Nato a Satriano, ha superato ostacoli e silenzi per diventare un tenore affermato in Italia e nel mondo: «Ogni nota che canto racconta la mia storia, fatta di sacrifici e verità»
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Lorenzo Papasodero è un ragazzo tenace, che ha raggiunto il successo internazionale con impegno e tanti sacrifici. Nato a Satriano, un piccolo borgo del Catanzarese, ha sempre avuto uno sguardo proiettato al futuro. «La mia – dice – è una famiglia umile, che ha conosciuto momenti di luce ma anche profondi periodi di buio».
Oggi Lorenzo è un bravo cantante d’opera, un tenore, che sta ottenendo un successo importante.
«Sono una persona che ha costruito la propria voce, e la propria identità artistica, attraversando la vita con determinazione e autenticità. Il percorso pieno di ostacoli e sacrifici mi ha forgiato: mi ha fatto diventare prima uomo e poi artista. Ogni nota che porto in teatro, e sul palcoscenico in generale, nasce proprio da lì: da quella storia intrisa di forza e vulnerabilità, di battaglie silenziose e di conquiste intime. La musica non è solo il mio lavoro: è la mia forma di verità, il linguaggio con cui voglio raccontare al mondo tutto ciò che le parole da sole non riuscirebbero a dire».

Vediamo come nasce la passione per la lirica.
«La mia passione per la lirica nasce nel 2010, quando avevo solo 14 anni. Ricordo perfettamente quella sera di novembre, fredda e apparentemente ordinaria. In televisione trasmettevano Tosca con Plácido Domingo e Rajna Kabaivanska. Quell’opera, quel mondo, mi rapì completamente: le scene, la storia, ma soprattutto la scrittura musicale di Puccini – che da lì a poco sarebbe diventato il mio compositore preferito…».
Poi cosa è successo?
«Malgrado però il colpo di fulmine, non iniziai subito a studiare. Sebbene già da quel momento avrei voluto, un giorno, diventare un tenore, ero troppo giovane e la mia voce non era completamente matura e predisposta ad uno studio così impegnativo. Ma le passioni vere, anche se le nascondi, non svaniscono. A 22 anni, ironia della sorte, la stessa Tosca fu trasmessa in televisione e mi ritrovai nuovamente a guardarla. È stato come fare un salto indietro nel tempo. Dentro di me quella porta si è riaperta e quel fuoco si è riacceso, forse perché in fondo non si era mai spento per davvero».
E da quel momento…
«Da quel momento ho cominciato a studiare sotto la prestigiosa guida tecnica di Maestri (come quella del baritono Sergio Bologna) che hanno contribuito alla mia crescita artistica e professionale e che mi hanno sicuramente aiutato ad affermarmi e diventare il Lorenzo di oggi».
Da qualche tempo sembra andare tutto per il meglio. Ti sei esibito in luoghi straordinari, in teatri, piazze e tanti festival. In Italia e all’estero.
«È vero, gli ultimi anni sono stati ricchi di soddisfazioni e tappe importanti. Ho avuto l’onore di esibirmi in contesti davvero suggestivi: dai grandi teatri ai festival internazionali (come il Festival Puccini di Torre del Lago), ai luoghi all’aperto di straordinaria bellezza storica e culturale. L’ultimo mio viaggio in Arabia Saudita, a Jeddah, per cantare come tenore italiano a bordo della nave Amerigo Vespucci è la testimonianza di come quest’arte possa metterti in connessione con dei patrimoni storici riconosciuti a livello mondiale di assoluto valore».
Tutto questo ti avrà insegnato tanto.
«Ogni palcoscenico mi ha insegnato qualcosa, ogni esperienza ha lasciato un segno. Ma dietro questi traguardi c’è tanto lavoro, sacrificio e dedizione. Nulla è arrivato per caso. Ogni esibizione per me è un’occasione per raccontarmi, per restituire al pubblico qualcosa di autentico. E sapere che, in tutto questo, la mia voce riesce a regalare qualcosa alle persone… è il dono più grande che questa professione possa offrire».
Ogni nota cantata, ogni applauso ricevuto, ogni incontro lascia un segno profondo in un artista. Cosa lascia in te?
«Ogni nota cantata è un frammento della mia anima che affido al pubblico. Ogni applauso è un abbraccio, un riconoscimento silenzioso che mi ricorda perché ho scelto questa strada. E ogni volta che salgo sul palco è come se, per qualche istante, le nostre vite si sfiorassero in un linguaggio che non ha bisogno di essere spiegato. È questo per me il senso più profondo di fare arte».
