Natuzza, l’ultimatum del vescovo: «Chiesa passi a noi o niente culto»

La diatriba tra la fondazione di Paravati e la Diocesi sembra essere arrivata alla resa dei conti. Chiesta la concessione in comodato d’uso per 99 anni del tempio altrimenti verrà revocato il decreto che riconosce ufficialmente luoghi e riti

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di E. D. G.
12 giugno 2019
14:34

La legge di Dio e quella degli uomini raramente si incontrano. Non accade di certo nella vicenda che da tempo divide la Fondazione “Cuore immacolato di Maria Rifugio delle Anime” di Paravati, dove si venera Natuzza, e la Diocesi di Mileto, Nicotera e Tropea, guidata dal vescovo Luigi Renzo. Al centro della diatriba c’è la consacrazione della grande chiesa dedicata alla mistica, che la Diocesi subordina ad alcune modifiche dello statuto della Fondazione che considera imprescindibili.

 


«Ora basta, decidete» 

Tra queste, la più rilevante riguarda la concessione in comodato gratuito per 99 anni alla stessa Diocesi del tempio di proprietà della Fondazione. Ed è su questo punto che l’alto prelato ha lanciato il suo ultimatum attraverso una lettera ufficiale concordata con il cardinale Beniamino Stella, che fa parte della congregazione del clero, e con l'ufficio giuridico della Conferenza episcopale italiana: «Qualora la richiesta non dovesse essere accolta, nel rispetto della vostra libera volontà di non aderire alle modifiche da me richieste allo statuto e quindi di non voler regolamentare in nessun modo i rapporti tra Fondazione e Diocesi per la cura pastorale e del culto della Chiesa mi vedrò costretto ad attivare, senza perdite di tempo, le procedure per la revoca definitiva alla Fondazione del decreto di “religione e di culto” e di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, con le prevedibili conseguenze anche civilistiche».

 

La Fondazione rischia di essere tagliata fuori

Insomma, la Fondazione di Natuzza rischia di uscire dall’alveo del culto ufficialmente riconosciuto dal Vaticano.
«In questa malaugurata ipotesi - si legge ancora nella lettera - sarete voi ad assumervi davanti ai Cenacoli, ai Figli spirituali di Natuzza ed all’opinione pubblica tutte le responsabilità per quanto riguarda le possibili ripercussioni anche sul patrimonio in vostra dotazione».
Toni ultimativi, quelli del vescovo, che rendono evidenti i rapporti tesissimi tra i due soggetti in campo: da una parte la Chiesa ufficiale con i suoi protocolli consolidati in millenni di storia e dall’altra una fondazione mossa principalmente dalla grandissima devozione che ruota intorno alla figura di Natuzza, che spesso rischia di sfociare in manifestazioni popolari di dubbia aderenza ai canoni di un culto “certificato”.

 

No alla spettacolarizzazione di Natuzza

Lo stesso vescovo Renzo, in passato aveva già avuto modo di sottolineare «il rischio di spettacolarizzazione, nell’avvicinarci e nel considerare la spiritualità di Mamma Natuzza», riferendosi in particolare «ai fenomeni di preveggenza, alla perdita di sangue, e a quelle caratteristiche che, se valutate superficialmente, potrebbero essere confuse con isteria o tratti demoniaci». «Lo dico da attore della causa di beatificazione - sottolineò il presule in quell’occasione -, da persona che l’ha conosciuta. Natuzza deve essere considerata santa per la sua devozione, per la sua obbedienza alla Chiesa…». Parole che suonarono come un richiamo indiretto all’obbedienza attesa dalla Fondazione.

 

Tentativo estremo

Nodi che oggi sono giunti al pettine, con la lettera-ultimatum. «Il provvedimento potrà non piacere - conclude monsignor Renzo -, ma in questa situazione di stallo e soprattutto in mancanza dopo tre anni e mezzo di una pur minima e manifesta volontà di trovare una soluzione più ecclesiale al problema, peraltro di recente raccomandatavi anche dal cardinale Stella, ed ancora prima da altri dicasteri centrali Vaticani ritengo che non ci sia altro da fare. In piena autonomia di giudizio e di scelta e quale tentativo estremo di assicurare al progetto e all’opera di Natuzza la giusta dimensione ecclesiale e sociale, mentre attendo un vostro sollecito riscontro, entro e non oltre la fine di questo mese di giugno, porgo a tutti i più cordiali ossequi».

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