Dopo l’annuncio dell’ordine esecutivo di Washington, che entrerà in vigore il 7 agosto, nessun ulteriore passo avanti è stato fatto sui beni che sono rimasti fuori dall’accordo “universale”. Il costo di gas e petrolio è sceso ancora per effetto delle tensioni internazionali
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Da oggi e per sei mesi l’Unione europea sospenderà le contromisure a tutela degli scambi commerciali con gli Usa. Si tratta di un pacchetto da 93 miliardi di euro che, nelle intenzioni, dovrebbe colpire i prodotti più esportati dalle aziende nord americane nel Vecchio continente. Doveva essere la risposta europea all’aumento delle tasse doganali disposto dal presidente americano Donald Trump ad aprile. Dopo vari rinvii i contro-dazi sarebbero dovuti entrare in vigore il 7 agosto. Ora nuovo stop e congelamento fino a febbraio. Una dimostrazione di buona volontà, quella della Commissione, in vista dell’attuazione dell’accordo raggiunto in Scozia tra i Ventisette e Washington il 27 luglio scorso: 15% sui beni importati dai Paesi Ue. Non su tutti, però. Bruxelles vorrebbe sconti. La risposta del presidente Usa non si è fatta attendere. Nessun ritocco al ribasso. Anzi. «Se l'Ue non fa gli investimenti promessi alzerò i dazi fino al 35%» ha detto oggi Trump. «L’Ue ci ha assicurato 600 miliardi di dollari per farci quello che vogliamo - ha detto il tycoon in un'intervista a Cnbc - l'unica ragione per cui ho abbassato i dazi al 15% è stata questa». Il presidente ha infine detto che le tariffe Usa sui farmaci potrebbero arrivare al 250%. Insomma, Trump prosegue nella sua strategia di accaparramento costringendo i partner commerciali a cedere alle sue richieste. Dal 7 agosto ci sarà il via libera degli Usa alla nuova tassazione doganale che però non prevede alcune voci importanti e strategiche per il commercio europeo. Dal 15% sono infatti per il momento esclusi le automobili, le componenti, i motori, i sistemi meccanici e le apparecchiature elettroniche di aeromobili (oggi al 27,5%), apparecchiature, software e tecnologie dual use (oggi tra il 17,5% e il 18,5%) ed i farmaci, oggi non soggetti a tassazione ma che potrebbero rientrare nei beni tassati al 15%. L’ordine esecutivo firmato da Trump il 31 luglio non specifica come verranno applicati i dazi e non indica alcuna esenzione.
Bruxelles chiede la sottoscrizione di una dichiarazione congiunta anche per mettere fine ai timori di un ripensamento da parte del presidente Usa su uno o più capitoli dell’intesa. A parte l’intesa verbale nulla si sa della contropartita in investimenti, gas, petrolio ed armi chiesta da Washington per concedere i dazi al 15%. C’è un altro fronte ancora aperto che tocca direttamente anche gli interessi commerciali italiani. Riguarda i dazi su vino e liquori. L’Europa è il primo partner degli Usa in questo settore e chiede l’azzeramento delle imposte doganali su questi prodotti. A destare qualche incertezza le dichiarazioni del rappresentante statunitense per il Commercio Jamieson Greer che a margine della visita ieri a Washington del ministro tedesco delle Finanze e vicepremier, Lars Klingbeil, ha detto ai giornalisti che «questi dazi sono praticamente definitivi e non dovrebbero essere oggetto di negoziato nell’immediato». Il portavoce per il Commercio della Commissione europea, Olof Gill, ha detto ai giornalisti che toccherebbe agli Stati Uniti tendere la mano al partner storico numero uno. Decidendo di applicare dazi più leggeri sulle categorie di beni che l’Europa considera strategiche. Ulteriore riduzione o azzeramento però non sono sul tavolo delle trattative. Su acciaio, alluminio e rame Trump insiste per una tassazione al 50%.
L’accordo Usa-Ue è giudicato positivamente da Goldman Sachs: è «il miglior risultato possibile per l’Europa», soprattutto «considerando le alternative». L’intesa, sostengono gli analisti della banca d’affari statunitense, «pone la Ue in una posizione relativamente favorevole nel panorama commerciale internazionale» e «riduce l’incertezza», con ricadute sul clima di fiducia e sugli investimenti nel blocco. Goldman Sachs ridimensiona, quindi, l’impatto stimato sul Pil dell’Eurozona «allo 0,4% dal precedente 0,6%». Ancora niente accordi, invece, con Canada, India, Brasile e Messico. Nuova Dehli, finita nel mirino di Washington per i suoi accordi su gas e petrolio con la Russia, ha fatto sapere di non aver intenzione di cedere ai ricatti Usa. E oggi il costo di gas è petrolio sceso ancora per effetto delle tensioni internazionali. Pressing del Sudafrica e della Svizzera, sul fronte politico e diplomatico, per avere una revisione e possibilmente un taglio dei dazi. La Confederazione elvetica, a cui Trump nonostante rapporti da tempo consolidati tra i due Paesi ha riservato un trattamento tutt’altro che amichevole, +39% di tasse doganali, si è detta pronta a trattative no-stop fino al 7 agosto e fino al ricucimento dello strappo commerciale. L’America vuole il miglior accordo possibile su credito e produzione industriale in particolare nel settore farmaceutico. Negli ultimi vent’anni il commercio tra i due Paesi è quadruplicato. La Svizzera è il sesto investitore straniero negli Stati Uniti e il primo investitore in ricerca e sviluppo e dal 2024 ha abolito unilateralmente tutti i dazi doganali sui prodotti industriali.