Il rischio per il mantenimento delle tradizioni dell'Arbëria, rinnovate per più di cinque secoli anche in Calabria, impone una riflessione su ciò che le minoranze linguistiche rappresentano per il Paese e sul contributo che possono riservare nei rapporti tra Italia e Albania
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Una bandiera albanese si affida al vento per mostrare con orgoglio i propri colori. Il busto dell’eroe Giorgio Castriota Scanderbeg fa mostra di sé nella piazza principale del paese come a presidiare il territorio. La voce dei residenti si rincorre tra i vicoli del borgo barcamenandosi tra suoni e vocaboli ereditati dai Balcani.
La Calabria arbëreshë è pressapoco fatta così: si riconosce per la sua secolare storia, per le sue singolari tradizioni e per quel carico aggiuntivo di elementi che la differenziano dai comuni che non appartengono all’Arbëria, espressione divenuta sinonimo di armoniosa integrazione. Chi è arbëreshë è consapevole, in cuor proprio, di essere figlio di un passato sempre più fiaccato dallo scorrere del tempo. Erede di una cultura risalente al XV secolo, trasferita dall’Albania in Italia in più migrazioni ed indebolita per via del processo di assimilazione che accerchia e stringe le minoranze. Qualunque esse siano.
La sfida della sopravvivenza
Oggi più che mai la sopravvivenza delle comunità arbëreshë, presenti soprattutto in Calabria, è messa a dura prova. Lo spopolamento delle aree interne del Sud, la disoccupazione e l'invecchiamento della popolazione minano le fondamenta della cultura italo-albanese.
La mancata tenuta, la scomparsa, la capitolazione di un borgo dal forte contrassegno identitario comporterebbe non soltanto la perdita di abitanti e la cancellazione dalle mappe di storiche realtà, ma porterebbe con sé anche il depauperamento e la successiva sparizione del patrimonio linguistico e culturale delle comunità arbëreshë che rimarrebbe pertanto circoscritto alle sole biblioteche e ai musei, custodi esclusivi di una vivacità identitaria ridotta a materiale d'archivio.
La sopravvivenza dell'Arbëria, assicurata per più di cinque secoli nel Mezzogiorno d'Italia, impone una riflessione su ciò che le minoranze linguistiche rappresentano per il Paese e sul contributo che i comuni arbëreshë possono ancora riservare come laboratorio culturale e punto di contatto tra Italia e Albania.
L'impegno per non scomparire
Ma se da un lato il rischio di spopolamento per i borghi dell'entroterra calabrese, e quindi anche per i comuni arbëreshë, è evidente con numeri spietati che inchiodano ad una realtà in cui persino la fantasia fatica a risollevare l'umore collettivo e a disegnare scenari più felici da consegnare al futuro, dall'altro c'è da mettere in evidenza l'impegno di numerose associazioni e istituzioni per la promozione di iniziative mirate alla salvaguardia e al mantenimento del patrimonio storico, artistico e culturale dell'Arbëria. Un nobile tentativo per consentire alle comunità di origine albanese di avere ancora un riflettore puntato sul palcoscenico del presente e per infondere nei viandanti il dubbio di trovarsi in Italia o nella Terra delle Aquile. Sotto una bandiera mossa dal vento che soffia dolcemente dall'Albania.