Dal primo agosto ne scattano di nuovi, con minaccia di raddoppio in caso di ritorsioni. Le tariffe doganali diventano così la quarta fonte di entrate Usa. Federalimentare: «Il 30% è intollerabile»
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Dazi al 30% per l’Europa. Alla fine Trump non ha accontentato nessuno, nemmeno i suoi più fedeli alleati in Europa. Ed ha deluso le attese visto che dall’Europa era partita la disponibilità a discutere e a ragionare. Ma non c’è stato nulla da fare, l’Europa, per Trump è come tutti gli altri Paesi, se non peggio. Del resto, più volte ha considerato i Paesi europei come dei grandi approfittatori, che hanno sempre truffato gli Stati Uniti d’America.
Ora bisognerà vedere bene le conseguenze, soprattutto nel settore agroalimentare che esporta molto negli Stati Uniti. Le conseguenze saranno dure anche per le regioni del sud e per la Calabria.
Trump nella lettera afferma: «Se si sposta produzione in Usa niente tariffe». Il che equivale ad un vera e propria provocazione. Ad uno schiaffo, anzi ad un pugno nello stomaco.
«Come sapete – scrive Trump – non ci saranno tariffe doganali se l'Unione europea, o le aziende all'interno dell'Ue, decidessero di costruire o produrre prodotti negli Stati Uniti e, di fatto, faremo tutto il possibile per ottenere le autorizzazioni in modo rapido, regolare e professionale, in altre parole, nel giro di poche settimane".
Secondo la Cgiadi Mestre, i dazi di Trump potrebbero penalizzare, in particolare, le esportazioni del Mezzogiorno. Infatti, la quasi totalità delle regioni del Sud presenta una bassa diversificazione dei prodotti venduti nei mercati esteri. «Pertanto, se dopo l’acciaio, l’alluminio e i loro derivati, gli autoveicoli e la componentistica auto, gli Usa decidessero di innalzare le barriere commerciali anche ad altri beni, gli effetti negativi per il nostro sistema produttivo potrebbero abbattersi maggiormente nei territori dove la dimensione economica dell’export è fortemente condizionata da pochi settori merceologici».
L’analisi realizzata dall’Ufficio studi della Cgia si fonda sulla misurazione dell’indice di diversificazione di prodotto dell’export per regione; parametro che pesa il valore economico delle esportazioni dei primi 10 gruppi merceologici sul totale regionale delle vendite all’estero. «Laddove l’indice di diversificazione è meno elevato, tanto più l’export regionale è differenziato, risultando così meno sensibile a eventuali sconvolgimenti nel commercio internazionale. Diversamente, tanto più è elevata l’incidenza del valore dei primi 10 prodotti esportati sulle vendite all’estero complessive, quel territorio risulta essere più esposto alle potenziali congiunture negative del commercio internazionale».
Federalimentare: «Il 30% è intollerabile»
«Ogni dazio fa male al commercio e avremmo preferito un'area di libero scambio euroatlantica, a dazi zero: l'imposizione di un dazio al 30% supera ogni soglia di tollerabilità per le imprese, aumentando il rischio di un calo significativo delle esportazioni, anche alla luce dell'attuale svalutazione del dollaro». Così il presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino, sulla decisione del presidente Donald Trump, di dazi al 30% su tutti i prodotti europei in entrata negli stati uniti dal primo agosto.
Trump nella sua lettera afferma fra l’altro: «A partire dal 1 agosto 2025, applicheremo all'Unione Europea una tariffa di solo il 30% sui prodotti UE spediti negli Stati Uniti, distinta da tutte le tariffe settoriali. Le merci trasbordate per eludere una tariffa doganale più elevata saranno soggette a tale tariffa doganale più elevata. Vi preghiamo di comprendere che il 30% è di gran lunga inferiore a quanto necessario per eliminare il divario di deficit commerciale che abbiamo con l'UE».