Triste anniversario

Pagò con la vita il coraggio di dire No alla ’Ndrangheta, riaprirà il museo in ricordo di Rocco Gatto

Il 12 marzo 1977 il mugnaio con la passione per gli orologi fu freddato a Gioiosa Ionica per avere denunciato chi aveva imposto il lutto cittadino per la morte del boss Vincenzo Ursini. Il nipote Alberto: «Speriamo di potere promuovere in teatro un evento commemorativo il prossimo anno»

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di Anna Foti
12 marzo 2024
17:37
Rocco Gatto
Rocco Gatto

Una finestra sugli anni Settanta e un presidio di memoria con documenti, articoli di giornale, qualche cimelio dell’epoca, e ancora foto e anche materiale audiovisivo. Tutto questo e di più tornerà ad essere il piccolo museo dedicato all’indimenticato e coraggioso sindaco Francesco Modafferi (Radicena 1921 - Gioiosa Ionica 2009) e a Rocco Gatto, il mugnaio rosso con la passione degli orologi. Freddato in contrada Armo di Gioiosa Ionica, il 12 marzo 1977, Rocco aveva sfidato la cappa mafiosa, denunciando chi aveva preteso che il mercato chiudesse in segno di lutto per la morte del boss reggente Vincenzo Ursini in uno scontro a fuoco.

Il piccolo museo

«È nostra intenzione – spiega il nipote di Rocco Gatto, Alberto - riaprire i battenti del piccolo museo che racconta la storia di due figure di spicco della nostra comunità. La nostra storia è quella di mio prozio Rocco Gatto, mugnaio vittima della 'ndrangheta, medaglia d'oro al valor civile, e quella di Francesco Modafferi, il sindaco in carica dal 1975 al 1979 che rese dell’amministrazione comunale di Gioiosa pioniera in Italia nella costituzione di parte civile in un processo di mafia.
L’associazione culturale Bird Production si propone di continuare a tenere viva questa memoria, parallelamente ad un’articolata produzione audiovisiva. di film, documentari, cortometraggi, videoclip musicali e spot e a una attività di promozione culturale del territorio. In questa ottica abbiamo già firmato una convenzione con ministero della Cultura, dopo avere vinto un bando per la transizione ecologica degli organismi culturali e creativi.
Tra le attività che porteremo avanti anche l’adeguamento strutturale del secondo piano del palazzo, al cui piano terra si trova il mulino dello zio Rocco. Lì tornerà, secondo l’attuale progetto, ad essere ospitato il piccolo museo dedicato a zio Rocco e al sindaco Francesco Modafferi». È quanto spiega ancora Alberto Gatto, pronipote di Rocco Gatto, nato nel 1985 e cresciuto con i racconti di zio Ciccillo, Francesco, molto legato a Rocco. Lui ha fatto da ponte di memoria con i parenti e discendenti come Alberto che Rocco non avevano potuto conoscerlo, e con la comunità di Gioiosa e non solo. Fino a quando non è mancato, alcuni anni fa.
Alberto Gatto, con l’associazione Bird production, sta raccogliendo il testimone, impegnato insieme all’amico Sandro, figlio del sindaco Francesco Modafferi, in attività culturali che si nutrono anche di memoria.


L’annuncio dei vincitori del FilMuzik Arts Festival in questa giornata

Nella cittadina ionica, con la sua associazione culturale Bird Production, Alberto Gatto promuove il FilMuzik Arts Festival, manifestazione dedicata al cinema musicale che quest’anno si veste di una dimensione internazionale che ha attratto 78 opere da 20 paesi del mondo. I quattro vincitori saranno resi noti, oggi proprio nel 47° anniversario della morte di Rocco Gatto. La premiazione di questa 6^ edizione, che per la prima volta ha lanciato un bando internazionale, avrà luogo la prossima estate a Gioiosa. «Con l’annuncio odierno dei vincitori legheremo anche simbolicamente la nostra attività al ricordo dello zio Rocco. Un ricordo che vogliamo tenere acceso. Avremmo voluto commemorare questa giornata con un evento al teatro di Gioiosa, al momento chiuso e che vorremmo rianimare. Abbiamo partecipato a un bando della Regione e siamo in attesa della pubblicazione della graduatoria. Qualora il progetto, che si avvale della partnership della proprietà del teatro, fosse finanziato, realizzeremo l’evento il 12 marzo prossimo, dando così alla comunità il segnale di un teatro che vuole tornare a vivere».

