Non una infrastruttura solo del Sud e per il Sud, ma uno dei motori della crescita e dello sviluppo economico dell’intero Paese per i prossimi anni. Un progetto ingegneristico ad alta innovazione che sarà realizzato da Eurolink, un consorzio internazionale d’imprese - ci sono gli spagnoli della Sacyr e i giapponesi della IHI - guidato da Webuild, azienda italiana, che è uno dei maggiori global player di settore. Di grandi opere e di infrastrutture complesse come il ponte sullo Stretto ce ne sono ben poche al mondo. La Cina ha il primato. Quando congiungerà le sponde della Calabria e della Sicilia, quello sullo Stretto di Messina sarà il più lungo in assoluto a campata unica sospesa: 3.300 metri, quasi 1.300 in più rispetto al Ponte di Canakkale sullo Stretto dei Dardanelli che è di 2.023 metri e che oggi detiene il record. Per la sua realizzazione verranno utilizzati acciaio ad alta resistenza, grafene, geopolimeri e materiali compositi che ne ridurranno il peso e ne miglioreranno la durabilità: la vita stimata di questa infrastruttura è di 200 anni. Il ponte sullo Stretto costerà 13,5 miliardi di euro (lo 0,6% del Pil italiano) e per realizzarlo ci vorranno otto anni. Al general contractor andranno 10,6 miliardi di euro.

Il prospetto delle opere infrastrutturali dei raccordi stradali e ferroviari del progetto (elaborazione - Stretto di Messina Spa)

L’opera rientra nel tracciato del Corridoio multimodale Scandinavo-Mediterraneo, un asse nord-sud considerato da Bruxelles di cruciale importanza, per il trasporto ferroviario commerciale e passeggeri che attraverserà l’Europa da Helsinki e Stoccolma fino a Palermo e Catania per raggiungere Malta. Il Ponte porterà con sé altre opere infrastrutturali di rilievo: tre nuove fermate ferroviarie a Messina, 40 chilometri di raccordi stradali e ferroviari, la creazione della rete metropolitana dello Stretto.

Veduta del Ponte e dei raccordi stradali dal versante siciliano (elaborazione - Stretto di Messina Spa)

Uno studio realizzato da OpenEconomics per Uniontrasporti di Unioncamere prevede che la costruzione del ponte porterà un contributo di 23,1 miliardi al Prodotto interno lordo nazionale. Il progetto consentirà di creare 36.700 posti di lavoro stabili nel periodo di apertura dei cantieri e farà incrementare i redditi delle famiglie di 22,1 miliardi. La quota relativa ai redditi da capitale sarà pari a 10,9 miliardi e i redditi da lavoro saranno 8,8 miliardi. Le entrate fiscali a beneficio dello Stato saranno 10,3 miliardi di euro: 6,9 miliardi di imposte dirette (67%) e 3,4 miliardi (33%) di imposte indirette. Servizi alla Pubblica amministrazione, costruzioni, manifattura e servizi alle imprese sono i quattro settori maggiormente interessati dall’impatto economico nel periodo di apertura dei cantieri quando è previsto un balzo in avanti della domanda di beni e servizi necessari alla costruzione dell’opera.

Veduta del Ponte dal versante siciliano (elaborazione - Stretto di Messina Spa)

La stima della redditività economica e sociale dell’opera ha un rapporto benefici/costi pari a 1,2 e un valore attuale netto pari a +1,8 miliardi di euro. Le imprese di trasporto saranno tra i principali beneficiari della realizzazione del Ponte con 270 milioni di euro in meno di costi operativi. L’effetto dei lavori sul prodotto interno lordo regionale della Sicilia sarà di 2,1 miliardi di euro e di 1,4 miliardi di euro sul Pil regionale della Calabria.

Ma il guadagno sarà distribuito in tutto il Paese in conseguenza degli impatti diretti, indiretti ed indotti sull’interno sistema economico italiano, sia per la fornitura di beni e servizi sia per l’impiego di manodopera qualificata: più di 4.000 operai e personale specializzato si avvicenderanno, ogni anno, per portare avanti i cantieri fino al compimento dell’opera. Secondo OpenEconomics le regioni che avranno maggiori benefici in termini di Pil saranno la Lombardia (5,5 miliardi), il Lazio (2,6 miliardi), l’Emilia Romagna (1,9 miliardi), il Veneto (1,9 miliardi), la Toscana (1,3 miliardi), il Piemonte (1,2 miliardi), la Campania (1,2 miliardi) e la Puglia (800 milioni). Le altre regioni, pure presenti, parteciperanno in misura molto minore alla realizzazione del progetto.

Prospetto dei raccordi ferroviari in galleria (elaborazione - Stretto di Messina Spa)

Il Centro studi e ricerche di Unimpresa stima che il Ponte sarà attraversato ogni anno da 25 milioni di veicoli e da 36mila treni. Questo traffico porterà ricavi tra i 535 e gli 800 milioni di euro e un utile di 100 milioni all’anno: 3 miliardi di euro nei 30 anni fissati per l’ammortamento del finanziamento, poco meno del 25% del costo dell’opera. Il 70% del fatturato proverrà dal traffico su gomma, il restante 30% dal traffico ferroviario. L’Unione nazionale di imprese considera però modeste le ricadute economiche sulle due regioni direttamente interessate: per la Sicilia, sostiene lo studio, l’impatto sul Pil sarebbe inferiore all’1% mentre per la Calabria oscillerebbe tra l’1,4% e il 2,3%. Unimpresa propone la creazione di “un hub logistico mediterraneo” per il commercio internazionale con “terminal intermodali” e con “collegamenti ferroviari ad alta capacità e piattaforme di distribuzione interna collegate alle principali direttrici europee”. L’hub logistico dovrebbe divenire una rete ad alta innovazione tecnologica in grado di coinvolgere tutte le regioni del Mezzogiorno, per avere “interconnessioni con i porti di Gioia Tauro, Augusta, Palermo e Catania” per le attività di trasshipment e per “sviluppare poli di trasformazione e stoccaggio delle merci”. Anche se è ancora prematuro parlarne, dal momento che i cantieri non sono stati neppure avviati, sarebbe opportuno che Governo, regioni ed enti locali facessero proprio il monito lanciato in questi giorni dalla Corte dei conti sullo stato di avanzamento del Pnrr.

Sugli effetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza la magistratura contabile invita a concentrarsi sulla sostenibilità economica ed organizzativa degli interventi finanziati pensando al dopo. Approntando adeguati strumenti amministrativi e normativi per non trovarsi in difficoltà o del tutto impreparati nel momento in cui i cantieri saranno consegnati a chi dovrà gestire i progetti.

Per il Ponte sullo Stretto ci sono otto anni di tempo, e forse più, per definire un piano strategico d’azione puntando sulle risorse che la Calabria e la Sicilia, e con esse le altre regioni del Sud, possono mettere in campo. Focalizzando l’attenzione, fin da ora e senza perdere tempo, su quale vocazione del territorio indirizzare la governance e la programmazione degli interventi.