Secondo Svimez, il Mezzogiorno guida la crescita economica italiana, ma un terzo dei lavoratori vive con meno di 600 euro al mese. Il boom degli investimenti non basta a superare l’emergenza salariale. E con i dazi al 10% rischiano il posto tra 5mila e 8mila persone
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Nel 2024 il Pil delle regioni meridionali è aumentato più del Centro-Nord: +1% contro lo 0,6%. La crescita è stata più sostenuta nelle regioni centrali (+1,2%), meno nel Nord-Ovest (+0,9%), mentre per il Nord-Est si stima una sostanziale stagnazione dell'attività economica (-0,2%). Rispetto al 2023, il divario di crescita a favore del Sud si è tuttavia ridotto: da 1 punto percentuale a soli 0,4.
A consuntivo di una inedita fase di ripresa, il Pil è cresciuto complessivamente dell'8,6% tra il 2022 e il 2024 al Sud, contro il 5,6% del Centro-Nord, con uno scarto cumulato di 3 punti percentuali. È quanto emerge dal rapporto Il Pil delle Regioni italiane nel 2024 della Svimez.
Costruzioni e servizi trainano il Sud, industria stabile
La migliore performance di crescita del Sud è determinata dallo stimolo maggiore offerto dalle costruzioni (+3% contro il +0,6% del Centro-Nord), in continuità con il biennio precedente. Superiore al dato del Centro-Nord anche la dinamica dei servizi (+0,7% contro +0,5%).
Nella media d'area, il comparto industriale meridionale presenta una sostanziale tenuta (+0,1%), a fronte di una leggera contrazione nel resto del Paese (-0,2%). L'agricoltura cresce invece solo dello 0,5% al Sud, rispetto al +2,9% del Centro-Nord.
Il Pnrr sostiene la ripresa: spesi 12 miliardi nel 2024
«I dati del 2024 confermano per il terzo anno consecutivo un Mezzogiorno che cresce più della media nazionale, un dato importante. Questo è dovuto prevalentemente a un impulso forte degli investimenti, soprattutto del Pnrr, che però si confronta con le aree esportatrici del Centro-Nord che stanno soffrendo una crisi di carattere internazionale che impatta più sul Nord», afferma il direttore generale Svimez, Luca Bianchi.
«Possiamo quindi dire che da un lato va bene il Mezzogiorno, ma siamo comunque all'interno di un rallentamento complessivo della dinamica nazionale», aggiunge.
Al Sud spiccano le performance di Sicilia (+1,5%) e Campania (+1,3%), accomunate dalle migliori dinamiche d'area del valore aggiunto delle costruzioni, rispettivamente pari a +6,3% e +5,9%. In Sicilia, anche l'espansione del settore industriale (+2,7%) contribuisce al risultato.
Investimenti pubblici in crescita: +6 miliardi in un anno
Un contributo rilevante alla crescita arriva dal Pnrr. Nel 2024, per il complesso degli enti attuatori, gli investimenti pubblici hanno raggiunto circa 45 miliardi di euro. Poco meno della metà delle risorse è stata mobilitata dalle amministrazioni comunali, che si confermano primi investitori pubblici con una spesa pari a 21,7 miliardi.
Nel complesso, gli investimenti pubblici sono cresciuti di circa 6 miliardi rispetto al 2023 (+3 miliardi per i Comuni). Si tratta di un risultato significativo, considerato che il 2023 aveva beneficiato anche dell'effetto una tantum della chiusura del ciclo di programmazione 2014-2020 dei fondi europei della coesione, quantificabile, per le opere pubbliche, in circa 4 miliardi.
Il Pnrr, pur con livelli di spesa effettiva inferiori al cronoprogramma iniziale, ha contribuito alla crescita degli investimenti in opere pubbliche: nel 2024 le risorse spese dalle misure del Piano si sono attestate a circa 12 miliardi.
Lavoro in crescita, ma resta il problema dei salari bassi
Sul versante occupazionale, la Svimez sottolinea come la crescita si sia confermata sostenuta, soprattutto nel Mezzogiorno, dove il numero di occupati è aumentato del 2,2% su base annua – oltre 142mila unità in più – contribuendo per il 40% all'incremento nazionale (+1,5%).
Ma la questione salariale italiana si riflette nella presenza di un'ampia platea di lavoratori poveri, soprattutto al Sud. La soglia di reddito annuo al di sotto della quale un lavoratore dipendente o autonomo viene definito povero è pari a circa 7.300 euro annui (circa 600 euro mensili). Al 2024, ricadono in questa condizione circa 4,6 milioni di lavoratori, pari al 21% del totale. Tale condizione al Sud interessa il 31,2% dei lavoratori, pari in numero assoluto a oltre 1,8 milioni.
Il lavoro povero non arretra: peggioramenti al Nord-Est e al Sud
La Svimez ha stimato i lavoratori poveri a partire dai dati sulle retribuzioni disponibili per il 2023 e il 2024, adottando la metodologia europea. Rispetto al 2023, il recupero occupazionale non sembra aver alleviato il fenomeno del lavoro povero.
Questo, schematicamente, il quadro 2024:
- Sud: in leggero peggioramento (31,2%; oltre 1,8 milioni)
- Nord-Ovest: stabile (16,6%; 1,1 milioni)
- Nord-Est: in peggioramento (dal 14 al 15,6%; quasi 800 mila)
- Centro: unico in miglioramento (dal 20,5 al 19,4%; circa 900 mila)
Rischi dai dazi Usa e incertezze geopolitiche
«I dazi al 10% riguarderanno nel Mezzogiorno soprattutto alcuni settori, penso a ciò che rimane dell’automotive e in particolare all’agroalimentare. Abbiamo fatto una stima e sono a rischio tra 5.000 e 8.000 posti di lavoro nel Mezzogiorno per effetto dei dazi. Questa è una partita fondamentale per il Sud industriale», prosegue il direttore Bianchi.
Guardando al contesto geopolitico internazionale, Bianchi sottolinea: «Il Mediterraneo ha grandi prospettive in termini di nuova centralità del Mezzogiorno negli equilibri mondiali. Chiaramente queste tensioni rendono tutto molto complicato, perché il Sud si affaccia in territori di grandi tensioni. Sono tutti fattori di incertezza che rischiano di pregiudicare queste buone notizie», conclude.