Proseguiamo con i ritratti di scrittori calabresi che hanno definito l'anima della regione. Dopo Lazzaro, Alvaro e De Angelis, è il turno del giornalista vibonese di Vazzano, nel centenario della sua nascita
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Il 7 gennaio 2025 si è celebrato il centenario della nascita di Sharo Gambino, scrittore e giornalista calabrese nato a Vazzano, piccolo centro collinare della provincia di Vibo Valentia. Il padre, che era stato in America, scelse un nome straniero vietato dal fascismo che venne trascritto senza acca all’anagrafe. Pare, però, che una guardia municipale, Peppe Vavalà, facesse circolare ugualmente il certificato con l’acca. Proprio a Vazzano Gambino, nel 1984, avrebbe dedicato un’opera specifica, Da Subsicinum a Vazzano. Tuttavia, il suo itinerario biografico si è snodato in altri luoghi della regione: Serra San Bruno, San Demetrio Corone, Cassari di Nardodipace e nuovamente Serra San Bruno, dove ha vissuto gran parte della sua vita e dove ha ambientato diversi romanzi. È morto il 25 aprile 2008 a Lamezia Terme.
Proprio i luoghi legati alla sua esistenza, da semplici coordinate geografiche, si trasformano nei suoi scritti in una vera e propria geografia dell’anima. Uno degli esempi più significativi è Sole nero a Malifà (1965; riedito nel 2009), romanzo ambientato in una comunità immaginaria che riprende tratti reali di Cassari e Ragonà, frazioni di Nardodipace, dove Gambino lavorò come insegnante elementare dal '58 in poi. La storia, incentrata sul personaggio tragico di Gesuino, racconta una Calabria contadina segnata dalla miseria, dalla superstizione e dalla durezza della vita quotidiana, affidando al protagonista una funzione di sintesi delle contraddizioni storiche e culturali della regione.
Saldamente ancorato alla realtà storica è anche Fischia il sasso (1974, ma appena ristampato da Rubbettino con prefazione del compianto Goffredo Fofi), una sorta di autobiografia dell’infanzia, scritta con tono ironico e disincantato. Ambientato negli anni del fascismo, il romanzo ripercorre la fanciullezza dell’autore restituendo con freschezza narrativa e partecipazione emotiva la quotidianità di un’epoca segnata da retorica e contraddizioni. Memoria personale e contesto storico, impero e provincia, si intrecciano, dando vita a un racconto che contribuisce a delineare una Calabria vista attraverso gli occhi di un bambino.
Altro romanzo di rilievo è Vizzarro, pubblicato nel 1980 e in seguito trasposto in forma di sceneggiato televisivo per la Rai, con la quale Gambino può vantare una collaborazione trentennale. L'autore recupera la figura storica del brigante Francesco Moscato, anch’egli originario di Vazzano, per costruire un racconto che intreccia l’epopea postunitaria con la dimensione del mito popolare. Il brigante diventa un personaggio complesso, dilaniato da sentimenti contrastanti, soprattutto nel rapporto con la baronessa Felicia De Santis, e si configura come incarnazione di un’idea di giustizia alternativa a quella istituzionale.
Merita un cenno anche In fitte schiere (dato alle stampe nel 1981) che è dedicato a Pasquale Cavallaro, figura centrale della rivolta contadina di Caulonia del 1945. Con questo libro, Gambino continua il suo percorso di narratore delle insorgenze calabresi e degli esclusi, inserendosi in una linea di letteratura civile che rifiuta ogni forma di neutralità rispetto alla realtà. La “repubblica rossa” di Caulonia viene raccontata dal punto di vista dei protagonisti della sollevazione, con una forte componente documentaria e una chiara volontà di restituire dignità storica alle voci rimaste ai margini della storiografia ufficiale.
Gambino, però, aveva esordito nella narrativa con quattro raccolte di racconti pubblicate tra il 1963 e il '65: Un uomo ha perduto l’ombra, Il sesso dei gatti, Gli uccelli nella vigna e L’ospite offrono una prova significativa della sua attenzione per la forma breve, spesso arricchita da accenti satirici e grotteschi. In seguito, con La ragazza del fiume (1990) e L’ombra sua torna (2003), il tono si fa più misurato, più incline all’introspezione e alla memoria individuale.
Gli ultimi anni dell’attività letteraria di Gambino sono segnati da un’ulteriore apertura tematica. I romanzi Concerto in re maggiore (1999; prima edizione a puntate sulla “Gazzetta del Sud” nel 1988) e Plot (2001) segnano un’evoluzione verso l’indagine psicologica e l’intreccio narrativo più articolato. In Plot, il titolo stesso rivela il gusto per la costruzione di una trama complessa e la contaminazione con i registri del giallo e del romanzo di indagine. Queste opere rivelano una dimensione più introspettiva della sua scrittura, pur restando legate, anche indirettamente, all’ambientazione calabrese.
Gambino pubblicherà anche Concerto in re maggiore, nel 1999, e Plot, due anni dopo, ma, accanto all’attività di narratore, è notevole il suo impegno come saggista, cronista e studioso della criminalità organizzata. La mafia in Calabria (1971), Mafia. La lunga notte della Calabria (1976), ’Ndranghita dossier (1986) e Vi racconto la mafia (1993) sono tutti titoli che fanno del vazzanese uno dei primi osservatori del fenomeno mafioso in Calabria, con un taglio che unisce l’indagine giornalistica al racconto narrativo. Per la Rai calabrese scrisse diversi sceneggiati, tra cui il già citato Vizzarro, Boccheciampe (poi edito nel 2007) e una serie di tredici radiodrammi tratti dai suoi racconti. Curò anche rubriche radiofoniche, alcune in collaborazione con Mario La Cava.
Sharo Gambino ha mantenuto una linea di coerenza stilistica e tematica, fondendo la vocazione narrativa con l’osservazione sociale, la passione per la memoria storica con l’esercizio della cronaca. Tra impegno civile e attenzione per il mondo contadino e per le classi subalterne, la sua opera rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per comprendere la Calabria del Novecento e il suo immaginario. In un tempo che tende a semplificare, a consumare in fretta le narrazioni, l’opera di Gambino ci riconsegna una Calabria lontana dalle deformazioni folkloriche e dai cliché più abusati. I suoi scritti testimoniano un legame profondo con i luoghi nei quali lo scrittore è vissuto, ma anche l'indubbia capacità di restituirne un aspetto marginale e inatteso. Il suo sguardo, sempre partecipe, ha saputo restituire dignità ai territori minori, ai paesi dimenticati, agli scenari marginali in cui ancora si agitano voci, memorie, sogni. Narratore di prossimità, ha detto di lui Vito Teti, Gambino ha assunto su di sé il compito di restare, senza mitizzare questa scelta né trasformarla in posa letteraria. Ha dato valore al dettaglio, alla piccola storia, alle presenze discrete, raccontando ciò che cambia e ciò che resiste, ciò che scompare e ciò che, nonostante tutto, insiste a parlare. Nei suoi testi, la nostalgia non è mai fuga nel passato, ma interrogazione del presente. L’attenzione al paesaggio, alla natura, ai cicli delle stagioni e alle ferite dell’ambiente, si traduce in una forma precoce e limpida di consapevolezza ecologica che unisce etica e scrittura. Oggi, tornare a Gambino significa confrontarsi con una Calabria essenziale, ruvida, mai addomesticata. Una regione che può ancora offrire, a chi sa guardarla senza pregiudizi, non solo uno spazio fisico da abitare, ma anche un campo simbolico, una traccia, e forse anche qualche utile domanda.