Da sempre impegnata nella difesa dei diritti dei più fragili, la giornalista e portavoce dell’Osservatorio sul bullismo e sul disagio giovanile ha voluto con il suo libro dari voce al disagio e alle difficoltà di chi si appresta ad entrare nell’età adulta
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Claudia Conte è una giornalista e scrittrice da sempre impegnata nella difesa dei diritti dei più fragili, con un’attenzione particolare alle donne e ai bambini. Accanto all’attività giornalistica e letteraria, svolge da molti anni un’intensa opera di volontariato, sostenendo progetti di aiuto per bambini affetti da diverse patologie e per i minori vittime collaterali dei conflitti, in particolare della guerra in Ucraina.
È stata nominata portavoce dell’Osservatorio sul bullismo e sul disagio giovanile. È ambasciatrice di pace e solidarietà, distinguendosi per il suo impegno civile e umanitario anche a livello internazionale.
Proprio in questi giorni è stato presentato, a Sant’Agata D’Esaro, La voce di Iside, un romanzo intenso e profondo, che attraversa le fragilità dell’adolescenza contemporanea, evidenziando e le ferite ancora aperte della nostra società. Iside ha diciott’anni e, come molti ragazzi della sua generazione, porta addosso il peso dell’isolamento, del silenzio e di un dolore che fatica a trovare parole. La pandemia, un lutto familiare, lo sradicamento affettivo e sociale la spingono verso un mutismo che diventa metafora di una più profonda incomunicabilità.
Ma il silenzio di Iside non è resa: è attesa. Attraverso la lettura, il volontariato e l’incontro con l’altro – soprattutto con chi è più fragile – la protagonista intraprende un percorso di consapevolezza che la porta a trasformare la propria vulnerabilità in responsabilità. Dare voce agli altri diventa il modo per ritrovare la propria.
Con uno stile limpido e partecipe, Claudia Conte affronta temi centrali e urgenti: la salute mentale dei giovani, la violenza di genere, la solitudine, il ruolo educativo della famiglia e della scuola, il valore civile del terzo settore. La voce di Iside è un romanzo di formazione che parla ai ragazzi, ma interroga profondamente anche il mondo adulto, chiamandolo a non voltarsi dall’altra parte.
Intervista a Claudia Conte
Iside è una ragazza che sceglie il silenzio in un mondo in cui tutti parlano. Quanto c’è di simbolico in questo mutismo e quanto, invece, nasce dall’osservazione diretta delle nuove generazioni?
«Il silenzio di Iside è profondamente simbolico, ma nasce anche da un’osservazione molto concreta. È simbolico perché rappresenta l’incomunicabilità di una generazione che spesso sente di non avere uno spazio reale di ascolto; allo stesso tempo è il risultato di ciò che ho visto e ascoltato parlando con tanti ragazzi e ragazze. Viviamo in un mondo rumoroso, iperconnesso, ma non per questo più capace di accogliere il dolore. Molti giovani scelgono il silenzio non per indifferenza, ma per difesa: perché non trovano parole che non vengano banalizzate, giudicate o fraintese».
Nel romanzo la pandemia non è solo uno sfondo, ma una frattura emotiva e sociale. Che segno pensi abbia lasciato davvero sugli adolescenti, al di là dei dati e delle statistiche?
«La pandemia ha lasciato una ferita emotiva profonda, che va ben oltre i numeri. Ha interrotto bruscamente i processi di crescita, ha sottratto agli adolescenti la possibilità di sperimentarsi nel mondo, di sbagliare insieme, di costruire relazioni attraverso il corpo e la presenza. Per molti è stato il tempo della solitudine forzata, dell’ansia, del lutto non elaborato. Credo abbia generato una fragilità nuova, ma anche una maggiore consapevolezza del bisogno di relazioni autentiche, che oggi chiede ancora risposte».
