Rinascita Scott, Emanuele Mancuso: «Gli scontri familiari nel clan risolti con un pranzo»

In aula il giovane collaboratore di giustizia, figlio del boss di Nicotera Pantaleone, racconta degli scontri all'interno della nota cosca di 'ndrangheta e della riappacificazione avvenuta in alcune mangiate a Limbadi   

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di Giuseppe Baglivo
31 marzo 2021
17:00
Nel riquadro il pentito Manuele Mancuso
Nel riquadro il pentito Manuele Mancuso

Esordio del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso nel maxiprocesso Rinascita Scott. Una delle deposizioni più attese che non ha deluso le aspettative. Emanuele Mancuso si è soffermato a lungo su fatti e misfatti criminali avvenuti soprattutto fra Nicotera e Limbadi. «Collaboro dal giugno 2018 perché ho inteso cambiare vita e dare un futuro diverso a mia figlia. La scelta di collaborare è stata determinata anche da vicende attribuibili a mio zio Luigi Mancuso». Emanuele Mancuso decide così di collaborare qualche giorno prima della nascita della figlia, dopo oltre un decennio di reati commessi sin da quando era minorenne: furti, ricettazione, coltivazione di marijuana, danneggiamenti compiuti per conto del cugino Domenico Mancuso (figlio di Diego Mancuso) ed una «rapina alla Crai di Santa Domenica di Ricadi nel 2005 compiuta insieme ad Antonio Corso e Alfonso Cuturello». 

La vicenda dei Soriano e il ruolo di Emanuele Mancuso

Rispondendo alle domande del pm Annamaria FrustaciEmanuele Mancuso ha quindi spiegato: «Dopo la tentata estorsione da parte dei Soriano ai danni dell’imprenditore Antonino Castagna, vengo contattato da Giuseppe Soriano il quale mi informa che lo zio Leone Soriano voleva compiere degli attentati a Castagna. Mi reco così da Leone Soriano il quale mi dice che Pantaleone Mancuso, detto Vetrinetta, ed Antonio Mancuso cl. ’38 l’avevano fatto arrestare dando il placet affinché l’imprenditore Castagna lo denunciasse. Io dissi a Leone Soriano che con mio zio Luigi Mancuso si poteva invece ragionare ed aggiustare la vicenda. Presi così un fascicolo processuale – ha dichiarato il collaboratore – che mi diede Leone Soriano con le dichiarazioni di Castagna e mi recai a casa di Luigi Mancuso il quale mi confermò che i suoi fratelli Antonio Mancuso e Pantaleone Mancuso, Vetrinetta, avevano dato il placet a Castagna di denunciare Leone Soriano poiché quest’ultimo aveva mandato dal carcere allo stesso imprenditore delle lettere in cui accusava i Mancuso. In ogni caso Luigi Mancuso mi disse che avrebbe dato diecimila euro a Leone Soriano per tenerlo buono. Il mio interesse – ha aggiunto Emanuele Mancuso – era quello di non guastare i rapporti con Giuseppe Soriano con il quale trafficavo droga. Mi recai così nuovamente da Leone Soriano informandolo che Luigi Mancuso gli aveva riconosciuto una quota di soldi per la vicenda di Castagna. Leone Soriano alzò però il tiro delle pretese chiedendo una mazzetta all’imprenditore Romano Pasqua e qui Luigi Mancuso fu categorico: Pasqua non andava toccato. Mio zio Luigi, quando tornai per riferirgli l’intenzione di Leone Soriano, mi spiegò che al limite avrebbero costretto Pasqua a licenziare qualche operaio per poi assumere qualcuno vicino ai Soriano, ma Pasqua doveva essere lasciato in pace».


Il “tradimento” di Luigi Mancuso e la spaccatura in famiglia

Anche tali vicende hanno portato Emanuele Mancuso, secondo il suo racconto, a decidere di “saltare il fosso” e collaborare con la giustizia. «Luigi Mancuso non ha mantenuto nessuna delle promesse che mi aveva fatto sui Soriano. Io mi ero fatto garante con i Soriano e anche per questo mi sono sentito tradito da mio zio Luigi Mancuso e anche da qui – ha ribadito – la scelta di collaborare. Mio zio Luigi è il capo della famiglia e da quando è uscito dal carcere, nel 2012, ha cercato di mantenere unita tutta la famiglia. Ricordo che una volta mi trovavo in campagna a Nicotera e nel terreno vicino vidi arrivare Francesca Mancuso, figlia di Peppe Mancuso detto ‘Mbrogghja, il marito Salvatore Cuturello e Pino Gallone che era la persona che rappresentava Giuseppe Mancuso che è tuttora detenuto. Subito dopo – ha dichiarato Emanuele Mancuso – vidi arrivare Pasquale Gallone, fratello di Pino, e Luigi Mancuso. Erano infatti uscite delle notizie rispetto ad un agguato ai danni di Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, ad opera dei Piscopisani in alleanza con Antonio Campisi, figlio dell’assassinato Domenico Campisi, e Salvatore Cuturello. Una notizia destabilizzante per l’intera famiglia Mancuso, tanto che successivamente Salvatore Ascone – ha ricordato il collaboratore – mi disse che Salvatore Cuturello doveva essere ucciso per l’alleanza con i Piscopisani e il progettato omicidio di Scarpuni che in quel periodo si era diviso il territorio di Nicotera con mio padre, Pantaleone Mancuso detto l’Ingegnere».

La pax fra tutti i rami della famiglia Mancuso

Secondo il collaboratore Emanuele Mancuso, a mettere la pace fra tutti i rami della famiglia Mancuso sarebbe stato Luigi Mancusofratello più piccolo a sua volta di: Antonio Mancuso (cl. ’38), Pantaleone Mancuso (cl. ’47, detto “Vetrinetta”, attualmente deceduto), Giovanni Mancuso (cl. ’41), Cosmo Michele (cl. ’49) e Romana Mancuso, ma anche fratello di Domenico Mancuso (cl. ’27, deceduto e padre di Giuseppe Mancuso, alias ‘Mbrogghja, Diego Mancuso, Antonio Mancuso, Francesco Mancuso detto “Tabacco”, Salvatore Mancuso e Pantaleone Mancuso detto l’Ingegnere, quest’ultimo padre di Emanuele Mancuso) e Salvatore Mancuso (padre di Giuseppe Mancuso detto Pino Bandera, Francesco Mancuso, detto Bandera, Mimmo Mancuso e Pantaleone Mancuso detto l’Ingegnere). «Ci sono stati dei pranzi a Limbadi in un’abitazione posta sopra il negozio di abiti da sposa di Silvana Mancuso dove, dopo tanti anni di disaccordi fra Giovanni Mancuso e mio padre Pantaleone Mancuso, erano entrambi presenti con le rispettive famiglie e c’era pure Luigi Mancuso con moglie e figlie».

Giornalista
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