Il dibattito

Riforma della giustizia e intercettazioni, Laganà (Csm): «Non serve modificare la nostra Costituzione, basta attuarla»

A Reggio Calabria l'incontro organizzato dall'associazione di magistrati UniCost: emersa la necessità di continuare la strada del confronto con il Governo prima di attuare modifiche significative al settore

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di Elisa Barresi
28 settembre 2024
09:38

«Il tema delle intercettazioni e della pubblicazione delle intercettazioni dell’utilizzazione è un tema fondamentale. Noi riteniamo che il pubblico e i cittadini hanno comunque il diritto e un interesse ad essere informati. Ed è importante che queste informazioni siano obiettive. Allo stesso tempo chiaramente occorre tutelare la riservatezza dei terzi che sono estranei, anche lo stesso imputato che fino a sentenza definitiva è innocente. C’è questa esigenza di contemperare degli interessi opposti». Rossella Marro presidente nazionale di Unicost ha sintetizzato quello che è stato il tema al centro di un dibattito molto attuale.  

"Le intercettazioni telefoniche, le valutazioni di professionalità, le riforme costituzionali: approdi e prospettive”, organizzato dall’associazione di magistrati Unità per la Costituzione – UniCost (Direzione Nazionale e Segreteria distrettuale di Reggio Calabria), in collaborazione con il Centro Studi “Nino Abbate” e la Rivista “Diritto, Giustizia e Costituzione.


«Crediamo che al di là di qualunque decisione si prenderà nulla può passare senza un preventivo contraddittorio tra le parti - ha detto Antonino Laganà, consigliere del Consiglio superiore della Magistratura componente. Più che modificare la nostra Costituzione sul piano giudiziario direi che lo sforzo che in primo luogo la magistratura e tutte le parti del Consiglio Superiore dovrebbero fare è quello di attuare perché non c’è alcuna necessità di modificare una Costituzione che attribuisce e mette sotto l’alveo della giurisdizione tanto il pubblico ministero, che non deve essere un accusatore ma deve essere tanto una persona che ricerca le prove a carico quanto a discarico, e lo stesso giudice che deve decidere non prima di aver ascoltato entrambe le parti. Da questo punto di vista non c’è nulla da cambiare. Ci sarebbe semmai da attuare un principio e dei disposti costituzionali che ci invidiano nel mondo».

Riforme che non sono esenti da ricadute e rischi per i cittadini. Qual è la tutela del cittadino? «Non è un problema da parte della magistratura di conservare le sue prerogative che non sono prerogative ma sono servizio. Ma noi veramente pensiamo che se si stacca il pubblico ministero dalla giurisdizione, e quindi dal confronto, il giudice dà più garanzie al cittadino? Oggi il pubblico ministero sentendosi parte della magistratura sa bene che è soggetto in primo luogo, lui ha tutti i doveri al rispetto della norma. Cosa sarà domani quel pubblico ministero? Il pubblico ministero non è non deve essere un super poliziotto. Un super procuratore».

«Il pubblico ministero deve essere una persona che sentendosi parte dell’alveo Costituzionale dica “se non ho le prove devo chiedere l’assoluzione. Se ho le prove se ritengo di averle acquisite in conformità a legge e a costituzione allora ho il dovere di andare dinanzi a un giudice”. Questo però il pubblico ministero lo può fare oggi perché si sente parte e che sarà giudicato da un unico consiglio di cui mi onoro di fare parte in cui vi sono pubblici ministeri maggioranza di giudici, avvocati e professori universitari. E allora vi dico vedete la Costituzione non va verso la separazione. La Costituzione va verso la sintesi delle contrapposte idee perché solo la sintesi, solo dal confronto che emerge la bontà e la giustezza di una decisione. Se noi separiamo allontaniamo. Il rischio che temo che al fronte di quanto si possa pensare ci sarà il pericolo di meno tutele dei cittadini perché un Pubblico Ministero che non si sente più dentro si sente solo e soltanto parte accusatoria. Bisogna essere prudenti».

Giornalista
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