio De Rasis, guida 32enne che, prima di essere travolto per sempre, salva diverse vite.
I soccorsi si attivano subito, ma le condizioni sono estreme. Vigili del Fuoco, Soccorso Alpino e volontari lavorano fino a notte fonda. Ventitré persone vengono tratte in salvo, undici ferite. La palestra di Civita si trasforma in una camera mortuaria, con dieci bare allineate. Il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa arriva sul posto, mentre la stampa nazionale assedia il borgo.
Il giorno dopo: silenzio e rabbia
Il 21 agosto, Civita si sveglia in un silenzio surreale. Le gole sono sotto sequestro, i turisti scomparsi. La Procura di Castrovillari apre un’inchiesta per omicidio colposo, lesioni colpose e omissione d’atti d’ufficio, indagando sette persone, inclusi i sindaci dei comuni vicini.
Un abitante ricorda: “Il paese era fermo, il tempo sembrava bloccato. Piangevamo tutti, ma c’era anche rabbia: perché nessuno ha chiuso le gole? Perché l’allerta è stata ignorata?”. Il sindaco di Civita si difende: “Come poteva il nostro piccolo comune gestire tutto questo?”. Ma le polemiche crescono: il sistema di accesso alle gole era incontrollato, con turisti spesso impreparati e guide non sempre autorizzate. Un “disastro annunciato”, dicono in molti.
Civita, un gioiello ferito
Civita, Çifti in arbëresh, è un paese fondato nel XV secolo da profughi albanesi, un gioiello del Pollino con i suoi “comignoli parlanti” e vicoli stretti. Prima del 2018, le Gole del Raganello erano il cuore del turismo locale. Dopo la tragedia, però, tutto è cambiato. Il sequestro delle gole ha devastato l’economia del paese. “Le gole erano la nostra ricchezza, ma anche la nostra sfida”, racconta un residente. “Il turismo è crollato, ci sentiamo abbandonati. Ma Civita è più forte del dolore”.
Sette anni dopo: il ricordo e la lezione
Oggi, 19 agosto 2025, Civita commemora le dieci vittime con una messa solenne, un rito che si ripete ogni anno. I familiari delle vittime tornano davanti alle montagne del Pollino, portando con sé un dolore che non si spegne. Chiedono giustizia e sicurezza, perché tragedie simili non si ripetano.
La furia del Raganello è un monito: la natura è imprevedibile e potente. L’allerta meteo ignorata, la mancanza di regolamentazione e il turismo incontrollato hanno trasformato un giorno d’estate in una catastrofe. Sette anni dopo, Civita guarda al futuro con il peso di un passato incancellabile, chiedendo misure concrete – come radar e pluviometri – per riaprire le gole in sicurezza. La lezione del Raganello è chiara: il rispetto per la natura e la prevenzione sono l’unica via per evitare che il passato si ripeta.
*Documentarista