La testimonianza di Carmela Sgrò, titolare dell’oleificio Billari, attivo dal 2005 a Fossato Jonico, frazione di Montebello nel reggino, ospite dell’odierna puntata del format LaC Dentro La Notizia. In collegamento l'assessore Gianluca Gallo: «Occorre resistere. Cerchiamo mercati in grado di pagare la nostra qualità»
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«La produzione negli anni è diminuita di molto. L’ultima campagna olivicola in cui la produzione è stata piena, al 100%, risale al 2018. Da allora in poi il calo. Quest'anno si prospetta una produzione del solo 40%. Certamente il clima e la siccità non ci aiutano ma la causa è anche nell’abbattimento del prezzo dell’olio calabrese dovuto alla concorrenza sleale».
Questa la testimonianza di Carmela Sgrò, titolare dell’oleificio Billari, attivo da vent’anni a Fossato Jonico, frazione di Montebello nel reggino a 700 metri sul livello del mare, ospite dell’odierna puntata del format LaC Dentro La Notizia condotto da Pier Paolo Cambareri.
Prezzo abbattuto e qualità svalutata
«Negli ultimi 10 giorni sono visibili cartelloni pubblicitari di un grande marchio nazionale che promuove una bottiglia di olio al prezzo di 4,99 euro. Noi conosciamo e pratichiamo i costi di un impianto a norma, sicuro, altamente tecnologico e biologico in grado di garantire qualità ed eccellenza e conosciamo e i costi equi del lavoro. Quel prezzo non è ragionevole. Dunque, non potendo il nostro prezzo competere con quello, il nostro prodotto di qualità è notevolmente svalutato a vantaggio di un olio che proprio di olio e di italiano ha ben poco.
Noi siamo giustamente soggetti a controlli e vigilanza e ci chiediamo perchè questi stessi controlli non siano previsti anche sui prodotti importati come per esempio l'olio tunisino o comunque su tutti i prodotti che arrivano nei porti italiani», ha messo in evidenza Carmela Sgrò, titolare dell’oleificio Billari che opera per conto terzi, dunque per produttori (prevalentemente) e per aziende agricole.
Reciprocità e rispetto delle regole
Sulla necessità di rispettare il principio di reciprocità è intervenuto anche Enrico Parisi, presidente provinciale di Coldiretti Cosenza e produttore di olio d’oliva.
«Un Paese che voglia vendere il suo prodotto all’interno dei confini di un altro paese, in questo caso il nostro senza dimenticare che siamo sotto una grande ombrello che si chiama Europa, deve rispettare il nostro stesso disciplinare di produzione altrimenti entriamo in un caso di dumping sociale. Sfruttando bassi salari e scarsa tutela dei lavoratori si ottengono un vantaggio competitivo e prezzi più bassi.
Dunque stimoliamo i controlli. L’olio venduto all’interno della grande distribuzione piuttosto che anche quello che viene importato e trasportato con le autobotti nelle aziende sia effettivamente quello che viene registrato ad esempio sulle fatture piuttosto che sul documento di trasporto che dovrebbe essere digitale.
Occorre, altresì, lavorare in tandem con la grande distribuzione, chiedendo che il prodotto venduto a scaffale rispetti effettivamente sia in linea con tutte le regole dell’iter legislativo proprio dell’olio definito extravergine di oliva», ha incalzato Enrico Parisi, presidente provinciale di Coldiretti Cosenza.
La filiera interna interrotta da oli esteri
L’esperienza di molitura presso il frantoio reggino a conduzione familiare Billari, impianto di ultima generazione, con estrazione a freddo con acqua a 27°, a regime biologico, a ciclo continuo, racconta di passione e di fatica e si rapporta ormai con una richiesta prevalentemente privata e familiare dei produttori. Lavora anche per aziende agricole. Il suo raggio di azione si espande dalla costa ionica a quella tirrenica e si spinge anche nell’entroterra.
Queste, tuttavia, nel rivendere l’olio vanno incontro al muro elevato da oli esteri a costi abbattuti e di scarsa, e neppure chiaramente tracciabile, qualità. Il prodotto finale, ossia l’olio extravergine di oliva calabrese e italiano non è (e non può essere a queste condizioni) competitivo sul mercato. Si preferisce venderlo sfuso, abbattendo così i costi di imbottigliamento, ma rinunciando di fatto non solo alla grande distribuzione ma anche agli intermediari.
«Tale situazione ha un notevole impatto anche sui piccoli produttori attivi per il fabbisogno personale e familiare e che si interfacciavano anche con un intermediario che adesso non ha più interesse per l’olio italiano. Acquista l'olio sfuso giunto dalla Tunisia al costo di 2,80 euro. Ciò in danno alla qualità dell'olio e dell’intera filiera calabrese», ha spiegato ancora Carmela Sgrò.
La Calabria vocata e nuovi mercati
In collegamento Gianluca Gallo, assessore regionale all’Agricoltura. «Il problema non è solo calabrese ma nazionale. Il nostro olio di qualità risponde a disciplinare di produzione e soprattutto a controlli molto serrati e invece tutto ciò che noi importiamo purtroppo, ma anche tanto altro non risponde ai Protocolli di produzione sia dal punto di vista del rispetto dell’etica e del costo del lavoro. Tutto ciò ci mette obiettivamente fuori mercato, ma proprio per questo, in questa fase storica noi dobbiamo resistere.
Noi stiamo investendo sul settore olivicolo, il principale settore agricolo regionale, puntando sulla qualità attraverso tanti corsi di formazione per i nostri produttori, per i trasformatori. Siamo impegnati nell'individuazione di mercati diversi ai quali raccontare che la storia del nostro olio non è più quella dell'olio lampante di un tempo ma quella di olio prodotto in una zona particolarmente vocata e di una qualità che negli ultimi anni è cresciuta molto. I tempi non sono brevi e sono certamente più lunghi dei tempi del mercato. Queste ultime due stagioni sono state particolarmente negative. Dobbiamo resistere, ricercando mercati in grado di pagare la nostra qualità», ha sottolineato ancora l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianluca Gallo.
Controlli e trasparenza
«Noi resistiamo ma assistiamo all'abbandono progressivo delle campagne. Occorrono intanto misure di controllo per contenere il fenomeno. Le etichettature devono essere più chiare e meno ingannevoli per il consumatore finale. Si deve evincere che anche l'olio imbottigliato in Italia potrebbe non essere prodotto in Italia ma potrebbe, come di fatto è, giunto dall'estero, sfuso e non sottoposto agli stessi giusti controlli che invece scandiscono la nostra filiera italiana e calabrese.
Occorrerebbe anche un registro elettronico che assicuri per ogni prodotto che entra in Italia la stessa tracciabilità dei prodotti interni. I controlli sono giusti ma devono essere uniformi, visto che i prodotti sono sullo stesso mercato», ha concluso Carmela Sgrò, titolare dell’oleificio Billari.

