Indagine Ue su Google su una presunta violazione delle regole di concorrenza nell’uso di contenuti online che l’azienda avrebbe utilizzato per addestrare le proprie piattaforme di intelligenza artificiale. Contenuti giornalistici e creativi, questa l’accusa della Commissione europea, sarebbero stati impiegati, anche senza richiederne l’autorizzazione ai propri realizzatori, per alimentare AI Overviews e AI Mode. La prima è la funzionalità di Google che fornisce sintesi istantanee da più fonti web e che risponde rapidamente a domande complesse sui quesiti posti sul motore di ricerca di Google. La seconda è una funzionalità sperimentale avanzata gestita da un chatbot, come Gemini, che risponde alle domande poste dagli utenti in maniera conversazionale.

L’indagine riguarda i contenuti giornalistici ed anche i contenuti caricati su YouTube. Bruxelles vuole accertare se Google abbia aggirato le norme della concorrenza penalizzando editori e creator. L’azienda si sarebbe garantita, senza fornire in cambio agli autori alcun riconoscimento economico, un accesso privilegiato a questi contenuti, con possibili effetti negativi su tutto il mercato. Ed il mercato è ricco e florido: Google, come il resto delle big tech, incassa milioni di dollari al giorno utilizzando informazioni e contenuti prodotti da altri. A settembre Bruxelles ha multato Google con una sanzione da 2,95 miliardi, con l'accusa di aver violato le norme europee sulla competitività online, favorendo i suoi servizi pubblicitari a scapito dei suoi concorrenti.

L’accusa di Bruxelles

Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva per la Transizione competitiva, ha spiegato che Bruxelles si è mossa perché si teme che Google «possa aver imposto termini e condizioni inique a editori e creatori di contenuti, svantaggiando al contempo gli sviluppatori di modelli di intelligenza artificiale concorrenti, in violazione delle norme UE sulla concorrenza». AI Overviews e AI Mode avrebbero utilizzato contenuti giornalistici «senza un adeguato compenso» per gli editori e «senza offrire» loro la possibilità di «rifiutare tale utilizzo dei loro contenuti». Secondo Bruxelles, Google avrebbe potuto abusare della propria posizione dominante per via dell’indicizzazione dei risultati di ricerca.

Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva per la Transizione competitiva (© Unione Europea, 2025, concesso in licenza CC BY 4.0)

«Molti editori dipendono dalla Ricerca Google per il traffico degli utenti e - sottolinea la commissaria alla Transizione competitiva - non vogliono rischiare di perderne l’accesso». Riguardo, in particolare, ai video caricati su YouTube, nel mirino della Commissione europea sono finite le clausole di utilizzo della piattaforma. Secondo Bruxelles, Google non compensa i creatori di contenuti di YouTube, né consente loro di caricare questi contenuti senza autorizzare il pieno utilizzo di questi contenuti per qualsivoglia impiego. Dunque anche per addestrare i modelli di intelligenza artificiale generativa.

Editori europei sul piede di guerra

La European Newspaper Publishers' Association, che riunisce i rappresentati delle associazioni degli editori dei paesi europei, ha chiesto alla Commissione europea di avviare un procedimento. Gli editori italiani hanno presentato un reclamo formale all’Agcom, proprio contro l’utilizzo da parte di Google delle due funzionalità incriminate.

«Con l’introduzione di AI Overviews in Italia, e ancor più di recente della sua funzione AI Mode, Google viola alcune disposizioni fondamentali del Digital Services Act - ha denunciato la Fieg - con effetti pregiudizievoli sugli utenti, i consumatori e le imprese italiane». «Le big tech aggregano e sfruttano economicamente i contenuti informativi e creativi prodotti dagli editori senza riconoscere, se non molto marginalmente, i diritti d’autore. Offrono servizi digitali a titolo gratuito - ha evidenziato la Fieg nel suo esposto all’Agcom - in diretta competizione con le fonti originali, ricevendo in cambio dati personali che sfruttano per trattenere la gran parte dei ricavi pubblicitari, indebolendo così la sostenibilità finanziaria di chi si fa carico dei costi della produzione originale. Inoltre, utilizzano algoritmi non trasparenti, che pongono gli editori in una posizione di dipendenza, limitandone la capacità di raggiungere direttamente i cittadini e compromettendo, di fatto, il principio di libertà di impresa nel settore». L'indagine antitrust sarà condotta con procedura prioritaria: se confermate, le pratiche sleali si configurerebbero come abuso di posizione dominante e sarebbero sanzionate come tali.