La storia

Dal “cineparadiso” all’inferno, Totò Cascio commuove il pubblico del Premio letterario Caccuri

L'attore che da bambino fu protagonista del film di Tornatore “Nuovo cinema Paradiso”, scuote l’ultima serata della rassegna organizzata dall'Accademia dei Caccuriani. Dall’Oscar alla cecità è un dramma senza eguali, difficile da raccontare

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di Franco Laratta
11 agosto 2022
20:00

La lezione di vita di Totò Cascio, il bambino del celebre film di Tornatore “Nuovo cinema Paradiso”, commuove e scuote l’ultima serata del Premio letterario Caccuri. Quando alle 23:00 è salito sul palco è stato subito netto, quasi lapidario: «Ero cieco prima di diventarlo e non lo sapevo. Non mi rendevo conto che avevo avuto tutto». C’ero anche io con Totò su quel palco di Caccuri, consapevole del fatto che una conversazione con quel ragazzino oggi adulto, non poteva essere facile né scontata: dall’Oscar alla cecità è un dramma senza eguali, difficile da raccontare.

Ad accoglierlo un grande applauso dei circa mille presenti che lo hanno poi seguito con attenta partecipazione. Il titolo del suo libro che presentiamo al Premio letterario Caccuri è emblematico: “La gloria e la prova. Il mio Nuovo Cinema Paradiso”.


Ecco, la gloria per il grande successo cinematografico, poi la prova dell’improvvisa cecità e la sua fuga dalla realtà: «Ci sono stati non giorni, ma anni in cui le mie ore trascorrevano nell’attesa della notte. Non vedevo l’ora di chiudere i conti con la veglia, desideravo che il giorno terminasse per poter dormire e sognare. Perché quando sognavo, vedevo, vedevo bene...».

Oggi 42enne, Totò Cascio è sempre lui, quel bambino prodigio del cinema di fine anni ’80, uno dei nostri volti più popolari nel mondo, grazie al film del premio Oscar Giuseppe Tornatore, Nuovo Cinema Paradiso.

Ma la gloria che avvolse il piccolo Totò, lentamente e rapidamente è passata dal “cineparadiso” all’inferno, con sparizione fulminea da tutti gli schermi. «Ma non è stato il cinema a dimenticarsi di me, sono stato io a non accettare la mia disabilità visiva e a nascondermi».

Salvatore Cascio, Totò per tutti, all’epoca era un bambino che non pensava certo di fare il cinema: ma l’8 maggio del 1988, si scoprì davanti al primo ciak sul set di Nuovo Cinema Paradiso. Poi il 26 marzo 1990, la grande gioia con l’annuncio del premio Oscar come miglior film straniero assegnato a Tornatore.

E dopo i primi anni di fuga dalla realtà, di paura, di rifiuto di tutto quello che gli stava accadendo, qualcosa succede in Totò Cascio: «ho pianto tanto, ma poi ho scoperto che essere un non vedente, non è un disonore! Il senso di tutto l’ho trovato nella pienezza della fede. Pregare, per me vuol dire «ringraziare», provare «gratitudine» per Dio che mi ha dato la gloria e poi mi ha dato la prova: ad accettare la prima siamo tutti bravi, ma è nella prova che l’uomo si misura davvero».

Il pubblico lo ascolta sempre in silenzio, c’è molta commozione. Nessuno si aspettava parole così forti e profonde nel corso di una serata di libri, cinema e cultura. Scatta un lungo e sentito applauso.

Ma Totò non ha concluso il racconto. «San Paolo ci insegna: "Siate allegri nella speranza, pazienti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera", e io questo faccio, ogni santo giorno. E sempre con il sorriso».

La lunga conversazione che ho tenuto con Totò dal palco del Premio Caccuri, ripercorre i tratti salienti della sua vita. Ricordiamo il suo rapporto con Andrea Bocelli, che ha scritto la postfazione de La gloria e la prova. Un giorno il giovane attore gli ha telefonato. Bocelli lo ha ascoltato. E poi sono stati dieci interminabili minuti di silenzio. E di commozione.

Di recente ha sentito Tornatore per la prefazione del libro, e lui si è detto felicissimo della “ripartenza” di Totò: finalmente hai imparato a sognare, anche rimanendo sveglio!

Totò oggi ha capito molte cose di sé: «Ero cieco prima di diventarlo e non lo sapevo. Non mi rendevo conto che avevo avuto tutto: fama, privilegi, una famiglia straordinaria».

Il giovane attore di Nuovo Cinema Paradiso conserva una certa popolarità fra la gente, che lui utilizza per mettersi al servizio degli altri. Ha partecipato al docufilm di Mauro Mancini, Con gli occhi aperti, prodotto da Telethon e Rai Cinema: «Per quello che posso, voglio spendermi il più possibile per chi soffre e ha bisogno del mio aiuto».

Le conclusioni di Totò danno un’ulteriore scossa a quel numerosissimo pubblico che lo ascolta con religioso silenzio: «Ho ritrovato la serenità e la consapevolezza che so cosa posso fare della mia vita e del mio futuro, tutto il resto è nelle mani di Dio». Applausi e tutti in piedi!

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