La sindaca di Gioia Tauro rilancia il dibattito sulla vicenda, indicando errori di metodo e la necessità di un cambio di rotta nelle scelte istituzionali
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Il porto di Corigliano, dopo mesi di silenzio mediatico, torna al centro del dibattito non per la fuga di Baker Hughes, notizia già archiviata da sei mesi, ma per l’intervento del sindaco di Gioia Tauro, Simona Scarcella.
È questo il fatto che riaccende l’attenzione, spostando lo sguardo dall’evento ormai noto al giudizio politico e istituzionale che oggi viene offerto. L’uscita di Baker Hughes aveva rappresentato un colpo pesante per la città, perché attorno all’insediamento della multinazionale, secondo molti, si erano concentrate aspettative di sviluppo, occupazione e rilancio infrastrutturale. Tuttavia, con il passare dei mesi, la vicenda era scivolata in secondo piano, assorbita dalla quotidianità delle questioni locali e dal consueto ciclo delle notizie.
Ora la voce del sindaco di Gioia Tauro restituisce spessore a un tema che non riguarda solo un porto, ma la capacità complessiva di un territorio di gestire processi , attrarre investimenti e tenere insieme le diverse anime di una comunità. Il valore dell’intervento non sta solo nell’autorevolezza della carica istituzionale, ma anche nel profilo personale della sindaca, che ha maturato competenze dirette nelle dinamiche portuali attraverso l’esperienza nell’ufficio legale dell’Autorità di Sistema Portuale, oggi sospesa per il mandato amministrativo.
Da questa posizione di conoscenza e responsabilità, Scarcella ha sottolineato come la vicenda Baker Hughes non possa essere liquidata come una semplice cronaca di un addio industriale, ma debba essere letta come il risultato di un approccio sbagliato, privo di dialogo e incapace di costruire una vera sinergia con il territorio. È questa la chiave che dà notizia: non l’abbandono, già noto, ma la valutazione sul perché sia avvenuto e su come si sarebbe potuto evitarlo.
La fuga di Baker
L’amministrazione comunale di Corigliano Rossano aveva scelto la strada del ricorso al Capo dello Stato, aprendo un contenzioso che ha inevitabilmente allungato i tempi. Per Baker Hughes, che aveva già una progettazione avviata e scadenze da rispettare, quell’incertezza è risultata incompatibile. Da qui la decisione di abbandonare, lasciando dietro di sé un senso di amarezza e di occasione sfumata.
Per mesi il dibattito si è fermato a questo: la multinazionale è andata via, il porto ha perso un’opportunità, la Calabria resta indietro. La rassegnazione sembrava aver preso il sopravvento, come se la vicenda fosse solo un capitolo chiuso. L’intervento di Scarcella, però, rompe questo silenzio e prova a rimettere in fila le responsabilità, ma anche a guardare oltre.
Il sindaco Scarcella ha evidenziato come il nodo vero sia stato il metodo. Senza un processo di coinvolgimento delle comunità locali, senza una discussione con pescatori, commercianti e imprenditori, senza un tavolo capace di tenere insieme sviluppo e tutela ambientale, il progetto era destinato a scontrarsi con resistenze e a incepparsi nei meccanismi burocratici. Non si tratta solo di un vizio di forma, ma di una mancanza sostanziale che ha reso impossibile trovare un equilibrio. Ecco perché la sua analisi è importante: sposta la riflessione dal fatto in sé alla capacità delle istituzioni di governare i processi. «La Calabria non ha perso Baker Hughes soltanto per colpa delle procedure, ma anche per una carenza di regia e di visione. Il porto di Corigliano, in questa lettura, non è solo un’infrastruttura ma un banco di prova di come un territorio affronta la modernità e la sfida della globalizzazione».
Le prospettive
Il discorso di Scarcella non si ferma però alla denuncia. Il suo sguardo, per quanto critico sul passato, si apre al futuro. Il messaggio lanciato è che non tutto è perduto, che la Calabria può ancora attrarre investimenti, ma a condizione di cambiare metodo. Serve un approccio che metta al centro la partecipazione reale, che non riduca il confronto a un adempimento formale ma lo trasformi in pratica di governo. In questo senso, l’intervento della sindaca è un segnale politico: indica una strada diversa, invita a scrivere un nuovo capitolo con altri autori e altre prospettive.
È un modo per dire che la vicenda Baker Hughes, per quanto conclusa, può diventare lezione e punto di partenza. L’analisi di Scarcella apre anche a un’altra considerazione. La perdita di Baker Hughes non riguarda solo Corigliano, ma ha un valore simbolico per tutta la regione. Ogni volta che un grande progetto sfuma, cresce l’idea di una Calabria incapace di trattenere le opportunità, e questa immagine pesa nella percezione di chi valuta se investire o meno. Per questo la riflessione non può restare circoscritta a un porto, ma deve diventare occasione di autovalutazione collettiva. Il futuro del porto di Corigliano, così come quello degli altri scali calabresi, dipende da come istituzioni, comunità e imprese sapranno cambiare approccio. E l’intervento del sindaco di Gioia Tauro diventa la miccia che riaccende questo dibattito.