Numeri a picco, la Svimez lancia l’allarme: verrà meno il 22,7% della popolazione scolastica. Numeri spaventosi al Sud: senza investimenti, chiusura di istituti, spopolamento dei comuni e forti penalizzazioni per l’occupazione femminile
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Entro dieci anni le scuole primarie calabresi perderanno 18mila alunni, il 22,7% della popolazione scolastica. In tutto il Mezzogiorno saranno oltre 200mila. In Sardegna, per mancanza di alunni, è previsto un crollo delle iscrizioni pari al 35%. La situazione di crisi è nota, i numeri sono oltremodo preoccupanti, ed occorre correre ai ripari. Per farlo la Svimez chiede al governo di ripartire proprio dalla scuola con un programma di investimenti in grado di frenare «la rarefazione dei servizi essenziali, specialmente nei piccoli comuni e nelle aree interne, a maggiore rischio spopolamento».
La Svimez avverte che senza un’inversione di marcia 3mila scuole primarie sono destinate a chiudere: il 46% si trova al Sud. Non potendo mandare i figli a scuola e ritrovandosi in contesti privi di strutture e servizi essenziali, e con difficoltà occupazionali di vario genere, altre famiglie decideranno di lasciare questi comuni creando un ulteriore shock demografico ed economico.
Asili nido, il Pnrr prevede 4 miliardi di finanziamenti
Per la Svimez ripartire dalla scuola significa ripartire anche dalla costruzione degli asili nido comunali previsti nel Pnrr per un costo complessivo di 4 miliardi e 150 milioni di euro. Nel Mezzogiorno ci sono progetti per 2,18 miliardi, mentre nel resto d’Italia ammontano a 1,97 miliardi. Oggi, nonostante le tante richieste, i posti mancano e le famiglie devono rivolgersi ai privati: quelli aggiuntivi finanziati dal Pnrr sono 150.480. «Un obiettivo ambizioso - dice il direttore generale della Svimez, Luca Bianchi - che, se pienamente realizzato, potrebbe contribuire a ridurre in modo strutturale i divari tra i territori». Bianchi, autore insieme a Serenella Caravella del report dal titolo “Proteggere il Sud con le scuole” sostiene che «rendere l’accesso agli asili nido e alla scuola materna più equilibrato sul piano territoriale» può «sostenere la genitorialità» e può contribuire a «ridurre il gap nel tasso di occupazione fra donne con figli in età pre-scolare e donne senza figli».
Essere genitori al Sud, un costo economico elevato
Una nascita può rappresentare l’anticamera della disoccupazione, specie in contesti ed in settori economici in cui le tutele risultano minori o finiscono per essere inesistenti. La Svimez denuncia che «la genitorialità continua a rappresentare uno dei principali fattori di penalizzazione delle donne nel mercato del lavoro, soprattutto al Sud». «Nel 2024 le donne senza figli, sia single che in coppia, presentano i livelli occupazionali più elevati, pari al 63,6% a livello nazionale, con un ampio divario tra Nord (71%) e Mezzogiorno (45,8%). Tra le madri, il tasso di occupazione scende di oltre 3 punti (60,1%) a livello nazionale, con forti differenze a livello territoriale. Nelle regioni meridionali, il tasso di occupazione delle madri con un solo figlio scende al 41,8%: quasi 30 punti in meno che al Nord (70,3%)».
Il Pnrr e i fondi di coesione nazionali ed europei
Al momento gli asili nido realizzati o in fase di completamento hanno raddoppiato la copertura nelle regioni del Mezzogiorno: da 6,8 posti ogni 100 bambini che erano disponibili nel 2022 si è passati a 13,8 posti nel 2025. Un valore comunque distante da quello rilevato nelle regioni del Centro-Nord dove i posti risultano 21,8 ogni 100 bambini. La Svimez ritiene che «dall’implementazione del Pnrr possono derivare rilevanti effetti positivi di riequilbrio dei divari territoriali occupazionali e retributivi delle giovani donne del Mezzogiorno» e che ciò «contribuirebbe a migliorare le prospettive demografiche ed economiche del Mezzogiorno nel prossimo futuro». Sarà necessario, evidenzia infine la Svimez, «assicurare complementarietà e continuità al Piano tramite le future risorse dei fondi di coesione, nazionali ed europei».



