Amerigo Giuseppe Rota raccoglie in un volume trent’anni di ricerche sulla sepoltura del re dei Visigoti. Tra analisi scientifiche, fede e suggestione, riemerge il sogno di ritrovare il tesoro sepolto nel Busento
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Una leggenda, qualcuno direbbe una storia, sebbene tutta da provare, che da decenni affascina studiosi, amministratori locali, giornalisti e tutti coloro che in questa vicenda vedono non solo un interesse scientifico, ma anche una grande occasione di valorizzazione turistica per la città di Cosenza.
Chi ci crede davvero, e studia, analizza e fa ricerca da oltre trent’anni, è il geologo cosentino Amerigo Giuseppe Rota, che dedica la sua vita alla ricerca della tomba di Alarico I, il leggendario re dei Visigoti che, secondo la tradizione, sarebbe stato sepolto nel letto del fiume Busento, a Cosenza, insieme a un favoloso tesoro.
Il risultato di decenni di studi e sopralluoghi confluisce oggi nel suo libro “Alarico – Il sovrano cristiano e i misteriosi flutti salutiferi”, dove scienza, fede e leggenda si intrecciano nella speranza di dare una base reale a un racconto che affascina l’Europa da secoli.
Rota, profondo conoscitore del territorio cosentino, ha condotto analisi geologiche, topografiche e idrografiche nella zona in cui si incontrano i fiumi Crati e Busento.
Secondo le sue ipotesi, la tomba potrebbe trovarsi sotto il centro storico di Cosenza, in un’area compatibile con le antiche descrizioni.
Negli anni, i suoi studi si sono sempre più affidati a rilievi Lidar, droni e georadar, arrivando a formulare una mappa “probabile” del sito funerario del sovrano visigoto.
Ma la leggenda del re sepolto nel fiume, tramandata dalle cronache medievali, non trova conferme nelle fonti storiche certe. E tutto torna nell’eterno dubbio.
Gli storici dell’Università della Calabria e di altri atenei italiani ricordano che non esistono prove archeologiche o documentarie della sepoltura di Alarico a Cosenza e che il racconto potrebbe essere frutto di tradizioni tardo-medievali più che di fatti reali o scientificamente verificabili.
Anche la definizione di Alarico come “sovrano cristiano” è controversa: molti studiosi lo ricordano infatti come seguace dell’arianesimo, una dottrina considerata eretica dalla Chiesa del tempo.
In più occasioni la Soprintendenza Archeologica della Calabria ha invitato alla cautela, sottolineando che ogni ipotesi resta “non verificata” fino a eventuali riscontri stratigrafici diretti.
Durante il mandato da sindaco di Cosenza, il senatore Mario Occhiuto istituì un comitato tecnico-scientifico per valorizzare il “brand Alarico” e promuovere la ricerca, coinvolgendo lo stesso Rota e gli esperti della Soprintendenza.
L’iniziativa attirò l’attenzione dei media internazionali, ma non mancarono le critiche accademiche: l’accusa fu quella di confondere divulgazione turistica e ricerca storica.
L’operazione, pur discussa, contribuì comunque a riportare la città e la sua storia antica al centro del dibattito culturale.
Nonostante le perplessità, la passione di Rota ha riacceso l’interesse per la storia di Cosenza.
Il mito di Alarico continua a dividere studiosi e appassionati: tra chi sogna di scoprire il sepolcro del re visigoto e chi invita alla prudenza scientifica.
Quel che cresce, però, è soprattutto lo scetticismo: prove storiche, archeologiche o scientifiche non ne sono mai state trovate.
Rota, geologo e studioso cosentino, continua la sua ricerca con passione, impegno e il desiderio di dimostrare che le sue ipotesi possono essere fondate. Ma, per ora, tutto resta sospeso.
Finché mancheranno prove concrete, la tomba di Alarico resterà soprattutto questo: una leggenda affascinante che unisce scienza, orgoglio e mistero nel cuore della Calabria.