Alberto Gatto spiega anche di avere «una interlocuzione aperta con la proprietà della struttura per questo evento e anche per altre iniziative future. Certamente richiederà progettualità e finanziamenti importanti riaprire stabilmente il teatro dove, chissà, in futuro potrebbe anche avere la sua nuova sede il piccolo museo di Rocco Gatto e Francesco Modafferi. Una prospettiva che potrebbe avvalersi anche della collaborazione del Comune. È tutto ancora in itinere. C’è, per altro, lo storico murales dedicato allo zio Rocco che affresca la facciata del teatro, rendendolo anche presidio di memoria. Esso, dopo il restauro del 2008, andrebbe anche riqualificato. Intervento questo che rientrererebbe certamente nella progettualità complessiva dedicata al teatro», prosegue ancora Alberto Gatto in questi giorni pure impegnato in attività di testimonianza nel ricordo dello zio Rocco, al fianco di Goel, con ragazzi provenienti da tutta Italia. Nei suoi incontri si avvale del corto “Il colore del tempo” che ha diretto per portare avanti una memoria che, per non disperdersi, che deve essere coltivata.

Rocco Gatto, la militanza come atto di resistenza

Classe 1926 e primo di dieci figli, lasciò presto la scuola per portare a casa il pane in tempo di guerra e di fame. Lavorò da giovanissimo nel mulino del padre Pasquale. Negli anni Settanta, Rocco si divideva tra il mulino, di cui poi divenne proprietario nel 1964, il laboratorio in cui coltivava la sua passione per gli orologi - quegli ingranaggi sconosciuti ai più e invece a lui così chiari e addirittura appassionanti – e il partito comunista.

La sua militanza nel partito comunista coincideva con la sua militanza contro il malaffare e le angherie mafiose. Non c’era linea di demarcazione o di confine.

«Alto è l’esempio che ha dato questo cittadino contro questo male che serpeggia nell’Italia meridionale. Il coraggio di questo calabrese deve essere d’esempio per tutti, per resistere alla mafia che rappresenta un affronto per il popolo calabrese». Così si legge nella motivazione della medaglia d’oro al valore Civile, che il capo dello Stato “partigiano”, Sandro Pertini, nel maggio del 1980, appuntò sul petto di papà Pasquale.

Il tempo del coraggio

Rocco era il figlio di una terra che negli anni Settanta diede prova di grande coraggio e resistenza. Il professore e sindaco antimafia Francesco Modafferi, il prete scomodo Natale Bianchi, il capitano dell’arma Gennaro Niglio e anche il mugnaio rosso con la passione degli orologi, Rocco Gatto. Le loro storie si sono intrecciate nel comune calabrese di Gioiosa Jonica a Reggio Calabria, scenario della prima manifestazione antimafia della storia del nostro Paese: una comunità in sciopero contro le 'ndrine. Era il 27 dicembre 1975.

Gioiosa Ionica fu anche il primo comune d’Italia a costituirsi parte civile in un processo di ‘ndrangheta. Accadde proprio nel 1977, poco meno di due mesi dal delitto di Rocco Gatto. Una comunità che ha avuto chiaro, quando ancora la ‘ndrangheta non era nominabile senza rischiare una condanna a morte in contumacia, da che parte stare.

In questo contesto maturarono i fatti che portarono Rocco Gatto alla morte per mano mafiosa, consumatasi in contrada Armo di Gioiosa Ionica, il 12 marzo 1977.

Il terrore in Italia e la ‘ndrangheta a Gioiosa

Erano gli anni Settanta, quelli del terrore in Italia e anche quelli dell’illusione del decollo industriale della Calabria e della sua città in punta allo stivale. Quando Rocco Gatto iniziò a non pagare il pizzo e intraprendendo contro la ‘ndrangheta una lotta coraggiosa, eravamo negli anni in cui in Italia tremava la democrazia e in cui la sicurezza dagli attentati assumeva assoluta priorità.

