L’Italia invecchia e nel nostro Paese si fanno sempre meno figli. Il declino demografico e lo spopolamento dei comuni e delle regioni sono fenomeni consolidati dagli inizi degli Anni 2000, riguardano anche altri Stati europei e sono in costante ed inarrestabile aumento. Vi presentiamo la prima parte dell’analisi che abbiamo realizzato sul futuro del Sud e della Calabria. 

Oggi ci occupiamo del fenomeno dell’emigrazione verso le altre regioni italiane. Le proiezioni demografiche per i prossimi decenni prevedono un ulteriore aggravamento di una situazione già critica ed in parte compromessa. Il rapporto Svimez 2024 sull’economia e sulla società del Mezzogiorno prevede che nel 2050 le regioni del Sud perderanno l’80% della popolazione e che i giovani e la forza lavoro si ridurranno di un terzo rispetto ai numeri attuali. Ciò per effetto, da un lato, delle dinamiche demografiche legate al saldo naturale della popolazione (cioè la differenza tra nascite e decessi) negativo al Sud come nel resto del Paese. Dall’altro per effetto dei flussi migratori sempre più numericamente consistenti e strutturati dal Mezzogiorno verso le regioni del centro e del Nord Italia e verso i Paesi esteri. Secondo le proiezioni demografiche effettuate dall’associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, sulla base degli andamenti attuali nei prossimi 25 anni la Calabria perderà il 19,9% della sua popolazione: 368mila residenti in meno. La Calabria è la regione italiana destinata a spopolarsi di più dopo la Basilicata -22,5% e la Sardegna -22%.

Previsione Svimez su dati Istat

Calabria

2024 1.838.568 abitanti

2050 1.478.220 abitanti

-19,9%

PIL nazionale -20,9%

PIL regioni del Mezzogiorno -32,1%

PIL regioni del Centro-Nord -15,1%

PIL pro-capite regioni del Mezzogiorno -18%

PIL pro-capite regioni del Centro-Nord -13%

Meno giovani, più anziani e forza lavoro ridotta di un terzo

La proiezione della Svimez indica chiaramente il peggioramento sia dell’indice demografico di dipendenza strutturale, che misura il rapporto tra la popolazione in età non attiva (bambini e anziani) e la popolazione in età lavorativa (15-64 anni), sia dell’indice demografico di sostenibilità economica che valuta la capacità di un'economia di generare crescita e benessere nel lungo termine.

La popolazione potenzialmente non attiva passerebbe dal 57,2% del 2024 all’86,1% nel 2050. Mentre la sola componente occupata tra gli attivi, effettivamente in grado di farsi carico dei giovani in età scolare e degli anziani diminuirebbe di un terzo andando a colpire la capacità produttiva della regione con una riduzione importante del PIL. Meno forza lavoro occupata per reggere tutte le sorti dell’economia calabrese. La Svimez prevede che nel 2050 il PIL si ridurrà del 20,9% su scala nazionale e che nel Mezzogiorno crollerà del 32,1%, il doppio del Centro-Nord (-15,1%). Il Pil pro capite finirebbe per ridursi al Sud in media del 18%, rispetto al 13% del Centro-Nord, accentuando il divario economico tra le due aree del Paese.

Da Sud a Nord, le migrazioni interne

Nel 2023 124mila meridionali si sono trasferiti in una regione del Centro Nord. Dalla Campania sono partite 35mila persone, dalla Sicilia 30mila, dalla Puglia 22mila. In rapporto alla popolazione, la Basilicata è la regione meridionale con il più elevato tasso migratorio -5,4 per mille, seguita dalla Calabria -5,2 per mille, il Molise -4,1 per mille e la Campania -3,6 per mille.

I calabresi emigrati in altre regioni italiane nel 2023 sono stati 9.560. A livello provinciale il tasso più basso si rileva a Vibo Valentia -12,7 per mille e a Crotone -11,3 per mille.

L’Istat ha fotografato la geografia degli spostamenti. La Lombardia è, in generale, la meta più ambita da chi lascia la propria terra. Vale anche per i calabresi. Il 32,4% dei migranti ha scelto questa regione. Il 14,9% si è diretto in Emilia Romagna, il 7,6% in Veneto, il 19,5% in altre regioni del Nord Italia, il 15% ha scelto il Lazio, il 7,6% la Toscana ed il restante 3% altre regioni del Centro Italia. A partire sono soprattutto i giovani e i giovani adulti con un elevato grado di formazione di base, di età compresa tra i 20 e i 40 anni, che rappresentano quasi il 70% delle migrazioni interne dalla Calabria. Il 40% di chi parte ha un titolo di scuola secondaria superiore, il 42% ha un titolo di laurea.

I laureati meridionali avvantaggiano il Centro-Nord

Quattromila laureati calabresi si trasferiscono ogni anno in altre regioni per continuare gli studi o per trovare opportunità di lavoro. Secondo l’Istat l’emorragia di “cervelli” dal Sud ha un forte impatto sull’economia delle altre aree del Paese e contribuisce in maniera determinante ai processi di innovazione e di sviluppo in ogni ambito produttivo.

Risorse umane strategiche, competenze, conoscenze e capacità professionali che una volta perse difficilmente vengono recuperate. Al Sud e in Calabria il saldo migratorio interno, cioè il rapporto tra arrivi e partenze, è di segno negativo. Le regioni del Mezzogiorno risultano poco appetibili sul fronte dell’offerta di studio e di lavoro.

Il pendolarismo di lungo raggio

Il focus della Svimez si concentra anche sulla mobilità interna dei lavoratori meridionali occupati al Centro Nord. La quota maggiore, il 93,7%, riguarda personale dipendente di livello professionale elevato, impegnato soprattutto nel settore pubblico (68,5). Anche in questo caso la scelta dipende dalle opportunità occupazionali offerte da altre regioni. Per questo motivo decidono di spostarsi frequentemente da Sud a Nord, conciliando lavoro e famiglia. Per le regioni del Mezzogiorno il pendolarismo interno assume i caratteri di una emigrazione temporanea non seguita dalla cancellazione dall’anagrafe della popolazione del comune di residenza.

Nel confronto con i loro colleghi la Svimez evidenzia che i pendolari meridionali risultano mediamente più istruiti, e ricoprono livelli professionali più elevati, rispetto agli occupati residenti nelle aree in cui trovano lavoro (Fine prima parte)