Il monito del presidente calabrese e vice presidente nazionale dell’associazione: «Spetta all'Unione Europea reagire con fermezza. E le piccole e medie imprese italiane devono iniziare a rivolgere lo sguardo ad aree geografiche meno battute ma ad alto potenziale»
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«I dazi al 30% annunciati da Donald Trump nei confronti dell’Europa evocano chiaramente lo spirito protezionistico dell’America degli anni ’80, quando l’amministrazione Reagan introdusse barriere commerciali per difendere settori strategici nazionali. Il parallelismo tra le due epoche non è solo suggestivo, ma profondamente indicativo di una tendenza ricorrente nella politica economica statunitense. Ne ho parlato diffusamente nel mio recente libro Dalla crisi alla rinascita. Sul protezionismo made in USA: dalla visione Reagan alla gente di Trump", dove analizzo come, dietro queste scelte, ci sia un filo conduttore fatto di consenso interno, sfide geopolitiche e modelli economici sempre più orientati all’autosufficienza». È quanto dichiara Franco Napoli, presidente calabrese e vice presidente nazionale della Confapi, la Confederazione italiana della piccola e media industria.
Napoli, preliminarmente, sottolinea le differenze «sostanziali» tra i due presidenti americani. «Ronald Reagan, pur ricorrendo in alcune fasi a misure protezionistiche, sosteneva un approccio complessivamente liberista in ambito economico, basato sul libero scambio e sull’abolizione delle barriere commerciali. Credeva che il vero motore della prosperità fosse la creazione di un mercato globale aperto e competitivo. I dazi, per Reagan, erano un palliativo temporaneo, non una strategia strutturale. La sua visione era quella di una libertà commerciale funzionale alla crescita economica. Trump, al contrario – prosegue – adotta una linea decisamente più protezionistica. La sua logica è quella di proteggere l’industria americana, in particolare quella manifatturiera, e di ridurre il deficit commerciale con le nazioni che, secondo lui, hanno approfittato per anni della posizione economica dominante degli Stati Uniti». Una visione, secondo il presidente di Confapi Calabria «più chiusa, nazionalista, e orientata al breve termine, ma molto efficace sul piano del consenso interno».
Tutto questo rischia di tradursi in un «colpo pesante» per le imprese italiane «e in particolare per quelle calabresi» col il conseguente «aumento dei costi all’esportazione, perdita di competitività e contraccolpi occupazionali. Penso – dice ancora Napoli – in particolare ai settori agroalimentare, manifatturiero e moda, tradizionalmente forti nei nostri territori».
«Chiaro che, in un contesto internazionale così instabile – rimarca Franco Napoli – è urgente iniziare a lavorare seriamente per rafforzare ed esplorare nuovi mercati per le piccole e medie imprese italiane, anche in aree geografiche meno battute ma ad alto potenziale. Diversificare le destinazioni dell’export e investire in innovazione e competitività sarà fondamentale per affrontare le sfide che ci attendono. Ora – chiosa presidente calabrese e vice presidente nazionale della Confapi – spetta all’Unione Europea reagire con fermezza, ma anche con intelligenza strategica, per evitare un’escalation dannosa per tutti».