In tuo post ha scritto che “la musica – la mia musica – è sempre stato quel filo che mi ha guidato su questo sentiero pieno di insidie”. Avrei trovato difficoltà, ostacoli…
«Sì, il cammino non è stato sempre semplice. Come in ogni percorso, ho incontrato momenti di incertezza, di fatica, di attesa. Ma la musica è sempre rimasta lì, come una bussola silenziosa. È attraverso di lei che ho imparato a conoscermi davvero, scoprendo le mie fragilità, ma anche una forza che forse non sapevo di avere. Quel “filo” di cui ho parlato non è solo una metafora: è il legame invisibile ma potentissimo tra ciò che sono e ciò che sogno. È ciò che mi ha fatto restare fedele a me stesso anche quando il mondo sembrava spingermi altrove».
Nel mese di luglio hai cantato in luoghi incantevoli. Luoghi incantevoli per Love Morricone. Agosto dove ti porta?
«Agosto sarà un mese ricco di emozioni e di tappe importanti. Tornerò a esibirmi con il Coro Lirico Siciliano, con cui collaboro ormai da anni, in alcuni dei luoghi più affascinanti e suggestivi tra Calabria e Sicilia. Il 9 agosto vivrò un momento molto speciale: sarò protagonista di un Gran Galà nella mia Satriano, il mio paese natale, accompagnato dall’Orchestra Bernstein e dal Maestro Francesco Menniti. Una serata che porterà la grande musica nella piazza dove tutto è cominciato, proprio lì dove sono stato bambino, dove sono caduto sbucciandomi le ginocchia e dove sono cresciuto— sono certo che lascerà un segno profondo in una comunità che mi ha sempre sostenuto e amato. Poi il 29 agosto debutterò per la prima volta in Mozart, interpretando Don Ottavio nel Don Giovanni, nella splendida cornice di Zafferana Etnea. Successivamente il debutto in Elisir D’Amore di Donizetti al teatro Pattihio di Limassol (Cipro)».
Hai ottenuto un bel successo nei giardini storici della Reggia di Colorno (Parma) per l’ omaggio alla “Carmen” di George Bizet nel 150esimo della prima rappresentazione e della morte del compositore. Cosa hai provato in quei momenti?
«Cantare in Reggia per omaggiare Bizet e il suo capolavoro Carmen nel 150° anniversario della sua prima rappresentazione è stata un’emozione unica. Il luogo, la storia, l’atmosfera, il pubblico… Devo un sentito ringraziamento alla direttrice artistica Eddy Lovaglio, con la quale ho il piacere di collaborare per il secondo anno consecutivo. Già nel 2024, sotto la sua direzione, ho interpretato Pinkerton in Madama Butterfly con l’Orchestra dei Musici di Parma a Parma— un’esperienza intensa e memorabile. Tornare quest’anno con Carmen, nei panni di Don José, ha rappresentato per me una continuità artistica e una nuova sfida interpretativa».
Dove vedi il tuo futuro?
«Sul palco. Sempre. Che sia un grande teatro, una piazza o un angolo nascosto del mondo, per continuare a servire umilmente la musica e ad emozionare il pubblico».
Sembra stia nascendo un nuovo interesse dei giovani verso la grande musica, classica, lirica… tu consiglieresti a un ragazzo di seguire questo mondo così complesso e così affascinante?
«Assolutamente sì, lo consiglierei. È vero, il mondo della musica classica e della lirica è complesso, richiede disciplina, sacrificio, studio costante e una grande forza di volontà. Ma se c’è una passione autentica, profonda, allora vale la pena intraprendere questo percorso».
Un percorso non sempre facile.
«È un cammino che ti mette a confronto con te stesso, con le tue fragilità, ma che allo stesso tempo ti forma, ti arricchisce, ti fa crescere come artista e come essere umano. La lirica è un linguaggio potente, capace di parlare direttamente all’anima. E vedere oggi tanti giovani avvicinarsi a quest’arte mi dà speranza: significa che c’è ancora voglia di bellezza, di emozione autentica, di verità. A chi desidera intraprendere questa strada, dico: fatelo, ma fatelo con cuore e consapevolezza. Perché nulla è più forte di una vocazione seguita con coraggio».