Una sera di novembre 1974, sempre in quegli anni di piombo nel resto d’Italia e di guerre di mafia nel Sud della stessa, in uno scontro a fuoco tra forze dell’ordine e mafiosi era morto il boss reggente Vincenzo Ursini e in reazione la cosca aveva imposto il coprifuoco, il lutto cittadino nel paese, il blocco delle attività compreso il mercato della domenica, uno dei più fiorenti e conosciuti del meridione.

La scelta di Rocco

Rocco Gatto, che già faceva la sua resistenza non pagando il pizzo e non rinunciando alla dignità del suo lavoro, in quell’occasione, andò oltre. Aveva già pagato le sue scelte subendo incendi e furti, come quello di 17 chili di orologi. Lo avevano colpito nel frutto del suo lavoro e delle sue passioni per difendere la dignità dei quali non si era mai piegato alle richieste estorsive. Ma in quella circostanza andò oltre. Spezzò il silenzio e fece i sette nomi dei responsabili. Denunciò chi aveva preteso che la città fosse a lutto e chiudesse il mercato. Una denuncia che produsse processi e condanne ma anche ritorsioni e violenze. Un prezzo che pagò in prima persona. Una denuncia che costò a Rocco la vita in una terra che avrebbe continuato a sacrificare vite e a sacrificarsi. Il papà Pasquale non ebbe mai dubbi circa la responsabilità sull’omicidio del figlio.

Un delitto impunito

Il 12 marzo del 1977, dopo avere raccolto il grano da macinare, mentre tornava Rocco fu ucciso a colpi di lupara. Non aveva nemmeno 51 anni. Il delitto è ancora impunito e le due persone indagate, Luigi Ursini e Mario Simonetta, sono state assolte in primo e in secondo grado dalla corte d’assise di Locri e d’assise d’appello di Reggio Calabria nel 1979 e nel 1986 (sentenza confermata in Cassazione nel 1988) per insufficienza di prove. Ursini e Simonetta sono stati condannati solo per estorsione aggravata, rispettivamente a 7 e 10 anni.

La sua morte rimase impunita ma la sua denuncia contribuì alle condanne a 28 anni complessivi di carcere per estorsione aggravata e minacce dei sette picciotti che, il 7 novembre 1976, avevano imposto a Gioiosa la chiusura del mercato domenicale.

Gli Ursini era una ‘ndrina molto potente e con alleanze importanti anche oltre i confini regionali. Avevano saldi collegamenti con gli Aquino di Marina di Gioiosa, con i Cordì di Locri, e con i Belfiore, trasferitisi a Torino e ai quali è ricondotto l’omicidio del procuratore Bruno Caccia, avvenuto nel capoluogo piemontese il 26 giugno del 1983.

Il murales

L’anno successivo al delitto, nel 1978, Gioiosa accolse artisti militanti della Cgil meneghina che con artisti locali realizzarono il murales di piazza Vittorio Veneto. Fu affrescato Il Murales da Giovanni Rubino e Corrado Armocida su due delle facciate del Teatro. «È il Quarto Stato dell’anti-’ndrangheta, ricorda le vittime delle cosche e gli onesti che si sono opposti e ancora si oppongono alla mafia. È il simbolo dell’altra Calabria», fu detto. Per il suo restauro, nel 2007, l’associazione daSud e il “Comitato pro murales Gioiosa” promossero una campagna di sottoscrizione rivolta ad Istituzioni e cittadini e lanciarono un appello per salvaguardare questa opera e non disperdere questa memoria. Il murales fu recuperato ma a distanza di oltre 15 anni meriterebbe un altro intervento di restauro. Continua a campeggiare a Gioiosa, per ricordare Rocco Gatto e le altre vittime della ‘ndrangheta. Con il suo volto in mezzo agli altri, Rocco Gatto sembra pronunciare quelle parole che la sua storia ha reso vive: “Lotta, unità e partecipazione popolare per la crescita civile e democratica del Meridione”.

Giornalista
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