L’episodio raccontato dal suo allievo Luigi Settembrini, patriota e letterato. Un memorabile esempio di orgoglio e fierezza calabrese: la sua storia partita dalla Calabria nel 1770 e passata attraverso studi, vita pubblica e ben 14 figli
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«E chi c’è a Napoli che possa esaminare Pasquale Galluppi?». Filosofo ed erudito, simbolo di fierezza calabrese e orgoglio intellettuale, questo autorevolissimo e fine pensatore calabrese giunse all’agognata cattedra universitaria di Napoli solo in età avanzata, ma per chiara fama! A breve capiremo come e perché.
Pasquale Galluppi nacque a Tropea nel 1770, ed era figlio del nobile Vincenzo. Una statua con busto marmoreo lo ricorda nel centro storico della bellissima cittadina tirrenica. La sua prima formazione avvenne tra la Calabria e la Sicilia, e fu incentrata su latino, filosofia, matematica, teologia, lingua francese. Nel 1790 si laureò in giurisprudenza nella capitale partenopea. Quattro anni dopo, richiamato da responsabilità familiari, rientrò a Tropea e contrasse un matrimonio “combinato” (conobbe la sposa solo il giorno delle nozze!) con la cosentina Barbara D’Aquino, anch’essa appartenente a un casato nobiliare. Nonostante la scelta mediata dai rispettivi genitori, evidentemente la coppia ebbe fortuna: nacquero, infatti, ben quattordici figli.
Galluppi ebbe un’impostazione politico-culturale di stampo liberale tant’è che, propugnando una soluzione costituzionale, aderì con compostezza ai primi moti risorgimentali a partire dal 1820. Rimase comunque un monarchico. Costretto da esigenze economiche, ma anche per indole, a studiare all’esterno dei principali circuiti accademici, e pur non potendo disporre di rendite adeguate, Galluppi proseguì le proprie ricerche e analisi nella natia Tropea, iniziando anche a mandare in tipografia a Messina, a proprie spese o con l’aiuto di amici, i primi solidi scritti. Ebbe incarichi burocratico-amministrativi durante il Decennio Francese. Insegnò nella prestigiosa Università di Napoli a partire dal 1831, quando aveva già 61 anni, reggendo la cattedra di logica e metafisica. Fu molto stimato come critico e studioso, e come profondo conoscitore della filosofia europea, con particolare attenzione a Kant, Cartesio e Leibniz. Riuscì anche a proporre interpretazioni originali in merito a questioni filosofiche complesse (razionalismo, empirismo, gnoseologia, trascendenza, metafisica, teologia, etica, morale). I Licei classici di Catanzaro e di Tropea, intitolati proprio al Galluppi, ne ricordano il prestigio e la fama.
Il figlio primogenito Vincenzo, militare nella guardia regia, fu ucciso a Cosenza nel 1844, durante i moti di marzo. Fu maestro di tanti famosi intellettuali italiani e di protagonisti del Risorgimento. La Francia, nazione nella quale fu alta l’attenzione nei confronti del pensiero del Galluppi, gli conferì la Legion d’onore. Morì a Napoli nel dicembre 1846. Sarà proprio uno dei suoi devoti allievi, il napoletano Luigi Settembrini (1813-1876), noto scrittore e patriota, a raccontare nelle sue “Ricordanze” il rapporto tra Galluppi e l’Università di Napoli, portando alla luce un aneddoto molto significativo. Ma prima ricordiamo che il Settembrini, che fu tra l’altro docente di Letteratura italiana prima nell’Ateneo di Bologna e poi in quella partenopea, nonché Senatore del Regno d’Italia, dal 1835 e per qualche tempo visse a Catanzaro perché aveva vinto la cattedra di eloquenza nel locale Liceo. Proprio a Catanzaro il Settembrini, già convinto massone, era entrato in contatto e collaborazione con ferventi mazziniani e carbonari, e quindi venne arrestato.
Le “Ricordanze della mia vita”, pubblicate postume da Francesco Saverio de Sanctis, sono considerate come una delle opere più profonde del docente e poi rettore napoletano. Proprio in questa ricca autobiografia possiamo rintracciare notizie preziose sul Galluppi. Leggiamone un passo che segue una riflessione dell’Autore sui criteri di selezione della prestigiosa Università di Napoli, in cui “raramente i professori erano scelti per meriti; ordinariamente per concorso”, anche per preoccupazioni o sospetti su possibili idee politiche giudicate pericolose: «Udii dallo stesso Galluppi raccontare il modo ond’egli fu nominato professore. Il barone Pasquale Galluppi di Tropea cittadella di Calabria, sostentava la sua onesta povertà ed undici figliuoli con un ufficio di Controlloro nelle Dogane. Le cure della famiglia e le noie dell'uffizio non lo toglievano da' suoi studi filosofici, nei quali egli era sì assorto e si profondava tanto da non udire il diavoleto che gli facevano intorno un vespaio di fanciulli. Scrisse un Saggio critico su le conoscenze umane, che stampato in Messina, fu conosciuto poco in Italia, e levò alto il nome del Galluppi in Francia e in Germania. Essendo vacante la cattedra di filosofia nell'Università, gli amici lo consigliarono e la sua coscienza lo persuase a chiederla. Venne in Napoli, andò dal Ministro dell'Interno, gli presentò il libro, e chiese la cattedra. Il Ministro che non lo conosceva rispose: “Bene: vi cimenterete all’esame”. Ed egli: “E cu c'è a Napoli che po' esaminari Pasquale Galluppi?”. Il Ministro si strinse nelle spalle, e l'accomiatò con un vedremo. La sera raccontò nel crocchio degli amici come un vecchietto calabrese e mezzo matto era andato a chiedergli la cattedra, e tutto ringalluzzito gli aveva detto non ci essere in Napoli chi potesse esaminarlo - Ci fu qualcuno che dimandò: Fosse egli il Galluppi? - Non ricordo il nome: leggetelo nel libro che mi ha dato - È desso, è il Galluppi, il primo filosofo vivente d'Italia. Sua Eccellenza cadde dalle nuvole: s'informò da altri, udì lo stesso, e lo pregarono desse quest’orna mento all’Università di Napoli. E così il Galluppi, ricercato bene se egli avesse qualche vecchio peccato politico e trovato netto, fu senz'altro nominato professore quand’egli non se l'aspettava nè ci pensava più».
Pasquale Galluppi, il primo dei filosofi italiani, di fama europea, capace di giungere alle più alte riflessioni nella periferica Tropea, si confrontò con un ministro borbonico poco informato che avrebbe voluto farlo esaminare a Napoli prima di concedergli l’onore dell’insegnamento universitario. Ma il grande pensatore gli rispose, fregandosene anche del possibile viaggio a vuoto: «E ci c’è a Napoli che possa esaminare Pasquale Galluppi?».