Inchiesta monstre della Guardia di finanza con 366 capi d’imputazione: tra i beneficiari molti braccianti. Il gip chiede di allargare l’inchiesta per verificare se i pazienti portassero “regali” in ambulatorio in cambio dei favori
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Nadia Giovanna Sorbara, 62 anni di Locri, e Immacolata Iozzo, 67 anni di Bovalino, sono i due medici di base operanti nella Locride finiti agli arresti domiciliari in un’inchiesta della Procura di Locri condotta dal Comando provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria. Entrambe avrebbero gestito in maniera «spregiudicata» e «disinvolta» il rilascio di certificati di malattia a favore di beneficiati, perlopiù braccianti agricoli, con l’attestazione di periodi di infermità anche di lunga durata, sovente come prosecuzione di precedenti certificazioni, senza effettuare alcuna visita medica.
I militari che hanno condotto le indagini sottolineano che, grazie al comportamento delle dottoresse, molti (sono in tutto 142 gli indagati) avrebbero beneficiato di assenze sul posto di lavoro e avrebbero percepito in maniera «parassitaria» indennità di malattia erogate dall’Inps per un importo di circa 70mila euro, secondo quanto risulta dai 366 capi d’imputazione.
Falsi certificati medici, il sistema gestito da Sorbara
Per gli inquirenti è Sorbara la professionista apparsa più spregiudicata nella gestione dei presunti falsi certificati. Sarebbe lei a organizzare il “servizio” per gli assistiti, sarebbe lei a gestire l’accesso all’ambulatorio e i turni, per fare in modo che si presentino nei giorni giusti per chiedere la continuazione della malattia.
Ai pazienti Sorbara chiederebbe anche una sorta di collaborazione per aiutarla a ricordare il “trend” delle certificazioni rilasciate nello stesso periodo degli anni precedenti e tenere la contabilità dei giorni di malattia totali o residui che l’Inps potrebbe ancora indennizzare nell’anno in corso. Non tutti, però sono costretti a recarsi in ambulatorio: alcuni assistiti di lungo corso e meno «scostumati» hanno qualche bonus: la dottoressa confezionerebbe per loro falsi certificati malattia dopo qualche chat su whatsapp.
«I tempi sono cambiati»: il medico si lamenta dei controlli
Sembra un sistema ben oliato e che va avanti senza troppi intoppi, eppure Sorbara si lamenta con alcuni dei pazienti perché «i tempi sono cambiati», a voler rappresentare che ora i controlli sono più stringenti rispetto al passato, quanto si poteva agire con più facilità. La dottoressa avrebbe, poi, attestato di aver visitato anche pazienti che in realtà in ambulatorio non sarebbero mai andati.
Lo scenario descritto dal gip è quello di «uno stile di vita professionale improntato al mendacio istituzionale». Il giudice per le indagini preliminari sottolinea anche altro e cioè che le indagini sarebbero tutt’altro che complete: nell’impianto accusatorio sono contestati il falso ideologico e materiale in atto pubblico a Sorbara in concorso con i pazienti beneficiari dei presunti falsi certificati. Per il gip, alla dottoressa andrebbe estesa anche la contestazione di truffa aggravata rivolta, finora, ai soli beneficiari dei certificati.
I presunti “regali” delle pazienti
Da quelli che il magistrato definisce «fluviali risultati delle operazioni d’intercettazione» emergerebbe, poi, il comportamento sospetto di alcune pazienti che, dopo la visita, avrebbero consegnato al medico un oggetto non meglio identificato e «difficilmente riconoscibile anche nei filmati a disposizione nel fascicolo». Di cosa si tratta? Il gip ipotizza che gli indagati consegnino qualcosa a Sorbara «quasi a volerla ricompensare del “favore” reso». «Questo è per lei, figuratevi», è la frase cerchiata in rosso nell’inchiesta. Se si trattasse di un regalo – ipotesi ovviamente tutta da riscontrare – il quadro potrebbe cambiare.
La dottoressa Iozzo e i certificati “a ciclostile”
Le stesse considerazioni svolte per Sorbara valgono, a parere del gip, anche per la dottoressa Immacolata Iozzo, che avrebbe rilasciato «a ciclostile» falsi certificati di malattia su richiesta degli interessati: rapidamente e senza neanche una conversazione che sia in qualche modo impegnativa. Iozzo, infatti, si sarebbe impegnata a ottimizzare i tempi delle visite ambulatoriali sia preparando in anticipo certificati di malattia con diagnosi standard da completare con il nome dei pazienti, sia trasmettendo – sempre secondo l’accusa – il certificato all’Inps ben prima che il paziente si presentasse a richiederlo di persona, quindi ben prima che fosse effettuata la visita.
Il certificato per il figlio dell’amica che fa le ore piccole e non si sveglia
Iozzo sarebbe poi stata «indifferente» rispetto alla produzione di presunti falsi in serie anche quando una madre si presenta e ne chiede uno per conto del figlio che non è affatto ammalato: è a casa a dormire perché in estate fa le ore piccole e la mattina non riesce a svegliarsi.
Sia per Iozzo che per la collega Sorbara, il gip rileva il pericolo di inquinamento delle prove ancge sulla base di alcuni comportamenti emersi nel corso delle indagini: tutti – sia i medici che i pazienti – sarebbero esperti negli «stratagemmi da adottare per blindare le certificazioni di malattia tanto facilmente ottenute dal rischio di controlli sulla loro (inesistente) genuinità». Anche per questo le due dottoresse sono finite ai domiciliari.