Un pendolo che oscilla tra il dramma del fuoco e quello dello spopolamento a cavallo di una stagione che ha segnato Roccaforte del Greco, il più alto dei Municipi della Città Metropolitana di Reggio Calabria, a colpi di scioglimenti dei suoi consigli comunali.

«A partire dalla fine dei Novanta fino al 2015 ne abbiamo subiti tre. All’epoca ero rientrato da poco da Bologna dove avevo risieduto per dodici anni e, con un gruppo di persone che condividevano lo stesso sentire, ho deciso di provare a mettermi al servizio del mio territorio. Oggi sono alla mia seconda sindacatura e, sebbene qualche nodo siamo riusciti a scioglierlo, paghiamo ancora determinate scelte».

Non fa sconti Domenico Penna, sindaco del piccolo Comune che domina la vallata dell’Amendolea e il cui territorio ricade interamente all’interno del parco nazionale dell’Aspromonte di cui custodisce la Diga del Menta, faraonico progetto ideato a fine anni Sessanta per dissetare l’intera area di Reggio Calabria, ma che è andato (più o meno) a regime solo nel 2018. dopo che Sorical è subentrata a Regione Calabria per il completamento delle opere.

Non fa sconti quando ricorda che il depauperamento di Roccaforte del Greco, uno dei Comuni dell’Area Grecanica dove ancora resiste il greko, parte da lontano, ma si acuisce da qualche decennio a questa parte e rappresenta anche causa ed effetto del depopolamento di questo territorio.

Nel cuore dell'Aspromonte, Roccaforte del Greco è uno comuni che soffre di più lo spopolamento. Gli incendi del 2021 hanno messo in ginocchio il territorio

«All’indomani degli scioglimenti la comunità è andata disgregandosi perché ha iniziato a prevalere un sentimento di distacco. I cittadini di Roccaforte si sentivano non capiti e abbandonavano fisicamente e sentimentalmente la loro terra. Anche questo ha significato la lunga gestione commissariale che ha stoppato qualsiasi processo di programmazione che non fosse l’ordinaria amministrazione. Tutto si è fermato ed è stato congelato. I problemi si sono trasformati in macigni e hanno fatto il paio con la mancanza di sensibilità e visione che di certo ha un’amministrazione eletta. Oggi ne risentiamo ancora, nonostante siamo riusciti a sovvertire quel sentiment negativo. Chi risiede a Roccaforte o chi, pur andato via, resta nell’area che va da Melito a Reggio, è tornato a vivere un nuovo rapporto col proprio territorio, a riappropriarsene emotivamente e a cercare di ricostruire il senso di comunità che si era smarrito. La nostra azione è stata diretta a ricucire gli strappi di comunità che avevano accelerato lo svuotamento del paese».

Poi però ci sono stati gli incendi: «Nel 2021 il colpo è stato devastante. Quasi il 70% del nostro territorio è stato gravemente compromesso o distrutto. Se il paese avesse potuto contare su una maggiore presenza umana, capace di prendersi cura e sorvegliare il territorio, le cose forse sarebbero potute andare diversamente. Oggi invece la montagna è guardata più come un problema che come un’opportunità».

Quasi una bestemmia per un Comune che ricade interamente all’interno della perimetrazione del Parco nazionale dell’Aspromonte e che è titolare di formidabili risorse ambientali, idrografiche e naturalistiche: «La diga del Menta, che ha realizzato quel grande bacino artificiale che a noi piace chiamare lago è al centro di un processo di rifunzoinalizzazione. Oltre a rappresentare la risorsa idrica di Reggio, può diventare un’attrazione turistica legata all’escursionismo e agli sport di lacustri. La abbiamo già inserita nelle programmazioni estive di Gambarie e, assieme al Comune di Santo Stefano e Sorical, puntiamo a renderla una leva di indotto economico. In Roccaforte ricade anche la Frana Colella, il più esteso fenomeno franoso d’Europa, che è uno dei geositi che hanno condotto al riconoscimento dell’Aspromonte come geoparco UNESCO. Anche qui stiamo impiegando risorse per sopperire ai danni degli incendi. Abbiamo poi riacquisito dal Demanio l’ex base USA di Nardello sulla quale abbiamo intenzioni di attivare progettualità di cui ancora non voglio parlare. In questo quadro una più stretta collaborazione con l’Ente Parco sarebbe più che auspicabile».

Già perché il Parco, dopo le vicende che hanno travolto il suo ex Presidente Leo Autelitano, è sotto un commissariamento che ormai dura da troppo tempo: «Nel 2015, assieme all’allora Presidente Bombino, riuscimmo a creare percorsi di viabilità sicura che restituivano a Roccaforte il ruolo di Porta dell’Area Grecanica. Da membro del CdA del parco, pur riconoscendo al Commissario tutta la buona volontà di questo mondo, credo sia giunto il momento di tornare a una gestione ordinaria».

Non può esserci sviluppo senza concertazione, sinergia e una programmazione condivisa che, a partire dai territori e dalle loro istanze, coinvolga tutti i portatori di interesse: «Lo sviluppo va pensato e realizzato in ottica di sistema. Basta guardare gli errori compiuti con la SNAI Grecanica, di cui Roccaforte fa parte dal 2016. Stiamo parlando di una progettazione frutto più di una programmazione fatta sulla carta che di una conoscenza reale dei territori coinvolti. E infatti oggi siamo in grado ritardo. A distanza di oltre 8 anni dal lancio, la firma dell’APQ è avvenuta solo 4 anni fa, mentre dovrebbe già partire la fase successiva.
È invece tempo di investire davvero perché la slavina che ha spopolato la montagna sta portando con sè anche la costa che mese dopo mese perde i suoi abitanti. Per questo ritengo che immaginare una prospettiva di ripartenza che abbia come sola protagonista una costa già compromessa, senza contare sulle potenzialità della montagna, sia un grave errore. I territori, nessuno, possono o devono essere abbandonati ad alcun destino. Nulla è ineluttabile».