L’esplosione del turismo di massa ha travolto le nostre città d’arte in un crescendo degli ultimi anni, divenuto inarrestabile. Ma non solo le città d’arte. Colpiti dal sovraffollamento turistico nei week end sono molti centri storici, culturali, ma anche borghi di montagna. Si tratta di paesi trasformati in mete di consumo rapido, svuotate della loro anima autentica. Sono teatro di un turismo mordi e fuggi che lascia dietro di sé solamente rumore, rifiuti e un senso di vuoto.

In questa corsa al week end si è perso il senso profondo del viaggio e la capacità di scoprire, di meravigliarsi, conoscere. Non parliamo di rispetto dei luoghi visitati, perché questo non esiste nemmeno.

Siamo nel pieno dei weekend del consumo, di visitatori che si muovono come orde dirette verso punti di ritrovo, spesso ignorando musei, chiese, percorsi meno battuti.

Tutto poi si fa per un… selfie! Cento selfie da spacciare sui social, mentre delle comunità , della loro storia e delle le tradizioni, non interessa niente a nessuno.

Da tutto questo ne scaturisce un fenomeno devastante: i residenti si sentono ospiti nelle proprie città, i negozi tradizionali lasciano il posto ai fast food e alle catene internazionali, il patrimonio artistico viene ‘consumato frettolosamente’ senza che questo significhi qualcosa.

È un modello di turismo insostenibile, che consuma e inquina, senza che conti il valore dell’esperienza. Tutto è un’abbuffata di presente, dí immediato e di rapido. Mordi e fuggi, e poi scappa via!

Davanti a questa deriva, occorre riscoprire e incentivare un turismo “minore”, fatto di borghi, cammini, radici e fede. I piccoli centri, i paesi dell’entroterra, i sentieri che attraversano la nostra penisola sono scrigni di tesori nascosti, di memorie e di identità. Qui il viaggio torna ad essere incontro, conoscenza, trasformazione. Ogni borgo racconta storie antiche, custodisce tradizioni e saperi che rischiano di scomparire. I cammini spirituali e naturalistici, dalle vie dei santi alle antiche mulattiere, permettono di vivere il territorio con lentezza, rispetto e profondità.

Il turismo delle radici e della fede invita a cercare se stessi, a scoprire il legame con la terra degli antenati, ad ascoltare silenzi e testimonianze che nessuna grande città può offrire.

Un turismo lento, rispettoso, ‘spirituale’. Solo questo può essere il turismo del futuro.

In questo quadro in cui il turismo di massa rischia di soffocare le grandi città d’arte, il caso della Calabria merita una riflessione particolare. Nei primi mesi del 2025 la regione ha registrato il miglior dato turistico degli ultimi cinque anni, con un significativo aumento sia di arrivi che di presenze: oltre 464.000 pernottamenti (+10,1%) e più di 224.000 turisti (+10,4%) rispetto allo stesso periodo del 2024.

Il dato più interessante, però, riguarda la crescita del turismo internazionale: gli arrivi di stranieri sono cresciuti del 45,8%.

Potrebbe trattarsi di una bella opportunità per la nostra terra, soprattutto se chi viene qui lo fa perché cerca autenticità, natura, borghi e tradizioni, fuori dalle rotte del turismo di massa.

Ma anche in Calabria il problema è il turismo del weekend, nel senso che tutto si consuma tra sabato e domenica, e per poche settimane all’anno.

Eppure la Calabria, con il suo patrimonio di borghi, cammini, parchi naturali ed eccellenze enogastronomiche, può essere una meta valida per tutto l’anno. Ma non per le masse che si muovono solo nei week end. Perché questo sarebbe un modello di turismo fortemente deleterio per una regione fragile come la Calabria.

La sfida sarebbe quella di superare il turismo “usa e getta” a favore di un viaggio lento, consapevole e rispettoso. È questa la strada su cui investire: promuovere il turismo minore può fare della Calabria un laboratorio virtuoso di sostenibilità culturale ed economica, affermandola come esempio per l’intero Mezzogiorno e per tutta l’Italia.