La lettura e il volontariato diventano per Iside strumenti di salvezza. È anche una proposta culturale e civile rivolta ai giovani di oggi?
«Sì, è una proposta culturale e civile. La lettura e il volontariato non sono presentati come soluzioni miracolose, ma come spazi di senso. I libri permettono a Iside di riconoscersi negli altri e di dare un nome alle proprie emozioni; il volontariato le insegna che il dolore può diventare responsabilità, che prendersi cura di qualcuno è anche un modo per prendersi cura di sé. È un invito ai giovani a uscire dall’isolamento e agli adulti a creare occasioni reali di partecipazione».
La violenza di genere attraversa il libro in modo esplicito e doloroso. Perché, secondo te, nonostante leggi e campagne di sensibilizzazione, facciamo ancora così fatica a prevenirla?
«Perché la violenza di genere non è solo un problema legislativo, ma culturale. Le leggi sono fondamentali, così come le campagne di sensibilizzazione, ma se non cambiano i modelli educativi, le relazioni di potere, gli stereotipi radicati, il problema si riproduce. Facciamo fatica a prevenirla perché spesso interveniamo quando la violenza è già esplosa, invece di lavorare sull’educazione affettiva, sul rispetto e sulla responsabilità emotiva fin dall’infanzia».
Il mondo adulto nel romanzo appare spesso distratto, assente o in difficoltà. È una denuncia o piuttosto una richiesta di alleanza tra generazioni?
«È soprattutto una richiesta di alleanza. Il mondo adulto nel romanzo è fragile, imperfetto, talvolta assente, ma non è un nemico. È un mondo che spesso non ha strumenti, che è stanco, che ha paura di sbagliare. Con La voce di Iside ho voluto dire che i giovani non chiedono adulti infallibili, ma adulti presenti, capaci di ascoltare e di mettersi in discussione. Senza questa alleanza, il dialogo tra generazioni si spezza».
Hai scelto una scrittura semplice ma profondamente introspettiva. Quanto è stato importante trovare un linguaggio accessibile senza rinunciare alla complessità dei temi trattati?
«È stato fondamentale. Parlare di temi complessi non significa usare un linguaggio complesso. Anzi, sentivo la responsabilità di essere chiara e accessibile, soprattutto per i lettori più giovani. La semplicità, per me, non è superficialità, ma precisione emotiva. Volevo che chi legge potesse entrare nella storia senza barriere, sentendosi coinvolto, riconosciuto, mai escluso».
Attraverso il libro hai intrapreso anche un’importante opera di sensibilizzazione nelle scuole. Di recente sei stata nominata Portavoce ufficiale dell’Osservatorio Nazionale Bullismo e Disagio Giovanile: quali iniziative state portando avanti?
«Attraverso il libro ho cercato di creare un ponte diretto con i ragazzi, entrando nelle scuole per parlare con loro in modo autentico di bullismo, fragilità emotiva, ascolto e consapevolezza. La storia di Iside diventa spesso uno specchio in cui molti giovani si riconoscono e, proprio per questo, uno strumento potente per aprire un dialogo vero, senza giudizi».
Con l’Osservatorio Nazionale Bullismo e Disagio Giovanile cosa si sta facendo?
«Stiamo portando avanti diverse iniziative concrete: incontri e laboratori nelle scuole, campagne di sensibilizzazione nazionali, momenti di formazione dedicati a docenti e genitori, e progetti di ascolto attivo rivolti agli studenti. L’obiettivo è prevenire il disagio prima che esploda, offrendo ai ragazzi spazi sicuri in cui potersi esprimere e agli adulti strumenti adeguati per riconoscere i segnali di sofferenza. Credo fortemente che la prevenzione passi dalla cultura, dall’educazione emotiva e dalla responsabilità collettiva. Solo facendo rete tra istituzioni, scuola, famiglia e società civile possiamo davvero contrastare il bullismo e accompagnare le nuove generazioni verso una crescita più consapevole e rispettosa».

